Approvato al Senato il Ddl Meloni/Nordio “Norme in materia di ordinamento giudiziario…”. Riforma epocale? Sì, anzitutto per il metodo. Il Costituente, prevedendo la revisione, ha invitato a pensarci non due, ma quattro volte e con uno spazio temporale di riflessione. Con la “blindatura” al Senato si è reso irrilevante il bicameralismo, pur tuttora vigente. La ulteriore “blindatura” renderebbe irrilevante anche la seconda fase.

La proposta C 23 dell’on. Costa, che riprendeva quella delle Camere Penali, era intitolata alla “separazione delle carriere”, ché tale era il nucleo dell’articolato. Continuare a presentare come “separazione delle carriere” il Ddl del governo, smentendo la stessa titolazione ufficiale, è una vera “truffa delle etichette” (per usare una espressione della dottrina giuridica). La adesione di Carlo Nordio, allora Pm a Venezia, nel 1994 ad un appello promosso dall’ Anm contro la separazione, ripresa in questi giorni, non è uno scoop, perché notizia già pubblicata in libri e articoli.

Lo è divenuta per l’enfasi del Ministro che ha posto la separazione come “consustanziale“ al rito accusatorio, scomodando un dogma del Concilio di Nicea del 325. Tutti possono cambiare idea, ma questa “consustanzialità” non doveva essere così evidente se il Pm Nordio, ancora saldo nella contrarietà cinque anni dopo l’entrata in vigore del Codice Vassalli, si è convertito ancora più tardi, nel 1997 o nel 2000 a seconda delle sue successive dichiarazioni.

Esistono validi argomenti a favore della separazione, prevista d’altronde in molti Stati democratici. Con la separazione delle carriere si ritiene di rafforzare la terzietà del giudice, ma il rischio concreto è che il Pm separato sia attratto “nella logica di polizia”, che sia più sensibile alle pressioni delle campagne “legge e ordine”. In molte democrazie il Pm è separato dai giudici, in tutte il governo, tramite il Ministro della Giustizia, esercita una qualche influenza sul Pm, ma lo fa con molto self restraint. E dove ciò non avviene (vedi Polonia, Ungheria e oggi Usa) è in crisi la democrazia. Il Ministro Nordio in più occasioni ha criticato iniziative di Pm, da ultimo il ricorso per Cassazione per motivi di diritto della Procura di Palermo sul caso Open Arms: oggi sono importune interferenze, domani potrebbero essere ordini.

Con il nucleo del DDl governativo si riscrivono i due articoli della Costituzione su composizione e attribuzioni del Csm, “pietra angolare” del nuovo ordinamento giudiziario (così Corte Costituzionale sent. n.4/1986). Rimane sì all’esordio dell’art. 104 la proclamazione dell’indipendenza della magistratura da “ogni altro potere”, ma con le modifiche dei commi successivi e dell’art.105 si ridefinisce il rapporto tra potere politico e potere giudiziario. Con la “blindatura” si sono ignorate le severe critiche avanzate anche da giuristi di per sé favorevoli al principio della separazione. Ignorati i rilievi della Relazione di minoranza del Csm dei laici espressi dai partiti di governo e redatta da un costituzionalista, il prof. Felice Giuffrè.

Per il Csm, dandosi carico delle molte materie che riguardano sia giudici che Pm, si suggeriva una divisione in due sezioni, con una sessione plenaria. Per il sorteggio si criticava quello “secco” proposto per i togati. Sull’Alta Corte disciplinare, pur in un quadro adesivo alla idea di principio, i rilievi critici occupano ben dieci pagine (pp. 107-117). Le bizzarie e le disfunzionalità di questa Alta Corte avevano indotto l’Ufficio studi del Senato ad avanzare aggiustamenti tecnici, anche questi ignorati. Quanto poi al “lassismo” dell’attuale giustizia disciplinare del Csm, esso è smentito dai dati e dalla prassi dello stesso Ministro che promuove solo 1/3 delle iniziative; se non ci fossero le iniziative della Procura generale della cassazione la sezione disciplinare del Csm sarebbe senza lavoro.

Respinte le critiche avanzate dai giuristi e dai partiti di minoranza radicalmente contrari al Ddl del governo, non si capisce come non si prendano in considerazione tutte le censure provenienti da coloro che non si collocano in un’opposizione radicale. Riesce davvero difficile comprendere come i favorevoli al principio della separazione siano disposti ad “ingoiare” tutto questo sovrappiù, magari “turandosi il naso”, secondo la montanelliana teoria.

E’ l’azzeramento sostanziale del Csm: spezzettato in due organi non comunicanti, gli si sottrae la competenza disciplinare e, con il sorteggio, se ne affida il funzionamento al caso. Ministro della Giustizia Guido Gonella il 18 luglio 1959 per l’insediamento del primo Csm: “Lo Stato di diritto vuole che sia garantita l’imparziale giustizia per tutti e perciò avverte che la magistratura ha bisogno di indipendenza, di guarentigie della sua indipendenza. Ora l'indipendenza dei giudici è corroborata da nuove garanzie. costituzionali e istituzionali, Un fondamentale precetto costituzionale trova oggi adempimento”.

Nel Ddl governativo viene mantenuto all’art. 104 Cost. il principio della indipedenza della magistratura. Ma l’organo che garantiva quelle fondamentali “guarentigie” tanto enfatizzate dal democristiano Gonella, il Csm, è ridotto alla quasi irrilevanza. E qui si tratta di indipendenza della magistratura tutta, non solo dei Pm, ma anche dei giudici. L’esperienza delle dittature del secolo scorso e le recenti involuzioni in Europa (e negli Usa) ci insegnano che a nulla vale proclamare l’indipendenza della magistratura, se non sono apprestati istituti che ne garantiscano l’effettività. L’indipendenza della magistratura è una garanzia per tutti, anche per la politica, al di là delle contingenti maggioranze.