C’è una ex prefetta, in Italia, che, forse in un momento di hybris dovuta alla calura estiva, ha pensato di proporre la rimozione di via Cutro dalla toponomastica di Reggio Emilia. Insomma, mentre mezzo mondo è “distratto” dai massacri di Gaza, dal bullismo economico di Trump e quello militare di Putin, la nostra prefetta, che altri non è se non una ex funzionaria del ministero dell’Interno, ha pensato che fosse giunto il momento di eliminare ogni traccia di Cutro da Reggio Emilia. Così, d’amblè. “Di botto”, direbbero a Roma.

La motivazione non detta di tanto zelo urbanistico potrebbe essere la seguente: visto che i cutresi devono essere mafiosi per natura - neanche fosse una tara genetica, culturale, anagrafica - allora meglio cancellare ogni riferimento di quella stirpe.

Inutile dire che sulla proposta si è fiondato Nando dalla Chiesa. Del resto la di lui “passione” verso la Calabria è cosa nota da tempo, quasi codificata: un tic intellettuale che riaffiora nei momenti di noia moraviana. E non contento, il nostro Dalla Chiesa, ha rilanciato l’idea proponendo una piccola ma significativa correzione: togliere via Cutro, certo, ma sostituirla con di via dei pescatori di Cutro, ovvero coloro che sono insospettabili di mafiosità per il fatto di aver aiutato i migranti vittime del terribile naufragio del 2023.

Ma a ben vedere la proposta è anche peggiore dell'originale. Con una sorta di inversione dell’onere della prova, Dalla Chiesa propone infatti di intitolare la via ai soli cutresi che hanno dimostrato di meritarselo. Insomma a coloro che provano di non essere mafiosi. Alla faccia della “presunzione di non colpovolezza”. E se questa è la nostra intellettualità, allora viva l’analfabetismo.