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Quel che colpisce nell’intervento “parlato” di Carlo Rovelli dal palco di Piazza San Giovanni non sono tanto gli attacchi al ministro Crosetto definito «piazzista d’armi», né la mancanza di un contraddittorio posticcio da contrapporre col bilancino alle sue tesi “pacifiste”.
Il problema è che il bravissimo fisico e divulgatore scientifico, della guerra in Ucraina sembra non aver capito proprio nulla, ignorando i più elementari rapporti di causa-effetto, eppure così importanti nella sua disciplina. «Non ci si impiccia nelle liti tra moglie e marito», è riuscito a dire in un’intervista a Carlo Formigli su La7 per spiegare che la sorte degli ucraini non deve essere affar nostro. E pazienza se da oltre un anno lei prende le botte, anche il marito in fondo avrà le sue ragioni (la moglie flirta con un altro?), mica possiamo metterlo in un angolo, piuttosto facciamogli fare la pace.
Per Rovelli non esistono aggrediti e aggressori, eserciti di occupazione e civili in fuga, mentre le fosse comuni di Bucha, le camere delle torture, i bambini strappati alle famiglie e deportati in Russia sono semplici dettagli di un gioco più grande, più importante, orchestrato dai «potenti» e dai «signori della guerra» ovvero dagli occidentali avidi, superbi, irresponsabili; telecomandati dal grande satana americano e dalla Nato. Quando l’ideologia e la geopolitica astratta annebbiano la vista al punto da cancellare le vittime in carne e ossa, quelle che muoiono ogni giorno a Bakhmut, Kherson, Kharkiv, Zaporizhzhia e altre decine di città ucraine.
La scorsa settimana, in modo alquanto sibillino, Rovelli aveva dubitato che il 25 aprile celebrasse la liberazione dell’Italia dal nazifascismo evocando la distruzione di una chiesa a Verona bombardata dagli alleati anziché dalla Luftwaffe tedesca come invece riportarono i giornali dell’epoca. Un esempio contorto per dire che siamo sotto il giogo atlantico da quasi 80 anni? Forse. Di sicuro l’ennesimo tentativo di negare ogni valore e legittimità alla resistenza dell’esercito e del popolo ucraino invaso dalle armate di Vladimir Putin.