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IMAGOECONOMICA
Chi non ha mai firmato contratti senza leggere, ignorando gli asterischi e le clausole a carattere 8 alla fine di pagina 42? Per lo più va tutto bene. Qualche volta ci ritroviamo a maledirci perché in quella nota nascosta tra mille commi c’è scritto che il rinnovo è automatico per i prossimi 33 anni oppure che abbiamo rinunciato a un qualche diritto fondamentale.
Sono mesi che guardo il disegno di legge sul suicidio assistito a prima firma di Alfredo Bazoli e mi chiedo: ma avrà letto quello che ha scritto? E oggi davanti alle decine di cofirmatari mi faccio la stessa domanda: cari firmatari, ma avete letto? Avete capito?
Un breve riassunto di come siamo arrivati fino a qui: nel 2019 la Corte costituzionale ha dichiarato parzialmente illegittimo l’articolo 580 del codice penale (istigazione o aiuto al suicidio) e ha stabilito alcune condizioni in cui l’aiuto al suicidio non è più un reato. Ha poi richiamato il legislatore che fa finta di dormire – e non è la prima volta. Quell’articolo è stato superato dalla Costituzione e se c’è qualcosa di cui sorprendersi è perché ci sia voluto tanto tempo a dichiarare incostituzionale una legge degli anni Trenta che ignorava la nostra libertà.
Quello che si sarebbe dovuto fare è abbastanza facile: leggere la sentenza Cappato/ Antoniani, copiare e migliorare alcuni aspetti che evidentemente causano dei problemi e che, se uno non vive su Marte, dovrebbero essere evidenti. La Corte, d’altra parte, rispondeva a un caso specifico e forse più di così non avrebbe potuto fare. Il legislatore non solo ha rimandato e rimandato, ma ora ha scritto un testo ingiusto e insensato.
Questa proposta di legge è una orrenda proposta di legge, soprattutto per quanto riguarda il requisito del trattamento di sostegno vitale. Le altre cose imperdonabili sono l’obiezione di coscienza (che è un copia e incolla dalla 194, che bravi, non impariamo mai), l’assenza di tempi e, ripeto, la condizione prevista dall’articolo 3: la persona deve “essere tenuta in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale, la cui interruzione provocherebbe il decesso del paziente”. Nessuno spiega cosa significa ed è sicuramente una buona idea usare parole ambivalenti o non definite. Se sono immobile e devi darmi da mangiare, se non lo fai io muoio, quindi alimentarmi è sostegno vitale? Certo ci vuole più tempo rispetto al distacco di un respiratore, e forse faremmo prima se smetti di darmi da bere, ma questa distinzione è giusta? E qual è il tempo minimo per rientrare in questo requisito? Mezz’ora, una settimana, un anno?
Cari firmatari, cosa facevate mentre avete deciso di firmare una legge ingiusta e discriminatoria? Magari sentendovi giusti e illuminati, mica come quelli che ti dicono che la vita non è tua e non puoi decidere cosa farne. Ecco, siete peggio, perché almeno quella posizione ferocemente conservatrice è chiara, questi requisiti invece sono oscuri semanticamente e dannosissimi. Soprattutto di alcuni mi sorprendo, io ingenua e ottimista che sono. Mi sorprendo a pensare che se sei razionale o hai a cuore alcuni diritti, dovresti farlo per tutto. E invece no. Che sorpresa.
Andrea Crisanti, Ilaria Cucchi, Cecilia D’Elia, Susanna Camusso. Sono solo alcuni dei nomi che è particolarmente odioso ritrovare qui. E forse c’è anche un questione temporale. Se anche prima era intollerabile, dopo la morte di Sibilla Barbieri è davvero da irresponsabili firmare una legge del genere. Che sono tutti, a parte i primi nove che hanno firmato a novembre 2022 (e già ci si poteva arrivare senza troppo sforzo). Che in questi anni chissà cosa hanno fatto per non capire che se un diritto è legato a un macchinario (interpretando il sostegno vitale in senso restrittivo) è un diritto finto. Se posso decidere di morire solo se ho un respiratore, cosa ne sarà delle persone che non ce l’hanno (ancora)? E com’è possibile prevedere un requisito che di fatto mi tratta diversamente in base alla malattia e ai trattamenti che ho? Sarebbe come proibirmi di leggere alcuni libri se ho bisogno degli occhiali. In questo caso la tecnologia medica diventa un trappola insensata e un modo per togliermi la libertà.
A volte sapere cosa succede altrove è utile: questo requisito non c’è in alcuna legge. Ci sentiamo i più furbi di tutti, noi che la sappiamo sempre lunga e che non ci facciamo mica fregare da qualche forma di esterofilia, e invece siamo solo dei distratti firmatari di testi che non abbiamo letto o che non abbiamo capito (non so cosa sia più grave). Se questa proposta di legge diventerà una legge ci ritroveremo con una brutta legge, evidentemente ingiusta e discriminatoria, che impedirà a molte persone di scegliere e di decidere della propria vita.
Mi sento come i picchiatelli dell’internet che chiocciolano Barack Obama o Oprah Winfrey. Ma correrò questo rischio per ribadire: cari firmatari, leggete quello che firmate, chiedete almeno di togliere quell’orrendo e ingiusto requisito. C’è sempre questa vertigine poi. Se avete mal compreso e quindi firmato una oscenità del genere (abbastanza facile da capire), pensa le cose complesse. A mettece ‘ na firma so’ boni tutti (Corrado Guzzanti ci aveva avvertito), a leggere e a voler scrivere una legge giusta evidentemente no.