Nel momento in cui divampano nuovi focolai all’interno dei penitenziari, l’emergenza Covid 19 nelle carceri diventa sempre più drammatica. Ora è la volta del carcere Rocco D’Amato di Bologna, dove attualmente risultano 64 detenuti positivi al Covid, tra i quali 3 sono finiti in ospedale. Nonostante le accortezze, che rispetto alla prima ondata sono migliorate, qualcosa però non avrebbe funzionato a causa di una possibile avvenuta sottovalutazione nei confronti di un detenuto della sezione D del secondo piano: avrebbe avuto dei sintomi che sarebbero stati sottovalutati dal medico e solo dopo giorni, grazie all’insistenza dei compagni di sezione, gli avrebbero fatto il tampone con esito positivo. Il condizionale è d’obbligo visto che per ora si tratta soltanto di ipotesi denunziata tramite un esposto in Procura effettuato da alcuni detenuti del carcere Bolognese, finiti tutti in quarantena. L'accaduto in un esposto Il Dubbio ha potuto visionare l’esposto sottoscritto da un detenuto e dove ha segnalato, con nome e cognome, altri reclusi pronti a testimoniare l’accaduto. Tutto sarebbe iniziato a fine novembre quando un detenuto, da Bologna, è stato trasferito in un altro Istituto penitenziario. Dopo il trasferimento, il suo compagno di cella ha cominciato a sentirsi male. Difficoltà a respirare, febbre e tosse. A quel punto ha chiesto aiuto ai detenuti di sezione e agli agenti, i quali l’hanno prontamente portato dal medico. Quest’ultimo, secondo quanto riportato nell’esposto, dopo averlo visitato avrebbe concluso che si trattava di una semplice influenza, tenendo conto che il suo compagno di cella trasferito era negativo al tampone. A quel punto i compagni di sezione hanno cominciato a fare pressione affinché gli fosse fatto il tampone. Anche perché, nei suoi spostamenti in carcere pe fare i colloqui con gli avvocati, sarebbe entrato in contatto con altri detenuti di altra sezione che erano risultati infetti dal Covid. Ma nulla di fatto.Eppure, di giorno in giorno, secondo quanto denunciato, il detenuto sarebbe peggiorato. Solo il 9 dicembre, a distanza quindi di quasi dieci giorni, sono stati effettuati tamponi a tutta la sezione riscontrando la positività del detenuto. Se tutto sarà riscontrato, sarebbe paradossale una sottovalutazione da parte del medico nel momento in cui, in altre carceri, sono esplosi consistenti contagi. Perché non fare il tampone visto i sintomi che il recluso presentava? Ovviamente, sarà la procura ad accertare i fatti e una eventuale negligenza da parte dei medici. 1017 detenuti positivi al Covid 19 Nel frattempo i dati generali non sono riassicuranti. Secondo l’ultimo aggiornamento del Dap, risalente a giovedì, si è giunti a 1017 detenuti positivi al Covid 19. «La propagazione del virus non si arresta – denuncia Gennarino De Fazio, Segretario Generale della Uilpa Polizia Penitenziaria -, anzi, sembra aumentare fra i detenuti a dispetto di ciò che avviene nel Paese». Prosegue sempre il leader della Uilpa: «Questo deve indurre non solo a continuare a tenere alta la guardia, ma soprattutto ad adottare per tempo misure ulteriori pure per contenere la preannunciata, e ormai certa secondo la comunità scientifica, terza ondata del contagio, considerando anche la circostanza che in carcere, fra i detenuti, non sembra attenuarsi la seconda». I detenuti non ci sono tra le categorie prioritarie della campagna vaccinale A ciò si aggiunge la denuncia del presidente dei garanti territoriali Stefano Anastasìa che ha fatto notare la mancanza dei detenuti nell’elenco tra le categorie prioritarie della campagna vaccinale contro il Covid-19. Il Garante Anastasìa ha sottolineato il fatto che in questi mesi stanno vivendo la più dura delle carcerazioni, impediti in gran parte delle attività e dei contatti con l’esterno. «Le carceri – osserva il Garante -, si dice, sono come le Rsa. D’altronde, se l’età media è più bassa, la diffusione delle patologie pregresse è certamente importante e le condizioni igienico-sanitarie degli istituti di pena sono certamente peggiori di quelle delle Residenze sanitarie assistenziali. E allora perché i detenuti non sono compresi tra le categorie prioritarie della campagna vaccinale?».A ciò si aggiunge l’inconsistenza delle misure deflattive del decreto Ristori. Da ricordare che c’è Rita Bernardini del Partito Radicale giunta al 32esimo giorno dello sciopero della fame, assieme a più di 4000 detenuti che hanno aderito all’azione nonviolenta. Questo per chiedere al governo e Parlamento di adoperarsi per inserire misure più efficaci per alleggerire la popolazione penitenziaria. Ieri, assieme a Irene Testa, si è recata al Quirinale per consegnare una sua lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per metterlo non solo a conoscenza della sua azione non violenta, ma anche dei dati sulle condizioni illegale delle carceri sulla diffusione del covid. Ma c’è un muro, innalzato dal M5s e dal silenzio del guardasigilli, che sembra insormontabile.