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Diciassette istituti penali per minorenni sparsi per l’Italia. Dentro, ragazzi di appena 14 anni che dormono con i materassi a terra, celle pensate per due persone che ne ospitano cinque, cavi elettrici pericolosamente esposti. E un dato che dovrebbe far riflettere chiunque: oltre il 60% di chi esce da questi luoghi torna a delinquere. Non è un sistema che riabilita. È una fabbrica di recidiva, come la definisce senza mezzi termini il report presentato la scorsa settimana alla Camera da Radicali Italiani e Nessuno Tocchi Caino, insieme al deputato Fabrizio Benzoni di Azione.
I numeri parlano da soli. A febbraio 2024 i ragazzi detenuti erano 532, il 30% in più rispetto alla fine del 2022. A marzo 2025 sono saliti a 597, con 9 istituti su 17 oltre la capienza prevista. A Treviso il sovraffollamento ha raggiunto quasi il doppio dei posti disponibili: 21 ragazzi dove ce ne dovrebbero stare 12. Le celle sono indecenti, senza vie di fuga in caso di incendio, con situazioni igienico-sanitarie compromesse. Il punto di svolta è stato il cosiddetto Decreto Caivano, approvato nel settembre 2023 dopo un grave fatto di cronaca. Da allora è diventato più facile mettere in custodia cautelare i minori, mentre sono state ridotte le misure alternative. Risultato: nell’ottobre 2022 i reclusi erano 392, nel giugno 2025 sono arrivati a 586. Un aumento del 50%. E la maggior parte - oltre l’80% - non è nemmeno condannata: sta aspettando il processo.
Per quali reati finiscono dentro questi ragazzi? La maggior parte sono reati contro il patrimonio: furti, rapine, danneggiamenti. Solo poco più del 20% riguarda reati contro la persona. Viene punita la povertà, non la pericolosità sociale, scrivono gli autori del report. Gli stranieri sono sovra- rappresentati: pur costituendo il 29% dei minorenni presi in carico dai servizi, rappresentano quasi il 49% degli ingressi negli istituti. Radicali Italiani e Nessuno Tocchi Caino hanno visitato gli istituti uno per uno, raccolto dati, parlato con i ragazzi e il personale. A Milano, al Beccaria in due occasioni recenti gli è stato impedito di accedere alle sezioni e parlare con i detenuti. Un episodio mai verificatosi in nessun altro carcere visitato. Hanno chiesto spiegazioni formali al Direttore e al Capo Dipartimento. Non hanno ancora ricevuto risposta.
A Bologna hanno trovato un aeroplanino di carta nel cortile. Dentro, un disegno di una barca e una frase scritta in italiano incerto: “la vita non mi ha dato niente, voglio farla finita”. È l'immagine più sincera di come stiano davvero questi ragazzi, scrivono i visitatori. La struttura, un ex convento, è sporca, con molti casi di scabbia segnalati. Il personale educativo e sanitario è insufficiente. A Nisida - l’Ipm diventato noto al grande pubblico grazie alla serie Netflix “Mare Fuori” - i visitatori chiosano: “Altro che mare fuori, qui è lo Stato a restare fuori”. Si perché la struttura è in condizioni di sovraffollamento cronico e opera con un organico insufficiente. I giovani con condanna definitiva rappresentano solo una piccola parte della popolazione ristretta, mentre oltre ottanta ragazzi vivono in un istituto concepito per numeri decisamente inferiori.
La salute mentale è un'emergenza che attraversa tutti gli istituti. Gli atti di autolesionismo aumentano, in particolare i tagli sulle braccia. Nel 2024 al Beccaria sono stati registrati 236 episodi. A Treviso un ragazzo è morto dopo essersi impiccato con un paio di jeans. Non accadeva dal 2003. Gli psicofarmaci - antipsicotici e benzodiazepine - vengono usati sempre di più. In alcuni istituti 'vengono somministrati come acqua fresca', hanno riscontrato durante le visite. In altri, la carenza di medici e psicologi lascia i ragazzi soli, “condannati al proprio dolore e alle proprie solitudini”.
I mezzi ci sono, ma vengono spesi male. Ogni ragazzo detenuto costa oltre 600 euro al giorno. Più di una scuola privata d'élite, nota sarcasticamente il report. C'è un educatore ogni 10-12 detenuti. Meno del 40% dei giovani ha accesso a corsi di formazione professionale. Le ore fuori dalla cella sono limitate. All’Ipm di Milano la giornata tipo prevede la sveglia alle 8:30, attività dalle 9 alle 12, pranzo, chiusura dalle 14 alle 15, attività o passeggio fino alle 18, cena alle 19 e chiusura dalle 20. Ore e ore di nulla, in spazi inadeguati.
Il governo Meloni ha risposto al sovraffollamento aprendo nuovi istituti: Lecce, Rovigo, L'Aquila. Costo totale: quasi 30 milioni di euro. “Spesi per finanziare un sistema che rappresenta un modello di illegalità costituzionale”, attacca il report. Ancora più grave l'apertura, poi chiusa a settembre 2025, di una sezione minorile distaccata nel carcere per adulti di Bologna. Radicali Italiani ha presentato un esposto alla Procura della Corte dei Conti per presunto danno erariale: una struttura non idonea, senza percorsi trattamentali adeguati, in violazione del principio di separazione tra circuito minorile e ordinario.
Eppure l'alternativa esiste e funziona. Prima del Decreto Caivano, oltre 2.800 ragazzi erano inseriti in percorsi di messa alla prova - programmi educativi sotto controllo dei servizi sociali che permettono di evitare il processo - contro appena 426 detenuti. Le misure alternative abbattono significativamente la recidiva. Significa reinserire concretamente in società chi commette un reato, prevenire nuovi reati e, se vogliamo buttarla sul tema economico, risparmiare una valanga di denaro pubblico.
Lo dimostrano i Paesi nordeuropei. In Finlandia il carcere minorile praticamente non esiste: i ragazzi sotto i 15 anni non sono punibili penalmente e vengono seguiti dai servizi sociali, mentre per i 15-17enni la detenzione è usata solo come estrema ratio. Prevale formazione, lavoro, supporto. Il tasso di recidiva è molto più basso. Anche nei Paesi Bassi, dove i minori sono punibili già dai 12 anni, il sistema punta su educazione, giustizia riparativa e sostegno psico-sociale, con istituti specializzati a forte impronta scolastica e terapeutica.
In Italia invece si va nella direzione opposta. Sempre secondo il report di Radicali Italiani, dall'inizio della legislatura tra nuovi reati istituiti e aggravanti il totale di anni di pena aggiunta varia tra i 400 e i 410 anni. Decreto Rave, Decreto anti-Ong, Decreto Cutro, Legge sulla maternità surrogata, Decreto Sicurezza: “Un unico scopo: la propaganda”. Con il Decreto Sicurezza è stato introdotto il reato di rivolta penitenziaria, con pene fino a otto anni anche per la resistenza passiva. Viene applicato a chi contesta le condizioni di vita da recluso.
Secondo molti giuristi riguarda anche chi protesta in maniera pacifica: rifiutare di rientrare in cella o fare uno sciopero della fame è diventato, di fatto, un reato. Persino le divise sono tornate. Con una circolare del 2024 è divenuto obbligatorio per gli agenti penitenziari indossare l'uniforme negli istituti minorili. L'ennesimo passo indietro rispetto ai principi del 1988, quando l’Italia aveva approvato un codice di procedura penale per i minorenni all'avanguardia, basato su indagine rapida, specializzazione dei giudici e residualità della detenzione.
Le proposte di Radicali Italiani e Nessuno Tocchi Caino sono chiare. Abolire il Decreto Caivano, fermare la legislazione emergenziale, introdurre un controllo esterno sui prescrittori di psicofarmaci, investire nelle comunità educative e terapeutiche, proteggere i minori stranieri non accompagnati. E, alla luce dei dati e delle esperienze internazionali, avviare un percorso per chiudere gradualmente gli istituti penali per minorenni, puntando su misure alternative che hanno tassi di recidiva molto più bassi.
“Gli IPM sono fabbriche di recidiva, costose e inutili. Non si riformano: si aboliscono”, conclude il report. I numeri, le testimonianze, le condizioni indecorose documentate nelle visite parlano da soli. Da questi luoghi non si esce “ri-educati”, ma più fragili e più propensi a delinquere. Il carcere minorile, da misura residuale com’era stato pensato, è diventato la scorciatoia di uno Stato che preferisce rinchiudere invece che prevenire.


