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PRESENTAZIONE DELL AREA INDUSTRIALE INTERNA DEL CARCERE DI BOLLATE
Nei corridoi umidi delle carceri si respira un’aria di tensione che parla più di ogni parola: quante persone stanno lì dentro? E quanti posti ci sarebbero, in teoria? Secondo gli ultimi dati risalenti al 30 aprile 2025 il conteggio è implacabile: 62.456 detenuti a fronte di 46.776 posti realmente utilizzabili, un sovraffollamento del 133,52% secondo l’ultimo report del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Un terzo degli spazi che “manca” sotto il profilo logistico. Sulla carta risultano 51.280 posti regolamentari, ma il dato reale scende: restano fuori gioco 4.504 posti, tra camere inagibili e intere sezioni chiuse, e l’ingombro umano non trova sosta.
I dati riportati sul ministero della giustizia sono chiari. Non è un’emergenza isolata: 157 istituti su 188 (l’ 83,5?%) superano la soglia consentita e in 60 di questi – quasi un terzo – l’indice di affollamento varca il 150%. I numeri non lasciano alibi, né margini di ottimismo. Le mappe regionali confermano uno squilibrio profondo. In Puglia un detenuto su due non trova neppure mezzo spazio personale: l’indice tocca il 170,22%. A seguire, Friuli Venezia Giulia 156,33%, Lombardia 153,58%, Molise 149,60%, Veneto 148,54% e Basilicata 147,83%, mentre nel Lazio si arriva al 146,92%. Solo tre regioni restano sotto la linea di galleggiamento: Valle d’Aosta 79,31%, Sardegna 96,24% e Trentino Alto Adige 97,65%.
Le celle si riducono a veri e propri stanzoni polverosi, dove la pressione umana supera ogni codice: a Milano “San Vittore” l’indice tocca il 219,17%, come in un bollettino di guerra; un passo indietro e si trova Foggia al 211,58%, poi Canton Monbello (Brescia) al 200%, Lucca al 197,37%, Varese al 194,34%, Taranto al 194,21%, Como al 190,27%, Udine al 188,30%, Busto Arsizio al 187,89% e infine Roma “Regina Coeli”, un vero e proprio carcere infernale, al 187,24%.
Seguendo l’ultimo report del Garante Nazionale curato da Giovanni Suriano, la tabella sui Provveditorati disegna un’escalation senza sosta. Puglia e Basilicata, dal 139,45% del 2020, balzano al 168,23% del 2025, conservando il primato negativo; seguono Lombardia (da 131,49% a 153,58%), il raggruppamento Lazio Abruzzo Molise (da 116,35% a 139,36%), il Triveneto (da 118,07% a 140,77%), la Campania (da 108,83% a 136,1%), Emilia Romagna e Marche (da 115,63% a 135,2%), Toscana Umbria (da 114,16% a 126,66%) e Piemonte Valle d’Aosta Liguria (da 116,98% a 120%). Persino regioni che nel 2020 erano sotto soglia, come Sicilia (da 97,01% a 122,15%) e Calabria (da 92% a 115,04%), registrano ora un balzo drastico. Il dato è senza equivoci di sorta: a livello nazionale si passa dal 113,18% del 2020 al 133,52% del 2025. Un balzo enorme.
Ma non è tutto: il report segnala 14 detenuti allocati in spazi inferiori ai 3metri quadri, contravvenendo ai parametri minimi sindacali della Corte europea dei diritti dell’uomo. Mentre ben 15.643 detenuti vivono in celle comprese tra i 3 e i 4m ². Sono numeri oggettivamente drammatici.
Nel frattempo, sulle tracce di quei numeri e di quelle celle affollate, a Roma Rita Bernardini di Nessuno Tocchi Caino ha deciso di mettere in gioco il suo corpo: dallo scoccare della mezzanotte del 23aprile è in sciopero della fame. Il suo gesto vuole dare vigore all’Appello rivolto ai parlamentari per concedere a tutti i detenuti un anno di riduzione di pena, in memoria di Papa Francesco e di Marco Pannella.
L’appello richiama le parole del precedente Pontefice all’interno del Giubileo e del Giovedì Santo, esasperate dal dramma quotidiano del carcere: chiede ai parlamentari, al di là di calcoli organizzativi o numerici, un gesto di carità cristiana. In nome del messaggio di redenzione — quello rivolto al ladrone in Croce e incarnato dalla trasformazione simbolica del carcere in Basilica — si sollecita l’inserimento, nel primo provvedimento utile, di un emendamento trasversale che riconosca per ciascun detenuto un anno di riduzione di pena, sia sotto forma di indulto sia come liberazione anticipata speciale. Un atto di clemenza capace di trasformare l’anno giubilare in un “anno di grazia, perdono e redenzione”, così come auspicato dal Santo Padre fino all’ultimo respiro.
All’appello hanno aderito, individualmente, esponenti di quasi tutte le forze politiche, tranne il Movimento Cinque Stelle, segno che la questione varca gli schieramenti. Tra i firmatari figurano Roberto Giachetti (Italia Viva), Fabrizio Benzoni Azione), Mauro Berruto e Paolo Ciani (Pd), Maria Elena Boschi e Maria Chiara Gadda (Italia Viva), Ilaria Cucchi e Giuseppe De Cristofaro (Misto– Sinistra Italiana), Benedetto Della Vedova e Riccardo Magi (Misto + Europa), Eleonora Evi e Silvia Roggiani (Pd), Domenico Furgiuele (Lega), Gian Antonio Girelli (Pd), Valentina Grippo (Azione), Maurizio Lupi (Noi Moderati), Maria Stefania Marino (Pd), Giorgio Mulè e Paolo Emilio Russo (Forza Italia), Emanuele Pozzolo (Fratelli d’Italia), Debora Serracchiani (Pd) e Luana Zanella (AVS).
Un coro trasversale che chiede alla politica di fare un passo avanti. Ma già i giornali come Il Fatto Quotidiano, espressione pentastellata, comincia a stigmatizzare l’idea dell’indulto. Ma questa non è una novità.