Quasi un suicidio ogni due giorni. Nel giro di poche ore altri due detenuti si sono tolti la vita dietro le sbarre, l’ennesimo è avvenuto al carcere di Verona, il quinto nel giro di tre mesi. L’altro è avvenuto nel carcere campano di Carinola, si tratta di un detenuto disabile. E siamo al quarto suicidio dall’inizio dell’anno che avvengono nei penitenziari della Campania.

Siamo giunti a 15 suicidi dall'inizio dell'anno. Per comprendere la gravità di questa situazione, è sufficiente considerare un dato significativo. Nel 2022 e nel 2023, a che punto dell'anno si era arrivati a 15 suicidi? Nel 2022, anno in cui si è registrato il record di suicidi per raggiungere questo numero, abbiamo dovuto attendere il 13 marzo; nel 2023, invece, il quindicesimo suicidio si è verificato il 17 aprile. Quest'anno, al contrario, già al 4 febbraio siamo arrivati a 15 suicidi. Se il ministero della Giustizia non adotta provvedimenti seri, non è difficile immaginare che il 2024 sarà ricordato come l'anno dell'ecatombe carceraria.

I suicidi, o per meglio dire la maggior parte di essi, sono evitabili. Prendiamo ad esempio il carcere di Montorio a Verona, un vero e proprio caso nazionale in cui i detenuti si tolgono la vita con inquietante frequenza. L'associazione Sbarre di Zucchero ci offre supporto, denunciando una tragica ripetizione di eventi: l'ultimo episodio è avvenuto la scorsa domenica e coinvolge un detenuto ucraino, già noto alle autorità per un tentativo di suicidio all'inizio dell'anno, che si è tolto la vita impiccandosi nella sesta sezione (infermeria). Sbarre di Zucchero rivela ulteriori dettagli su questa morte annunciata, sollevando domande urgenti sulla gestione del disagio psichiatrico all'interno delle mura di Montorio.

Il detenuto, dopo il suo primo tentativo di suicidio, era stato ricoverato e successivamente riportato in carcere, assegnato alla sesta sezione, dove avrebbe dovuto ricevere cure e attenzioni particolari. Eppure, i fatti della serata di domenica dimostrano che il sistema penitenziario non è stato in grado di prevenire l'atto estremo del detenuto, sollevando serie preoccupazioni sulla capacità dell'istituzione di identificare e affrontare efficacemente i disagi. Il decesso del detenuto ucraino solleva domande cruciali sulla responsabilità e l'efficacia del carcere di Montorio nel fornire un ambiente sicuro e adeguato per i suoi reclusi.

Come è possibile che il disagio psichiatrico del detenuto non sia stato rilevato e gestito in modo appropriato? Quali misure sono state adottate dalla direzione e dall'amministrazione comunale per evitare che il carcere acquisisca la triste fama di "carcere della morte"? Il comunicato stampa rilasciato dagli attivisti dell’associazione, tra cui Monica Bizaj, Micaela Tosato e Marco Costantini, sottolinea l'urgenza di risposte immediate da parte delle autorità.

Il totale immobilismo nella gestione dei problemi nel carcere di Montorio è evidente, soprattutto considerando il caso – come già riportato da Il Dubbio - di Oussama Sadek, un detenuto che si è suicidato a soli tre mesi dalla liberazione. La famiglia ha sollevato dubbi sulla responsabilità e la gestione delle problematiche psichiatriche del detenuto, il quale era stato isolato tre giorni prima del suicidio. L'associazione, tramite l'avvocato Vito Daniele Cimiotta, ha presentato un esposto chiedendo indagini approfondite sul percorso medico-psichiatrico e sulla compatibilità dell'isolamento. Anche l'Associazione Yairaiha Onlus ha incaricato l'avvocato Cimiotta di indagare su vari aspetti, inclusi il ruolo del medico, l'efficacia dell'assistenza medica e l'adeguatezza del personale. La preoccupazione cresce a causa della morte di altri detenuti, come Giovanni Polin, nello stesso periodo nel carcere di Montorio.

Ma attenzione, anche altri suicidi avvenuti in altri penitenziari non possono essere definiti inevitabili. Il 2024 è iniziato con un suicidio nel carcere di Montacuto, coinvolgendo Matteo Concetti, 25 anni, affetto da bipolarità, che aveva precedentemente beneficiato di una misura alternativa. Tuttavia, un ritardo ha compromesso la fiducia accordata, riportandolo in carcere. La presidente di Antigone Marche, Giulia Torbidoni, riflette sulla rigidità del sistema penitenziario, che manca di sfumature nelle punizioni e non considera le diverse situazioni. Torbidoni sottolinea la necessità di un approccio più flessibile e comprensivo, evidenziato dalla storia di Matteo, che rappresenta un monito per riconsiderare la pena. Ma così non è stato. Ci vorrebbe coraggio dalla politica, anche se ciò potrebbe comportare qualche voto in meno. Come disse il compianto Marco Pannella, leader storico del Partito Radicale, bisogna “essere impopolari per non essere antipopolari”.

Il sucidio nel Cpr di Ponte Galeria

La tragedia delle persone vulnerabili che si tolgono la vita non si arresta qui. Si aggiunge un altro suicidio verificatosi in un contesto in cui si è privati della libertà, senza aver commesso alcun reato: il centro di permanenza e rimpatrio di Ponte Galeria. Lo ha reso noto la garante del comune di Roma, Valentina Calderone, annunciando che domenica è stato trovato impiccato un ragazzo di 22 anni originario della Guinea.

I suoi compagni hanno tagliato la corda e hanno cercato di soccorrerlo, chiamando gli operatori del centro. Il ragazzo è stato portato in infermeria, dove hanno effettuato le manovre di rianimazione in attesa dell’ambulanza. Quando il medico è però arrivato, non ha potuto fare altro che constatare il decesso. Poi, in mattinata, le altre persone trattenute hanno iniziato azioni di dura protesta per la morte del loro compagno e per le condizioni di vita all’interno del centro. Sul posto è intervenuta la Polizia, e sono state acquisite le immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza interne. Da quanto tempo il ragazzo fosse nel Cpr non è chiaro: secondo gli attivisti della rete No ai Cpr, era in un centro da 7 mesi, ma ufficialmente sarebbe arrivato da una decina di giorni. In base a una prima ricostruzione, il giovane era giunto nel Cpr dalla Sicilia da pochi giorni. La Procura di Roma, nel frattempo, ha avviato un'indagine per istigazione al suicidio. Il fascicolo è coordinato dal sostituto procuratore Attilio Pisani, che affiderà l’incarico per effettuare l’autopsia.

Il Garante regionale Stefano Anastasìa, la garante locale, insieme alla senatrice del Pd Cecilia D’Elia e al deputato di +Europa Riccardo Magi, sono riusciti a parlare con un paio dei compagni che si trovavano nel suo stesso reparto e con alcuni operatori. «Era disperato. Ha lasciato sul muro un ritratto di se stesso con sotto un testo in cui ha scritto che non resisteva più, che sperava che il suo corpo fosse portato in Africa e che la sua anima avrebbe risposato in pace», ha denunciato con forza Riccardo Magi.