L’Aula della Camera ha dato il via libera, ieri sera, alla riforma del processo penale, sottoposta al “restyling” di Marta Cartabia: 396 voti favorevoli, 57 contrari e 3 astenuti, alla presenza della ministra. Sono stati 16 i deputati M5S che non hanno partecipato al voto finale senza risultare in missione. Dalle dichiarazioni rese dai deputati si evince che il nuovo testo non entusiasma ma rappresenta il miglior risultato possibile, considerata una maggioranza così eterogenea. Le mediazioni tra M5S e Lega I limiti si rintracciano nel fatto che è una riforma innestata sul lavoro dell’ex guardasigilli Alfonso Bonafede, rivisto in base alle proposte della commissione Lattanzi, della quale però non si è riusciti a conservare del tutto l’ispirazione originaria. Il governo Draghi è stato costretto a intavolare una difficile mediazione soprattutto con il Movimento 5 Stelle e la Lega. Trattativa faticosa che ci ha condotti al critico istituto dell’improcebilità, stigmatizzato persino da alcuni membri della commissione stessa, e a tripli binari per il termine dei processi in base ai reati contati dall’accusa. Archiviata la riforma Bonafede Insomma, come ci hanno raccontato gli accademici, il diritto si è sacrificato sull’altare dell’accordo politico. Ma, se non vogliamo abbandonarci al pessimismo della “fallacia realista” per cui ogni compromesso che arriva va sempre bene, dobbiamo ammettere il risultato positivo: viene archiviata la riforma Bonafede, rimasta in piedi solo per 18 mesi, come ha detto il deputato Enrico Costa ( Azione, +Europa): «Ministra, solo grazie alla sua perseveranza e a quella del premier Draghi finisce l’era del fine processo mai. Lei ha posto un limite alla arbitrarietà di Stato. Un innocente cosa se ne fa di un’assoluzione dopo 20 anni? E anche di una condanna». (DDL PENALE APPROVATO)

Finisce l'epoca del giustizialismo sfrenato

Con i processi infiniti, benché per alcuni reati non ci sarà un limite al numero di proroghe, è terminata pure «l’epoca del giustizialismo sfrenato ed è tornata in auge la cura dei diritti fondamentali dell’individuo. Noi siamo, come lei ministra, dalla parte dei principi costituzionali», ha sottolineato il deputato Catello Vitiello (Italia Viva). Tuttavia, come vi abbiamo raccontato nei giorni scorsi, l’opa giustizialista ha ancora il suo peso, altrimenti avremmo avuto un altro tipo di riforma, sicuramente più coraggiosa e ispirata alle ambizioni riformatrici della cultura penalistica liberale, come ha scritto l’Unione Camere penali in un documento. Pensiero simile a quello espresso dal deputato di Leu Federico Conte: «Questa riforma è un punto di arrivo? No. Mancano due interventi di sistema: uno sui riti alternativi, in particolare abbreviato e patteggiamento, uno sull’ordinamento penitenziario, sul sistema di esecuzione penale esterna. Ma ci sono elementi anche innovativi: è uno straordinario punto di partenza su cui il legislatore del domani potrà intervenire».

Tra luci e ombre

Luci e ombre sono state rilevate anche dall’onorevole Siracusano (FI): «Questa non è la nostra riforma. Avremmo voluto, ad esempio, l’inappellabilità delle sentenze di assoluzione e lo stop all’abuso del trojan. Eppure la votiamo con convinzione perché il governo ha fatto un vero miracolo, perché ha invertito il senso di marcia». Da accogliere favorevolmente ci sono soprattutto alcune previsioni, tra cui «la dimensione garantistica delle indagini preliminari» , come sottolineato dal capogruppo dem in commissione Giustizia Alfredo Bazoli, in particolare la modifica della regola per la richiesta di rinvio a giudizio, ma anche il rafforzamento dell’Ufficio del processo, e il potenziamento della non punibilità per la tenuità del fatto. Inoltre nella riforma sono state inglobate alcune proposte di modifica, provenienti dalla maggioranza, di particolare interesse: i “criteri più stringenti” sollecitati dall’azzurro Pierantonio Zanettin per la riapertura delle indagini, l’arresto in flagranza per quei responsabili di maltrattamenti in famiglia (e atti persecutori) che non rispettassero gli obblighi di allontanamento, novità che mette d’accordo IV e M5S, e soprattutto una maggiore tutela del diritto all’oblio introdotta da Costa.

L'intervento di Bonafede

L’intervento più atteso del dibattito in Aula, che ha segnato quasi un passaggio di consegne tra due visioni opposte della giustizia, è stato quello dell’ex ministro Bonafede, che quasi con amor proprio misto a rancore, ha rivendicato il lavoro fatto, dando una narrazione opposta a quella dominante: «Non intendo rispondere alle provocazioni che sono state fatte, perché la giustizia non è questione personale. La realtà oggi è che si vota la riforma a prima firma Bonafede e successivamente emendata dal governo Draghi. Mi rivolgo all’Aula e alla comunità del Movimento 5 Stelle: la prescrizione si stoppa dopo la sentenza del primo grado. Abbiamo alzato le barricate sul testo originario? Assolutamente sì. Siamo stati gli unici? Orgogliosamente sì. È nel nostro dna essere in trincea per difendere i valori della giustizia». E poi il dito puntato verso gli oppositori dentro e fuori l’Aula: «Quando l’Europa ci ha chiesto le riforme della giustizia, noi eravamo già pronti, le riforme di processo penale, civile e Csm erano già pronte e all’esame del Parlamento. Di questo non parla nessuno. Il messaggio che deve passare è che il M5S giustizialista e manettaro si sia completamente disinteressato dei tempi della giustizia. Smettetela di mentire». Hanno votato, tra gli altri, contro la riforma, il gruppo FacciamoEco, perché «i reati ambientali non sono stati posti al di fuori della tagliola dell’improcedibilità», e in più il governo ha anche espresso parere negativo a un ordine del giorno che andava in quel senso; ancora, è rimasta “fieramente” sul no la pattuglia di ex grillini di L’Alternativa c’è: secondo il deputato Andrea Colletti, «la legge rappresenta la sconfitta del M5S perché segna la cancellazione della loro riforma manifesto. In questa maggioranza siete irrilevanti», ha scandito, «un emendamento di FI rende più difficile riaprire le indagini. Se fosse già in vigore non si sarebbero riaperte le indagini su Strage Bologna e trattativa Stato-mafia. L’improcedibilità, invece di accelerare i processi, li elimina del tutto». Il voto contrario è venuto anche da Carolina Varchi ( FdI): «Troviamo paradossale che questa ampia maggioranza abbia avuto bisogno della fiducia, che ha impedito il lavoro emendativo e il dibattito parlamentare». Ora la riforma passa al Senato, con la netta sensazione che nessuno alla fine potrà dire di aver perso o vinto.