Se i componenti del Csm, in questi giorni finiti nell’occhio del ciclone per asseriti accordi con esponenti dem sulla nomina del nuovo procuratore di Roma, dovessero, come disposto dall’Anm, dimettersi, la rappresentanza all’interno di Palazzo dei Marescialli ne uscirebbe stravolta. Il sistema elettorale più incredibile degli ultimi anni, quello appunto per l’elezione della componente togata del Csm, non ha infatti previsto alcun efficace meccanismo di sostituzione del consigliere che per motivi vari decida di lasciare il proprio incarico. Nella logica delle cose, se si dimette un parlamentare, un consigliere regionale o comunale, lo sostituisce il primo dei non eletti del medesimo gruppo o partito. Al Csm, no. Il consigliere che subentra è quello immediatamente dietro, a prescindere però dall’appartenenza allo stessa corrente associativa.

Quindi, se i consiglieri in questione dovessero seguire il diktat dell’Anm, Area, il cartello delle toghe progressiste e Autonomia& indipendenza, la corrente fondata da Piercamillo Davigo, diventerebbero improvvisamente i primi gruppi a piazza Indipendenza. Area passerebbe da quattro a cinque componenti, A& I raddoppierebbe addirittura, passando da due a quattro. Magistratura indipendente, la corrente che aveva vinto le elezioni dello scorso luglio, precipiterebbe da cinque a due consiglieri. E’ evidente che si porrebbe un serio problema di rispetto della volontà delle diverse centinaia di magistrati italiani che hanno votato, nel collegio di merito, Gianluigi Morlini ( Unicost), 651 voti, Corrado Cartoni ( Mi), 614 voti, Paolo Criscuoli ( MI), 540 voti. In questo scenario complicato, nella categoria requirente, non essendoci sostituti per il dimissionario Luigi Spina ( Unicost), è già previsto che si vada a nuove elezioni. Ecco, dunque, che la soluzione più corretta per quanto riguarda la tenuta democratica del sistema, evitando vittorie a tavolino, non potrà, eventualmente, che essere lo scioglimento del Consiglio e nuove elezioni per tutte le categorie. In caso di nuove elezioni, ci sarebbe infine da considerare se gli attuali consiglieri, pur non avendo terminato la consiliatura, si potranno ricandidare, in quanto la legge prevede il divieto del doppio mandato consecutivo. L’ultima parola per risolvere questa situazione che non ha precedenti nella storia repubblica spetterà al Capo dello Stato.