Non solo l’ergastolo, ma al tragico elenco del 4 bis (ostativo ai benefici penitenziari) si sono aggiunti nel tempo altri reati che nulla hanno a che vedere con il sodalizio mafioso con il quale recidere o mantenere i collegamenti. Il decreto legge varato dal governo Meloni, che ora la Corte costituzionale ha rimandato in Cassazione per una nuova valutazione, non contempla solo gli ergastolani come si vuol far credere.

Era uno scippo ed è stato qualificato come rapina

E accade che si può finire in regime ostativo anche per una rapina di 200 euro come il caso di Giovanni Presta. Recluso al carcere calabrese di Vibo Valentia, lunedì scorso ha tentato il suicidio ed ora è in coma. A segnalare questo tragico episodio a Il Dubbio è il suo avvocato difensore Gianluca Garritano del foro di Cosenza. Il suo assistito era detenuto per una sorta di scippo, però il reato è stato qualificato come rapina. Prima della sentenza definitiva era agli arresti domiciliari con l’autorizzazione al lavoro. Parliamo di una pena inferiore ai 4 anni, quindi con la possibilità di accedere ai benefici. Ma il suo titolo di reato rientra nell’ostatività ed è quindi dovuto tornare in carcere: prima di presentare qualsiasi istanza, doveva aspettare la fine della pena ostativa.

Taluni reati sono ostativi alla concessione di misure alternative al carcere

L’avvocato difensore Garritano spiega a Il Dubbio, e soprattutto ai non addetti ai lavori, che “l’ostatività” non riguarda solo la pena dell’ergastolo. «Taluni reati, come la rapina, sono ostativi per la concessione di misure alternative al carcere. E, di conseguenza – sottolinea l’avvocato -, può capitare che il mio assistito commetta una rapina (per un importo di 200 euro), e venga condannato ad una pena inferiore ai 4 anni di carcere (limite massimo per la concessione della misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali) e che lo stesso non possa che scontare l’intera pena solo ed esclusivamente in carcere. Tutto ciò perché il titolo del reato è “ostativo”».

Nelle carceri mancano gli specialisti per un'adeguata assistenza psicologica

E l’avvocato Garritano prosegue: «Può capitare che colui che ha commesso la rapina di 200 euro (già questo ne dimostra la disperazione), dopo oltre un anno e sei mesi di carcere presso la Casa Circondariale di Vibo Valentia decida di suicidarsi ed ora si trovi ricoverato in stato di coma. Si, per una rapina di 200 euro, quel taluno non poteva beneficiare di nessuna misura alternativa». E aggiunge: «Senza adeguata assistenza psicologica perché nelle carceri spesso mancano gli specialisti. Non si sa se sopravviverà. Resta però vivo il reato ostativo, sempre, e per quei reati resta vivo in modo oggettivo, senza possibilità alcuna di valutare efficacemente la personalità del singolo soggetto».

L’avvocato: “Il reato ostativo non è civiltà, non è giustizia, ma è solo vendetta!”

L’avvocato Garritano si chiede se sia giusto così. «No, non è giusto, “il reato ostativo” non è civiltà, non è giustizia, ma è solo vendetta di uno Stato “democratico”! Tenetevi il reato ostativo e noi Avvocati continueremo a lottare per la vita e per la civiltà giuridica», conclude amaramente. L’articolo 4 bis, quello ostativo, come già ricordato su Il Dubbio, è l’esempio perfetto del panpenalismo. Una norma che nasce come una eccezione (le stragi di mafia) ma che con il passar del tempo si è ampliata e come una calamita ha attirato a sé tutti quei reati che diventano – a seconda le emozioni del momento – delle vere e proprie emergenze. Anche quando le emergenze, di fatto, non ci sono. Tant’è vero che siamo arrivati fino alla “spazzacorrotti”.

La riforma Bonafede ha allargato il 4  bis anche a chi commette reati di corruzione nella pubblica amministrazione

La famigerata riforma Bonafede, targata Movimento 5 Stelle, ha allargato il 4 bis anche nei confronti di chi commette reati di corruzione nella pubblica amministrazione. Se si analizza il catalogo dei reati ostativi contemplati nelle versioni di volta in volta innovate, si può allora constatare come tale catalogo si estenda al verificarsi di fenomeni criminali che suscitano un particolare allarme sociale.Che la pena sia temporanea o perpetua, dunque, dal carcere non si esce se non attraverso la collaborazione, oppure attraverso il superamento – come prevede il decreto legge difeso dall’attuale guardasigilli Carlo Nordio che ricalca e a tratti peggiora il testo di riforma approvato dalla camera nella scorsa legislatura – di rigidissimi paletti che diventano, di fatto, insormontabili.

L'Italia è sotto osservazione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa

La Corte costituzionale – come ha affermato l’associazione radicale Nessuno Tocchi Caino – ha deciso di non decidere: prima al Parlamento con ben due rinvii e poi alla Cassazione a cui ha, come richiesto il governo, restituito gli atti per una valutazione del decreto. Il nostro Paese continua ad essere sotto osservazione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa per il rispetto della sentenza pilota Viola contro Italia, patrocinata dall’avvocato Antonella Mascia e sostenuta con un amicus curiae anche da Nessuno tocchi Caino. Sentenza che ha sancito la violazione sistematica dell’articolo 3 della Convenzione connessa alla disciplina dell’articolo 4 bis e ha affermato il diritto alla speranza come diritto umano fondamentale. Poco è cambiato tramite decreto.

Certa retorica antimafia vorrebbe far credere che gli ostativi siano tutti come Totò Riina

Con l’ostativo alcuni continueranno ad uscire tramite la bara, altri – come Giovanni Presta per un furto di 200 euro – attraverso un tentativo di suicidio. Ora è in coma, ma secondo le notizie reperite dall’avvocato, rischia seriamente di non farcela. Potrebbe diventare il 74esimo suicido dall’inizio dell’anno. Da tenere bene in mente quando strumentalmente si usa una certa retorica antimafia facendo credere che gli ostativi siano tutti come Totò Riina.