L’esercizio dei diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione «consente al magistrato di manifestare legittimamente le proprie idee, anche di natura politica, a condizione che ciò avvenga con l’equilibrio e la misura che non possono non caratterizzare ogni suo comportamento di rilevanza pubblica». A metterlo "nero su bianco" sono le sezioni unite civili della Cassazione, "bocciando" il ricorso dell’ex giudice della Corte d’appello di Messina Angelo Giorgianni, contro la decisione della disciplinare del Csm di sospenderlo dalle funzioni e dallo stipendio dopo aver arringato la folla dal palco della manifestazione No Green pass a Roma, lo scorso 9 ottobre, La Suprema Corte ha condiviso dunque le conclusioni del "tribunale delle toghe" sulla «gravità dei fatti, tali da renderli incompatibili con l’esercizio delle funzioni». I magistrati, ricorda la Cassazione, citando anche pronunce della Corte costituzionale, «debbono godere degli stessi diritti di libertà garantiti ad ogni altro cittadino», ma al contempo, «le funzioni esercitate e la qualifica rivestita dai magistrati non sono indifferenti e prive di effetto per l’ordinamento costituzionale, al fine di stabilire i limiti che possono essere opposti all’esercizio di quei diritti. Tali limiti - si legge ancora nella sentenza depositata oggi dai giudici del "Palazzaccio" - sono giustificati sia dalla particolare qualità e delicatezza delle funzioni giudiziarie, sia dai principi costituzionali di indipendenza e imparzialità». Principi, questi, che «vanno tutelati - si ricorda nella sentenza - non solo con specifico riferimento all’esercizio delle funzioni giudiziarie, ma anche quali criteri ispiratori di regole deontologiche da osservarsi in ogni comportamento di rilievo pubblico, al fine di evitare che dell’indipendenza e imparzialità dei magistrati i cittadini possano fondatamente dubitare».