Passano gli anni, arrivano gli anniversari, fioriscono i convegni. Ma i Tar se li meritano tutti, a cinquant’anni della legge che li ha istituiti. Hanno segnato un cambio epocale. Raccontano i più anziani che le prime volte, quando arrivava un ricorso al Tar in un piccolo Comune che non ne aveva mai visti, perfino il parroco suonava le campane. Un compleanno importante. Ed è l’occasione per raccontare ai non “addetti ai lavori” che alcune cose sono diverse da come potrebbero sembrare.

1. I Tribunali amministrativi regionali non sono regionali

Sono stati una delle novità previste dalla Costituzione, come le Regioni. Sono stati poi attuati a molti anni di distanza, come le Regioni. Ma non c’entrano nulla. L’unico legame è il territorio: i Tar hanno sede in ogni Regione. E, dal territorio, il discorso può ampliarsi. Perché in realtà i Tar non solo sono nati tardi, ma si poteva far meglio. Sono stati inseriti in un sistema che aveva già più di un secolo di storia, ma senza un ridisegno complessivo. Quindi i Tar sono territoriali, e in ciò sta la loro importanza: nell’avvicinamento fisico della tutela a chi la deve chiedere. Ma il giudice d’appello – il Consiglio di Stato – non lo è. È rimasto dov’era (a Roma) e com’era (un organo con funzioni di “consulente” e non solo di giudice: un “hub” centrale di competenze fondamentali). Forse non si sarebbe mai partiti con i Tar se si fosse voluto rifare tutto, magari con un sistema di corti d’appello territoriali, eventualmente per macro-aree. Capisco: molto meglio essere partiti senza mettere troppo mano a un sistema secolare. Ma forse, passato mezzo secolo, ci si può pensare adesso. E poi: i Tar non sono tutti davvero territoriali. Il Tar Lazio non è come gli altri, ha una serie di competenze proprie, eterogenea ma ampia. Giusto o sbagliato, non è facile dire. Bisogna vedere competenza per competenza: ma perché sottrarre ai Tar locali le questioni che non hanno una dimensione nazionale? Ed è anche un problema di proporzione: quasi un terzo dei ricorsi di tutta Italia arriva al Tar Lazio.

2. I Tribunali amministrativi regionali non sono amministrativi

Si chiamano così, ma non nel senso che facciano parte dell’amministrazione, né che la aiutino. Servono a dare tutela a chi viene leso ingiustamente dal potere pubblico. E dunque servono alla legalità del sistema. In fin dei conti, servono alla stessa amministrazione; ma non per darle ragione…Capita, nei convegni di questo periodo, di sentirsi come alieni di fronte a interventi di amministratori pubblici anche importanti (e probabilmente bravi nel loro mestiere). Il senso è che bisogna preventivamente sedersi tutti attorno a un tavolo, compresi procuratori della Corte dei conti e presidenti Tar, insomma “tutte le amministrazioni coinvolte”, per decidere insieme di fare, come fare, e soprattutto di lasciar fare le opere considerate di interesse pubblico. Un mix imbarazzante di buone intenzioni e confusione sui ruoli: il giudice giudica dell’attività dell’amministrazione, non amministra insieme ad essa, a nessun livello.

3. Cosa giudicano i Tar

I Tar giudicano l’attività amministrativa. Il problema è come. Fino a che punto, cioè, può spingersi il giudice nel valutare un’attività amministrativa discrezionale? La risposta sta in un difetto dell’azione amministrativa che ha un nome un po’ datato: l’eccesso di potere. Ma è da sperare che sia un concetto in continua evoluzione. Insomma, la questione è di andare oltre la superficie. Nessuna amministrazione, neanche il più piccolo Comune, dimentica ormai di farti partecipare o di mettere delle formule motivazionali. Bene così: ma questo non deve precludere la tutela. Devi poterti rivolgere a un giudice che – in concreto – sappia capire quando la partecipazione è inutile in partenza, o quando le parole sono vuote. E poi c’è la questione degli interessi legittimi. I Tar decidono su quelli e non sui diritti soggettivi. Non si sa bene come distinguerli, intere biblioteche sono dedicate all’argomento. Sarebbe più semplice dire che il giudice amministrativo si occupa delle liti con le amministrazioni in certe materie (generalizzando i casi di “giurisdizione esclusiva”). Ma tant’è: nei limiti della sua giurisdizione, posso chiedere al Tar di annullare un atto amministrativo. Posso chiedergli anche il risarcimento del danno che ho subito? O devo chiederlo al giudice ordinario? Il contrasto sul punto – apertosi vent’anni fa – era giunto a un equilibrio complicato. Se ho subito un danno per un provvedimento sfavorevole, devo chiedere il risarcimento al giudice amministrativo. Se invece ho subito un danno per un provvedimento favorevole rivelatosi illegittimo, il risarcimento posso chiederlo solo al giudice ordinario. È però giusto di qualche giorno fa un trittico di sentenze dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (la 19, 20 e 21): in entrambi i casi si va avanti al giudice amministrativo. Una soluzione ragionevole e insieme una dichiarazione di guerra alla Cassazione. E dunque: la frontiera dei Tar è quella risarcitoria. Ma sono, i Tar, preparati e attrezzati per quantificare il danno?

4. I Tar devono esserci

Non è neppure il caso di soffermarsi sulle ricorrenti accuse ai Tar di bloccare le opere e diminuire il Pil (e sull’aspirazione – neanche tanto nascosta – a sopprimerli). I Tar sono previsti in Costituzione. Certo, cambiandola si possono sopprimere. Ma non si può eliminare un sistema di tutela nei confronti degli abusi del potere pubblico. Si può evitare che le sentenze dei Tar travolgano i contratti già firmati e le opere già iniziate. È quello che il legislatore sta cercando di fare. Però chissà se è un bene per il Pil: il ricorrente vittorioso, ma che non ottiene alcun risultato utile, deve pur essere risarcito. Un’ultima cosa. I Tar non solo devono esserci; devono essere raggiungibili. Pensare di abbatterne l’operatività con una barriera come il contributo unificato non è degno di un paese civile.

5. I Tar e i loro giudici

Un giudice, tanti giudici: c’è una distinzione interna alla magistratura amministrativa. I giudici di primo grado non sono come quelli di secondo. Sono diversi i modi di accesso e i regimi. E le funzioni: i giudici di secondo grado appartengono a un organo che ha anche compiti consultivi, e quindi hanno la possibilità di fare anche dell’altro. Tutto deriva da un retaggio storico. E dunque, per restare in quell’ambito sabaudo in cui ha avuto origine il Consiglio di Stato: fatto il giudice (come sistema di giustizia amministrativa), forse restano da fare i giudici (come magistratura amministrativa).

6. In conclusione

Mancherei di riconoscenza se non concludessi con gli auguri di buon compleanno. Davvero, con sincero affetto. È in realtà con i Tar che siamo nati anche noi, come avvocati che ci dedichiamo al diritto amministrativo, e che sentiamo il peso della situazione attuale, la responsabilità per le vertenze che seguiamo e per gli interessi pubblici con cui veniamo a contatto, ma un po’ anche l’orgoglio per ciò che facciamo. *Consigliere Unione nazionale avvocati amministrativisti