C'è un segreto dentro le nostre celle che nessuno ha voglia di raccontare. Un trucco contabile che permette di nascondere la verità sotto il tappeto della burocrazia ministeriale. E quando qualcuno prova a sollevare quel tappeto, come ha fatto Roberto Giachetti di Italia Viva con un'interrogazione parlamentare depositata martedì scorso alla Camera, emergono numeri allarmanti e silenzi che pesano come macigni.

La questione è apparentemente tecnica, ma nella sostanza è drammatica: il ministero della Giustizia, attraverso l'Applicativo Spazi/ Detenuti (A. s. d.), quello strumento informatico che dovrebbe monitorare in tempo reale quante persone ci sono in ogni cella e quanto spazio hanno a disposizione, starebbe compiendo una violazione sistematica della giurisprudenza. In pratica, quando conta i metri quadrati disponibili per ogni detenuto, non sottrae lo spazio occupato dai letti a castello e dagli altri arredi fissi. Un dettaglio? Tutt'altro.

Facciamo un esempio concreto, quello che Giachetti ha visto con i suoi occhi durante la visita a Regina Coeli del 12 agosto scorso insieme a Rita Bernardini di Nessuno tocchi Caino. Settima sezione: una cella di 9 metri quadrati che ospita stabilmente tre persone, rinchiuse per 23 ore al giorno. Secondo l'A. s. d., quei tre detenuti avrebbero ciascuno 3 metri quadrati a disposizione. Tutto regolare, dunque. Ma proviamo a fare il conto: sottraiamo il letto a castello i sanitari e gli armadi. Quanto spazio resta davvero per muoversi, per respirare, per esistere? La Cassazione, con la sentenza a Sezioni Unite 6551 del 2021, era stata chiarissima: dai 3 metri quadrati vanno detratti gli arredi tendenzialmente fissi al suolo, tra cui rientrano i letti a castello. E non è finita lì. Anche la recentissima sentenza 728 del 2025 della Sezione penale ha ribadito lo stesso principio: lo spazio vitale minimo non può includere l'area occupata dai letti, anche se amovibili e singoli. Eppure il Ministero, nella sua prassi quotidiana, continua imperterrito a contare tutto al lordo degli ingombri.

15MILA DETENUTI NEGLI SPAZI FANTASMA

Il risultato? Oltre 15.000 detenuti hanno oggi tra i 3 e i 4 metri quadrati al lordo degli arredi. Ma se togliessimo, come impone la legge, i letti e gli altri ingombri fissi, quanti di loro scenderebbero sotto la soglia minima dei 3 metri quadrati netti? Quanti starebbero vivendo, in questo preciso istante, in condizioni che violano l'articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, quella norma che vieta i trattamenti inumani e degradanti? Sono domande che non possono restare senza risposta. E infatti Giachetti, nella sua interrogazione, le pone nero su bianco al ministro della Giustizia. Prima di tutto chiede conferma: è vero o no che l'A. s. d. non considera lo spazio occupato dai letti e dagli altri arredi fissi? E se è vero, il governo intende finalmente assumere iniziative per riformare il sistema introducendo il necessario correttivo?

Ma l'interrogazione va oltre e punta il dito su un'altra anomalia che potrebbe apparire come omissione volontaria. L'articolo 35-ter dell'ordinamento penitenziario, introdotto nel 2014 dopo la condanna dell'Italia da parte della Corte europea dei diritti umani con la sentenza Torreggiani, prevede un rimedio per i detenuti che hanno subito trattamenti inumani e degradanti: un giorno di riduzione della pena ogni dieci di pregiudizio subito. Per chi ha già finito di scontare la pena o l'ha subito in custodia cautelare, c'è un risarcimento civile di 8 euro al giorno. Nel 2022 sono arrivate agli uffici di sorveglianza 7.643 istanze in base a questo articolo. Ne sono state decise 7.859 e 4.514, il 57,4 per cento, sono state accolte. Un dato significativo. Ma poi? Poi il buio. Dal 2023 ad oggi non ci sono più dati ufficiali. E anche sui risarcimenti civili richiesti ai tribunali ordinari, nessuna statistica disponibile dal 2018 al 2024.

Giachetti chiede al ministro di fornire questi numeri, anno per anno. Quante sono state le istanze presentate ex articolo 35- ter negli anni 2023 e 2024? Quante ne sono state accolte? E soprattutto: può dettagliare i dati per tribunale di sorveglianza e per istituto detentivo interessato? La richiesta di questo dettaglio non è capriccio statistico. C'è infatti un'altra stortura che emerge dal XIX rapporto di Antigone: una disomogeneità spaventosa nel tasso di accoglimento tra i diversi tribunali. Si va dall' 83,6 per cento di accoglimenti a Trento e dall' 82,3 per cento a Brescia al 27,2 per cento a Bologna o al 26,2 per cento a Roma. Tradotto: due detenuti che vivono la stessa identica condizione di sovraffollamento, la stessa violazione della dignità umana, possono avere esiti completamente opposti a seconda della geografia giudiziaria in cui si trovano. Uno ottiene il risarcimento, l'altro no. Uno vede ridotta la pena, l'altro resta in cella.

LA DISPARITÀ TERRITORIALE

È una lotteria dei diritti fondamentali che non può essere tollerata in uno Stato di diritto. E infatti Giachetti chiede se il governo intenda assumere iniziative di carattere normativo per eliminare questa disparità di trattamento tra detenuti che, pur subendo condizioni contrarie all'articolo 3 della Cedu, non possono accedere ai rimedi risarcitori perché si trovano in aree a bassissimo tasso di accoglimento. I numeri parlano chiaro: al 30 settembre 2025 negli istituti penitenziari risultano ristrette oltre 63.000 persone, a fronte di una capienza regolamentare effettiva di soli 46.700 posti. Sedici mila persone di troppo. Un sovraffollamento che supera il 135 per cento. Ma se il criterio di calcolo della capienza regolamentare è sbagliato, se viene applicato in violazione della giurisprudenza della Cassazione, allora il quadro reale è ancora più drammatico di quanto appare.

Quella di Giachetti non è la prima battaglia parlamentare contro l'emergenza carceraria. Il deputato di Italia Viva ha presentato diverse proposte di legge per affrontare il sovraffollamento, raccogliendo anche aperture inaspettate da parte del presidente del Senato Ignazio La Russa, uomo di punta di Fratelli D’Italia. Purtroppo apertura che non ha trovato sbocco. Ma questa interrogazione ha un sapore diverso. Non propone soluzioni, semplicemente chiede al governo di ammettere la verità. Di dire come stanno davvero le cose dentro le celle nostrane. Di fornire dati che inspiegabilmente vengono tenuti nascosti da anni.

La capienza regolamentare viene calcolata in base al decreto del ministero della Sanità del 5 luglio 1975: 9 metri quadrati per il primo detenuto e 5 metri quadrati per ciascuno dei successivi. Ma se da quegli spazi non si sottraggono i letti, i sanitari, gli armadi, come impone la Cassazione, quel calcolo diventa una farsa. Una finzione giuridica che permette di dire che tutto va bene quando invece tutto va malissimo. E mentre il Parlamento discute, mentre il governo non risponde, mentre i dati restano secretati, ogni giorno nelle celle del Belpaese ci sono esseri umani che vivono in condizioni che la stessa magistratura ha definito illegali. Persone che dormono in tre in 9 metri quadrati lordi, che forse sono 6 o 7 metri quadrati netti. Persone che non hanno lo spazio fisico per fare due passi, per stendere le braccia, per avere un minimo di privacy e dignità. La sentenza Torreggiani dell' 8 gennaio 2013 aveva condannato l'Italia per la violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani. Dodici anni dopo, siamo ancora qui. Con un sistema informatico che non fotografa la realtà per decreto, con dati che scompaiono nei cassetti ministeriali, con una disparità di trattamento tra detenuti che fa a pugni con il principio di uguaglianza. L'interrogazione di Giachetti, depositata martedì scorso, è un atto dovuto. È la richiesta di trasparenza che ogni cittadino, dentro o fuori dal carcere, ha diritto di pretendere. Ora tocca al ministro della Giustizia Nordio rispondere. E soprattutto tocca al governo decidere se vuole continuare a nascondere la testa sotto la sabbia o se è pronto ad affrontare una verità scomoda: le nostre carceri sono luoghi di tortura silenziosa, e lo Stato lo sa benissimo.