Non vi sarebbe alcun “attrito” fra i vari gruppi all'interno dell'Associazione nazionale magistrati a proposito delle critiche, rivolte la scorsa settimana dal Gruppo di lavoro anticorruzione dell’Ocse, ai giudici italiani che hanno gestito in questi anni i processi per corruzione internazionale e finti con delle assoluzioni. Vedasi Eni-Nigeria a Milano. Le considerazioni contenute nel rapporto Phase 4 dell’Ocse sono state stigmatizzate dalla giunta esecutiva centrale dell'Anm con un duro comunicato. Differentemente da quanto fatto dal presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia che, interpellato sul punto dal Foglio, aveva escluso qualsiasi intervento a tutela delle toghe italiane. «Per noi non si pone il problema di lesione dell'indipendenza dei giudici», erano state le parole di Santalucia in risposta al rapporto dell’Ocse. Di fatto un “fraintendimento” giornalistico in quanto la lesione dell’indipendenza del giudice ci sarebbe solo quando il processo è "in corso" e non con una sentenza definitiva.

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Tecnicismi a parte, tornado invece, alla nota della giunta esecutiva centrale dell’Anm, dopo aver premesso che qualsiasi analisi «non può, evidentemente, giovarsi della conoscenza di ponderosi, e spesso assai complessi, fascicoli processuali», non sarebbe corretto imputare «il numero, ritenuto eccessivo, di giudizi conclusi da pronunce assolutorie, e di imputare tale risultato anche ad una asserita incapacità di Tribunali e Corti». Nel report, in particolare, si invitava l'Italia a fornire «formazione e sensibilizzazione alle autorità giudiziarie sul trattamento delle prove circostanziali nei casi di corruzione all'estero». «Un giudizio – seppur formulato in un quadro di utili rilevazioni che confermano, ove mai ce ne fosse bisogno, quanto sia importante l’attività di monitoraggio svolta dai Gruppi di lavoro dell’Ocse – ingeneroso», aveva allora puntualizzato l’Anm, in quanto «appare come il frutto di una considerazione non approfondita della realtà giudiziaria italiana, che si qualifica nel contesto europeo per la spiccata professionalità di una magistratura formatasi a livelli molto alti nella acquisizione e nella valutazione della prova indiziaria, anche in forza del contrasto ai fenomeni di criminalità organizzata».

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Sempre per l’Anm, «gli approdi giurisprudenziali in tema di prova indiziaria sono il precipitato di decenni di esperienza applicativa, ispirata da principi di garanzia che appartengono alla nozione di giusto processo di derivazione sia costituzionale che convenzionale». In altre parole, «la capacità professionale dei magistrati, è appena il caso di ricordarlo, non si misura sui risultati di condanna ma sulla corretta e rigorosa applicazione delle regole dell’accertamento penale». Come sempre riportato dal Foglio, sarebbe stata la corrente di Magistratura indipendente ad ispirare una prese di posizione così netta. Circostanza anche questa smentita da ambienti della giunta esecutiva che descrivono un clima di fattiva collaborazione fra tutti i gruppi su queste tematiche. Al netto delle dichiarazioni “ufficiose”, il dato che emerge è quello di una Anm in grande affanno. Una prova di ciò è stata la presa di posizione di 26 procuratori generali che hanno deciso, senza consultare la propria associazione, di prendere carta e penna e scrivere al ministro della Giustizia Carlo Nordio affinché blocchi l’entrata in vigore della riforma Cartabia, evidentemente non ritenendo sufficiente l’attività posta in essere a tal proposito dall’Anm. Le numerose interviste che descrivono scenari a tinte fosche, ultima in ordine di tempo quella del procuratore di Bari Roberto Rossi ieri al Fatto, secondo cui la riforma Cartabia sarebbe una «tragedia» per le indagini in corso, soprattuto per mafia e terrorismo, “stridono” infatti con l’approccio avuto in questi mesi dall’Anm. Dietro le quinte ci sarebbe allora un riposizionamento interno all’Anm alla luce dei mutati equilibri, anche in considerazione del fatto che alcuni gruppi ora presenti nella giunta esecutiva per i prossimi quattro anni non saranno rappresentati all'interno del Csm. Lo scenario più probabile è quello di un rassemblement “moderato” con Magistratura indipendente a fare da apripista dopo aver cercato una sponda nelle toghe di Articolo 101, ora all’opposizione della giunta. Ovviamente una ipotesi, come quella di un cambio del vertice dell’associazione.