Il carcere, se lasciato a sé stesso, rischia di diventare «un’avanzata scuola del crimine, anziché luogo di rieducazione». A lanciare l’allarme è Fabio Pinelli, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, che in un’intervista a Repubblica sollecita una riflessione urgente e strutturata sul sistema penitenziario italiano.

«Dobbiamo raccogliere una grande sfida – afferma Pinelli – aprendo con lucidità, cautela ma anche coraggio una riflessione per evitare che il carcere perda la sua funzione costituzionale». L’intervento arriva in un momento di crescente attenzione sulla crisi delle carceri italiane, segnate da sovraffollamento cronico e da una persistente difficoltà nel garantire percorsi concreti di reinserimento.

«La situazione è drammatica e inaccettabile», continua Pinelli. «Viviamo ancora in una visione carcero-centrica, che verrebbe da definire medievale. Si pensa che la sola detenzione sia sufficiente alla rieducazione, ma i dati dimostrano il contrario».

I numeri citati dal vicepresidente del Csm parlano chiaro: il 69% di chi sconta interamente la pena in carcere torna a delinquere, mentre solo il 5% ricade nel crimine dopo un percorso lavorativo esterno e il 17% tra coloro che hanno beneficiato di misure alternative.

Di fronte a questi dati, Pinelli sostiene l’utilità dell’istituto della liberazione anticipata come strumento già esistente per alleggerire la pressione nelle carceri: «Comprendo le riserve su amnistia e indulto, ma la liberazione anticipata tutela la dignità dei detenuti. Va utilizzata senza ideologie».

La riflessione si allarga poi al ruolo del diritto penale, che – secondo Pinelli – andrebbe ridimensionato: «Abbiamo assistito a una moltiplicazione impressionante dei reati. Il diritto penale deve essere una extrema ratio, non un contenitore caotico e sovraccarico».

Infine, un passaggio sulla separazione delle carriere: «Ci sono profili problematici, su cui sarà necessario tornare a riflettere», sottolinea, lasciando intendere che anche su questo versante la riforma della giustizia dovrà affrontare nodi delicati e tutt’altro che risolti.