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La Corte europea di Strasburgo ha dichiarato ricevibile il ricorso di Natale Dantese, recluso al 41 bis, che si è visto ledere il diritto allo studio. Secondo la difesa, rappresentata dall’avvocato Vinicio Viol del foro di Roma, considerate le rigide modalità dei colloqui visivi con vetro divisorio e registrazione audio- video e tenuto conto dell’utilizzo consolidato di video conferenza anche a mezzo Skype per le udienze con la partecipazione dei detenuti sottoposti al 41 bis, vietare a Dantese di incontrarsi con un insegnante- tutor appare una misura ingiustificata e lesiva del suo diritto allo studio e alla formazione.
Andiamo con ordine. Avendo il diploma di licenza media, il detenuto recluso al 41 bis ha maturato la decisione di proseguire gli studi, iscrivendosi alla scuola secondaria superiore. A tal fine ha chiesto alla Direzione del carcere de l’Aquila di avere i libri di testo necessari e, inoltre, di avere l‘ ausilio di un insegnante all'interno del carcere; infine, dato lo stato di accertata indigenza del detenuto, egli ha chiesto la possibilità di una fornitura gratuita dei libri di testo scolastici da parte dell'amministrazione penitenziaria. Quest’ultima ha disatteso entrambe le richieste, sostenendo che la fornitura dei testi a spese dello Stato per i detenuti indigenti non è prevista, mentre per la seconda richiesta essa non può essere accolta poiché le restrizioni imposte dal regime differenziato non consentono l'ingresso e l‘ incontro dei detenuti con insegnanti esterni, neanche nelle forme del video-collegamento.
Dantese - tramite l’avvocato Viol - ha presentato tempestiva istanza al Magistrato di Sorveglianza di L'Aquila, con la quale ha chiesto l’autorizzazione all'iscrizione scolastica, la fornitura dei testi scolastici necessari, di consentire l’accesso al carcere a un insegnante due volte alla settimana per almeno due ore affinché il detenuto possa essere sostenuto nella didattica; in alternativa ha chiesto di collegarsi attraverso Skype, con un insegnate per almeno due volte la settimana per due ore consecutive. Niente da fare. Il magistrato ha rigettato l'istanza precisando che Dantese poteva liberamente iscriversi presso un istituto vicino al luogo di detenzione e che il 41 bis è incompatibile con la possibilità di far entrare in carcere un insegnate o consentire il collegamento tramite Skype. Avverso al rigetto, il ricorrente, attraverso i suoi difensori, ha presentato reclamo al tribunale. Rigettato anche quello ponendosi sostanzialmente sullo stesso solco del Magistrato di Sorveglianza. Non è rimasto che fare quindi ricorso in Cassazione. Quest’ultima lo ha però dichiarato inammissibile, sottolineando che il diritto allo studio resta, in ogni caso, tutelato, seppure con le inevitabili limitazioni giustificate dal particolare regime del 41 bis cui egli è sottoposto, e che attengono esclusivamente a determinate modalità di esercizio del diritto stesso.
L’avvocato Vinicio Viol ha fatto quindi ricorso alla Cedu, evidenziando che il diniego opposto a Dantese, relativamente alla possibilità di incontrare un insegnante/ tutor durante l’anno scolastico, ha violato l'art. 2 Protocollo Addizionale della Convenzione, che garantisce il diritto all'istruzione, oltre ad essersi tradotto in una violazione degli articoli 3 e 14 della Convenzione europea stessa.
La difesa sottolinea che il detenuto, in virtù della sua sottoposizione al regime del 41 bis, viene sostanzialmente abbandonato a sé stesso nell'intero arco del ciclo scolastico di 5 anni, avendo la possibilità di incontrare gli insegnanti solo in occasione degli esami di fine anno e trovandosi, pertanto, a dover studiare da autodidatta libri di testo difficili che normalmente richiederebbero l'ausilio, se non quotidiano, ma almeno costante, di un insegnante o di un tutor. In sostanza, la difesa argomenta che il percorso per conseguire il diploma della scuola secondaria «necessita di un confronto continuo, lezioni e verifiche; un alunno delle superiori - a differenza di uno studente universitario - non ha infatti competenze e maturità scolastica tali da consentirgli di arrivare al diploma da autodidatta e in uno stato di completa solitudine».
Viene evidenziato che il carcere de L'Aquila, inoltre, è già attrezzato, come tutti gli istituti penitenziari che ospitano la sezione 41 bis, quindi viene garantita la sicurezza che richiede il carcere duro. In più c’è la piattaforma Skype, sistema già utilizzati dai detenuti al 41 bis e dunque validati e considerati sicuro dal Dap. Per la difesa, il divieto nei confronti di Dantese si traduce in un «trattamento degradante che viola l'articolo 3 della Cedu, poiché il ricorrente, già molto limitato in relazione alle attività che può svolgere proprio in ragione del regime differenziato, si vede sminuire un percorso di studi che certamente invece lo potrebbe aiutare nel percorso rieducativo». Come detto, la Corte Europea ha dichiarato ricevibile il ricorso. Ora si attende la pronuncia.