Il Covid in carcere ha contagiato centinaia e centinaia di detenuti, in alcune carceri ci sono focolai importanti che destano preoccupazione. Secondo gli ultimi dati, oramai risalenti a una settimana fa, risultano 537 detenuti e 728 agenti penitenziari positivi. Ma sono numeri che ovviamente sono nel frattempo lievitati, così come d’altronde accade nel mondo fuori le sbarre. Tanti sono i detenuti anziani e con patologie pregresse dove il virus può essere letale. Di fatto, alcuni sono finiti in terapia intensiva, e riguardano anche i reclusi al 41 bis del carcere milanese di Opera. Dato, quest’ultimo ancora non reso noto dal Dap, ma che Il Dubbio ha potuto rivelare grazie alle testimonianze dei familiari. Da quattro detenuti che il giornale ha segnalato, ad oggi – secondo fonti penitenziarie – risulterebbero ben sei i reclusi positivi al carcere duro di Opera. Il Dap ha disposto un monitoraggio dei contagi Alcuni sindacati di polizia penitenziaria parlano, a torto, di mancate indicazioni circa il monitoraggio dei detenuti positivi al Covid in carcere . In realtà il Dap, con una circolare del 10 novembre, ha disposto un monitoraggio di casi di Covid in carcere e nuove misure da adottare. Attenzione, nessun cenno per le misure alternative nei confronti delle persone più vulnerabile, ma tutte disposizioni che rimangono dentro il perimetro penitenziario. Chiedere di segnalare alle autorità giudiziaria i casi più a rischio oramai è tabù. Tutti dentro il carcere, senza sé e senza ma. Sovraffollamento: Rita Bernardini ha iniziato lo sciopero della fame La cultura carcerocentrica oramai è diventata una sovrastruttura materiale e mentale. Ma a tentare di scalfirla è ancora una volta il Partito Radicale attraverso Rita Bernardini che da alcuni giorni è in sciopero della fame per imbastire un dialogo con il governo. «Amnistia, indulto, liberazione anticipata speciale, modifica del decreto Ristori, qualcosa deve essere fatto per ridurre la popolazione carceraria», chiede con forza la presidente Nessuno Tocchi Caino. Il piano del Dap per tre tipologie di persone Ma com’è detto, l’unico interesse – seppur importante – è quello di adottare misure tutte confinate all’interno del carcere. Quali? Il Dap ordina un piano di intervento che preveda l’individuazione, in ogni carcere, luoghi adeguati all’assegnazione delle tre tipologie di soggetti che devono essere necessariamente separati tra loro e dalla rimanente comunità penitenziaria: i detenuti posti in isolamento precauzionale poiché provenienti dalla libertà, da altro istituto, da pronto soccorso o da ricovero ospedaliero; detenuti posti in isolamento poiché contatti stretti di soggetti risultati positivi al test sars- cov-2; detenuti in isolamento positivi al test, anche diversificando, ove e utile e possibile, le soluzioni per gli asintomatici e i paucisintomatici, da un lato, e per i sintomatici, dall’altro.Poi il Dap chiede che nei centri clinici delle carceri si dispongano di specifiche sezioni detentive per assegnare temporaneamente i detenuti positivi per accertamenti controllo. Anche qui, però, sembrerebbe che nei centri clinici (Sai) ci siano spazi per tali soggetti, ma uno dei problemi più grandi è proprio il discorso dei tanti detenuti con gravi patologie, anche tumorali, che sono nei pochi centri clinici. La difficile situazione del carcere di Parma Basti pensare quello del carcere di Parma, ad alta complessità sanitaria. Altra disposizione riguardano altre misure finalizzate a prevenire che i focolai nelle carceri si estendano. Come? A seconda della soglia del contagio (tre soglie, dipende dalla percentuale di positivi) si dispongono misure di isolamento e sospensione di ogni attività in attesa dei tamponi, di coloro che con primi abbiano avuto “contatti stretti”. Per tutto il resto, quindi per tutti i detenuti ristretti nella medesima sezione detentiva (salvo se non si trattino di sezioni ove vi siano verificati casi sospetti) verranno garantite la socialità e attività in sicurezza. Per ogni cella, secondo quanto disposto dal Dap, dovrà essere assicurata per ciascun detenuto la possibilità di igienizzare le mani al momento dell’ingresso e uscita. Oltre all’obbligo di mascherina quando si sta in spazi comuni. Altra misura è quella di limitare il più possibile i trasferimenti dei detenuti da un carcere all’altro. Tutte misure importanti per il Covid in carcere, ma a causa della mancanza di spazi adeguati nelle carceri e centri clinici già affollati di malati, il rischio è che difficilmente potranno essere messe in pratica. Forse la nota circolare di marzo, revocata a causa delle polemiche, potrebbe essere l’unica speranza per evitare l’irreparabile. Oppure, ancora una volta, rimane che affidarsi alla fortuna.