Pescarese, classe ‘67, Alfredo Cospito è il primo caso anarchico a varcare la soglia del 41 bis, una disposizione introdotta nell'ordinamento penitenziario italiano con una legge nel 1986 in funzione di lotta e contrasto alle mafie come misura emergenziale, ma poi resa “ordinaria”.

Da ottobre scorso è in sciopero della fame. L'obiettivo dichiarato è l'abolizione del 41 bis, in generale, e non solo per ciò che lo riguarda. Dopo sei anni in regime di alta sicurezza, lo scorso maggio Cospito ha conosciuto il carcere duro, nell’istituto Bancali di Sassari, così come stabilito da un decreto del ministero della Giustizia, firmato dall’ex guardasigilli Marta Cartabia, secondo il quale Cospito, comunicando con l'esterno, manterrebbe i legami con il gruppo anarchico di riferimento e inciterebbe alla lotta armata. Una decisione motivata sulla base degli scambi epistolari avvenuti, negli anni della detenzione, con altri anarchici e sulla base di articoli che Cospito ha pubblicato su riviste di settore.

Scritti politici non segreti, non “pizzini”, ma riflessioni rese pubbliche sui giornali anarchici e siti on line. Come scrive l’avvocato di Cospito, Flavio Rossi Albertini, nel suo articolato e argomentato ricorso, il 41 bis nasce per impedire i collegamenti tra il detenuto e l’associazione criminale di appartenenza, mentre nel caso specifico, la ministra «ha inteso perseguire la finalità di interrompere e impedire al Cospito di continuare a esternare il proprio pensiero politico, attività, tra l’altro, pubblica, pertanto né occulta né segreta; destinata non agli associati, bensì ai soggetti gravitanti nella galassia anarchica; e che, secondo quanto espressamente ritenuto dal Tribunale del Riesame di Perugia, si risolve, al più, in una propaganda sovversiva violenta, che il legislatore ha comunque considerato non più punibile».

Nordio può revocare il 41bis?

A meno di colpi di scena, ora bisognerà attendere fino al 7 marzo per sapere se ad Alfredo Cospito sarà revocata la misura. La Cassazione ha infatti anticipato a marzo l'udienza fissata in un primo momento al 20 aprile, accogliendo così la richiesta presentata dal legale dell'anarchico, l'avvocato Flavio Rossi Albertini. Dopo aver disposto il trasferimento nel carcere Opera di Milano, il ministro Carlo Nordio ha garantito una decisione al più presto, non prima di “un maturato studio della situazione giuridica”. Il guardasigilli si baserà sui pareri delle autorità giudiziarie competenti. Quello della Procura nazionale antiterrorismo è già arrivato in via Arenula, ma mancano ancora quello del giudice di sorveglianza e del pm che segue il processo che pende davanti alla corte di Cassazione ed è stato sospeso, ai quali si è aggiunto anche quello del Procuratore generale di Torino Francesco Saluzzo, che ha chiesto di essere ascoltato da Nordio.

La storia processuale

Cospito è detenuto da oltre 10 anni nel carcere di Bancali, a Sassari, per aver gambizzato l'ad di Ansaldo nucleare Roberto Adinolfi. Il gesto è stato rivendicato dalla sigla Nucleo Olga Fai-Fri, Federazione anarchica informale-Fronte rivoluzionario internazionale. Cospito è in carcere anche per un altro attentato: è accusato di aver piazzato due ordigni a basso potenziale nei pressi della Scuola allievi carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo, nella notte tra il 2 e il 3 giugno del 2006. L'esplosione dei due ordigni non causò vittime.

I magistrati di Torino hanno ritenuto che, attraverso lo scambio epistolare, Cospito mantenesse i legami con l'organizzazione di riferimento. Successivamente, i pm di Torino hanno avviato un'indagine che ha portato a un procedimento nei confronti degli appartenenti alla Fai per i reati compiuti tra il 2003 e il 2006. Cospito è stato identificato quale "capo e organizzatore di un'associazione con finalità di terrorismo" e condannato a 20 anni di reclusione in primo e secondo grado per strage contro la pubblica incolumità. Lo scorso mese di luglio, la Cassazione ha riformulato le accuse nei suoi confronti: strage contro la sicurezza dello Stato, che prevede l’ergastolo ostativo. Si tratta del reato più grave del nostro ordinamento che non è stato nemmeno applicato per le stragi di Capaci e Via D’Amelio.