È arrivato il primo regolamento organico sulle case di accoglienza per i detenuti senza fissa dimora. Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, lunedì scorso, il ministero della Giustizia ha reso operativo il D. M. 24 luglio 2025, n. 128. Il provvedimento introduce criteri uniformi per iscrizione, vigilanza, accesso e sostenibilità economica delle strutture destinate ai detenuti più vulnerabili: coloro che, non avendo un domicilio, non possono accedere alle misure alternative.

Si tratta di un passaggio atteso da tempo. Il decreto attua l’articolo 8 del decreto- legge 92/ 2024 e punta a mettere ordine in un settore finora lasciato alla buona volontà di enti locali e associazioni. È previsto un elenco nazionale delle strutture, articolato in sezioni regionali, gestito dal Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità. Le domande di iscrizione dovranno rispettare modelli standard pubblicati dal Ministero, corredati da dichiarazioni sostitutive sui requisiti. La decisione finale spetterà alla Direzione generale per la giustizia di comunità, sentito il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

Il decreto stabilisce anche chi potrà gestire le strutture: enti pubblici, enti locali, organizzazioni del terzo settore registrate, strutture del servizio sanitario o forme associate tra questi soggetti. Restano esclusi amministratori e soci con condanne definitive per reati non colposi o destinatari di misure interdittive. L’iscrizione non basta: è prevista una vigilanza serrata, con controlli periodici e poteri di sospensione o cancellazione. L’aspetto più concreto riguarda i requisiti strutturali e i servizi minimi: ambienti idonei dal punto di vista abitativo e igienico, assistenza di base, programmi di reinserimento socio- lavorativo, locali per attività comuni, lavanderia e spazi accessibili a persone con disabilità. L’allegato tecnico richiama i parametri del D. M. 308/ 2001 sulla solidarietà sociale, con prescrizioni puntuali sulla capacità ricettiva e sui rapporti tra servizi e ospiti.

Sul piano economico, l’Amministrazione potrà coprire le spese solo nei casi di reale bisogno, individuati sulla base di criteri di reddito e condizioni sociali. La permanenza sarà comunque limitata ( massimo otto mesi) e vincolata alle disponibilità finanziarie. I rimborsi giornalieri saranno stabiliti da un successivo decreto ministeriale. Non viene azzerato quanto già fatto dalle Regioni: le strutture autorizzate o accreditate potranno essere riconosciute idonee se conformi ai nuovi requisiti.

Entro 90 giorni dovrà essere adottato un decreto direttoriale sulle regole di trattamento dei dati, mentre i modelli di verbale per i controlli saranno pronti entro 60 giorni. L’entrata in vigore è immediata. Il programma prevede uno stanziamento annuo di 7 milioni di euro, ripartiti tra gli Uffici interdistrettuali di esecuzione penale esterna ( Uepe). Se le domande supereranno le risorse disponibili, la priorità sarà data alle strutture con programmi di reinserimento più efficaci e risultati documentati.

La novità è significativa: per la prima volta si interviene in modo organico su un tema rimasto nell’ombra dopo la mancata attuazione della “riforma Orlando”. Resta però il nodo decisivo: trasformare articoli e allegati in opportunità concrete per chi è senza fissa dimora. I detenuti più emarginati hanno ora uno strumento in più per esercitare un diritto finora negato dalla loro condizione economica. Ma la posta in gioco sarà la sua applicazione: se gli atti attuativi tardano, se le tariffe non coprono costi reali e se non arrivano risorse per la vigilanza, il regolamento rischia di restare una buona intenzione burocratica.

Per i detenuti senza dimora, per gli operatori e per i Comuni la differenza la farà la capacità di tradurre le norme in posti veri, servizi reali e percorsi di lavoro. Le case di accoglienza rappresentano un anello di congiunzione essenziale, ma la vera umanizzazione della pena richiede riforme più profonde, capaci di incidere sulla qualità della vita detentiva, sull’accesso alle misure alternative e sulla riduzione della popolazione carceraria.