Che ci siano forti tensioni nelle carceri come denunciano i sindacati di polizia penitenziaria è indubbio, ma non è un problema che spunta fuori con l’insediamento del nuovo capo del Dap Carlo Renoldi. Da ricordare che in queste stesse pagine da tempo è stato fatto emergere i problemi, gravi, che si ritrovano ad affrontare gli operatori penitenziari.

Alcuni sindacati chiedono da tempo un decreto urgente

Ecco perché, come d’altronde hanno chiesto alcuni sindacati, come quelli della Uilpa per voce di Gennarino De Fazio, con forza almeno un decreto carcere urgente per calmierare subito il problema. Anche per Massimo Vespia, segretario generale della Fns Cisl, è «indubbio che le strutture siano insufficienti, che gli spazi costringano a pericolose promiscuità di convivenza una popolazione detenuta sempre più insofferente anch’essa di questa condizione. Ma il problema non può e non deve essere confinato solo dentro le mura degli istituti penitenziari: dignità e sicurezza sono valori unici che valgono fuori dalle carceri come al loro interno. Siamo stanchi di urlare e protestare solo con l’Amministrazione penitenziaria, che, come i suoi dipendenti, come i poliziotti penitenziari, è probabilmente vittima del totale disinteresse della politica, delle Istituzioni e dei media». Le riforme, doverose, sono a lungo termine e a causa dell’instabilità politica rischiano sempre di non arrivare a buon fine. Il rischio è che si rimandi sempre il problema.

Renoldi: «Stiamo attuando una pluralità di interventi a tutela del nostro Corpo»

«Troppe sono le aggressioni subite dai nostri agenti, il Dipartimento ne è consapevole. Ciascuna è per me motivo di dolore. Stiamo attuando una pluralità di interventi a tutela del nostro Corpo e per migliorare la qualità complessiva della vita nei nostri istituti», ha commentato il capo del Dap Renoldi all’indomani di una brutale aggressione nei confronti di quattro agenti da parte di alcuni detenuti nel carcere siciliano di Noto.

Le aggressioni nei confronti degli agenti, ma anche tra detenuti

Ma le aggressioni avvengono anche tra detenuti. Graziano Piana è un detenuto del carcere sardo di Bancali ferito gravemente in cella da un altro recluso che lo aveva colpito con violenza alla testa con uno sgabello prima di essere bloccato dagli agenti della polizia penitenziaria. È accaduto martedì scorso, ed è deceduto il giorno dopo nel reparto di Rianimazione del “Santissima Annunziata” dove era ricoverato nella notte. Purtroppo non è un caso unico, ma sono gravi tragedie avvenute anche negli anni passati.

Le critiche strumentali a Renoldi di alcune sigle sindacali

Appaiono strumentali alcune critiche mosse da sigle sindacali da sempre vicine a posizioni politiche che guardano in maniera esclusivamente punitiva all’universo carcerario. Ricordiamo che, come ha già riportato Il Dubbio, il capo del Dap ha annunciato tramite una circolare l’intenzione di costituire un sistema di raccolta ed elaborazione dei dati relativi che consenta, al di là della semplice registrazione degli episodi, uno studio puntuale e utile per la definizione della strategia da porre in essere. Un percorso che, con i dovuti confronti interni ed esterni, secondo il dipartimento deve essere tracciato secondo le seguenti direttrici: individuare le Direzioni maggiormente colpite dal fenomeno; analizzare, con il coinvolgimento dei Provveditori e dei Direttori, le cause e le possibili soluzioni; varare un programma di addestramento che aiuti il Personale, prioritariamente in ordine di incidenza del fenomeno, a evitare di correre rischi nel corso degli inevitabili contatti professionali con la popolazione detenuta; dotare il Personale delle attrezzature fondamentali per operare in sicurezza quando si deve intervenire per bloccare soggetti che si sono resi responsabili di azioni violente, magari compiute con strumenti rudimentali atti a offendere (si vuole ricordare che sono ormai prossime all’acquisizione, a conclusione delle relative gare, diverse forniture di materiale, tra le quali 20.000 guanti antitaglio, 8.500 caschi antisommossa, 2.000 sfollagente e 2.000 kit antisommossa). Tali attrezzature, una volta acquisite, saranno assegnate, in maniera calibrata, a tutti gli Istituti penitenziari. Non solo. Altra direttiva è quella di garantire un addestramento all’uso delle dotazioni in parola, direttamente nelle sedi, il quale dovrà essere accompagnato da un forte investimento sulla formazione, che intendiamo realizzare attraverso la previsione di protocolli operativi nella gestione degli eventi critici, che sappiano offrire agli operatori adeguate coordinate circa il ricorso a tecniche di negoziazione e sull’uso legittimo della forza. La nota circolare specifica che quanto illustrato è, evidentemente, parte di una programmazione degli Istituti che il Dap vuole portare avanti e che Renoldi intende rappresentare alle Organizzazioni sindacali per aprire una stagione di lavoro congiunto e partecipativo sulla qualità della vita e dell’ambiente lavorativo nelle carceri. Ma basterà? No, ma è quello che rientra nel campo del Dap. Per quanto riguarda una riforma complessiva sul sistema penitenziario che garantisca anche una più possibile serenità attraverso la riduzione della popolazione penitenziaria e l’umanizzazione dell’ambiente carcerario (e ciò si ripercuote anche sulla qualità di vita lavorativa della polizia penitenziaria come ben evidenzia la relazione della commissione Marco Ruotolo), quello è compito della politica. Ma reclamare più durezza, inasprimento della pena, sbattere le persone in cella e buttare via la chiave, vuol dire fare tanti passi indietro che ci riporta a una situazione che sfociò nella sentenza pilota Torregiani. Assecondare tutto ciò come fanno taluni partiti pronti a governare il Paese, non rende giustizia nemmeno agli operatori penitenziari stessi.