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RITA BERNARDINI NESSUNO TOCCHI CAINO
È passata quasi già una settimana. La mezzanotte di domenica scorsa, il 15 giugno, ha sancito l’ennesima azione nonviolenta di RitaBernardini, presidente di Nessuno Tocchi Caino, che ha ripreso lo sciopero della fame in segno di sfida al Parlamento: approvare prima della pausa estiva una legge seria per far calare il tasso di sovraffollamento nelle carceri. Perché di crisi si tratta, di un’emergenza che sommerge ogni torpore istituzionale.
Il Garante Nazionale delle persone private della libertà parlava chiaro già il 30 maggio 2025: indice medio nazionale di affollamento al 134,9 per cento, con picchi che toccano e superano il 200 per cento in alcuni penitenziari. Su 189 istituti penitenziari, ben 157 (l’ 83 per cento) vedono un numero di detenuti oltre il consentito; in 63 casi (33 per cento) l’indice è pari o superiore al 150 per cento. Eppure, lo scudo legislativo invocato un anno fa non è servito.
Il decreto- legge n. 92 del 4 luglio 2024 – convertito in legge l’ 8 agosto con il numero 112 – doveva tamponare la voragine. E la proposta di legge Roberto Giachetti/ Nessuno tocchi Caino – pensata per concedere una liberazione anticipata speciale – era stata sospesa in Aula con la scusa che il decreto avrebbe risolto tutto. Oggi sappiamo che non solo non ha risolto nulla, ma la voragine si è fatta più profonda.
Al 30 giugno 2024 i detenuti erano 61.480, mentre il conteggio del 31 maggio 2025 sale a 62.761. I posti regolamentari, però, sono rimasti praticamente bloccati: 51.241 lo scorso anno, 51.296 quest’anno; e di questi ben 4.579 sono inagibili. Significa che giornate intere si susseguono fra celle gocciolanti, corridoi invasi e spazi comuni che diventano prigione anch’essi. Un sovraffollamento così marcato, unito alla carenza cronica di personale, genera condanne indirette: sistematici “trattamenti inumani e degradanti”, certificati almeno 5.000 volte l’anno dai giudici di sorveglianza. Sono tanti i detenuti risarciti per violazioni dell’articolo 35ter dell’Ordinamento penitenziario.
Mancano all’appello 6.000 agenti secondo la pianta organica del ministro della Giustizia Nordio. Mancano anche educatori, direttori, assistenti sociali, mediatori culturali, magistrati di sorveglianza, personale amministrativo, medici – in particolare psichiatri –, infermieri, operatori sanitari. Nel 2024 abbiamo toccato il record di suicidi in cella; e oggi, mentre l’estate arroventa le piazze, registriamo già 37 vittime per mano propria e 81 decessi per altre cause.
La proposta di legge sulla liberazione anticipata speciale è ritornata a farsi sentire, grazie alla sponda del presidente del Senato Ignazio La Russa e del vicepresidente del Csm Fabio Pinelli. Significa concedere a chi in carcere ha tenuto una condotta irreprensibile di tornare a casa qualche mese prima. Un modello già collaudato fra fine 2013 e inizio 2014, quando la Guardasigilli Annamaria Cancellieri rispose alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo per violazione dell’articolo 3 della Cedu.
«Uno Stato che vuole farsi rispettare deve dimostrare di saper rispettare la Costituzione e le Convenzioni internazionali sui diritti umani» – spiega Bernardini. Il suo sciopero della fame non è un gesto estremo fine a se stesso, ma un’esortazione a chi continua a far finta di non vedere questa mortificazione permanente dello Stato di diritto. «Non vi piace la proposta Giachetti/ NtC? Rifategli il nome, cambiate paternità, ma agite».
Eppure, serve un colpo più forte: un indulto ben calibrato, ma anche un’amnistia, opzioni che un tempo facevano sorridere i più oltranzisti. E invece, oggi, perfino chi derideva gli scioperi di Marco Pannella parla di “amnistia per la Repubblica”. Lo ha ripetuto con forza Tullio Padovani, accademico dei Lincei: «Per il bene della Patria tutte le forze politiche riconoscano la loro responsabilità in questa condizione indegna e approvino un indulto articolato, così da ridurre davvero la popolazione carceraria. Prima che le carceri diventino una discarica di corpi ammassati». Si può fare, senza intoppi tecnici, oggi stesso. E deve essere fatto, ora. Per evitare che il nostro sistema penitenziario resti un monumento alla fallimentare rinuncia al rispetto della persona.