È morto suicida nel carcere di Messina Stefano Argentino, il 27enne accusato dell’omicidio della compagna di università, Sara Campanella. Un epilogo definito «drammatico ma purtroppo prevedibile» dal sindacato di polizia penitenziaria SPP, che denuncia ancora una volta la totale inadeguatezza del sistema penitenziario nella prevenzione del rischio suicidario.

Argentino si è tolto la vita nel pomeriggio del 7 agosto. Era detenuto per l’uccisione della giovane Sara, accoltellata a fine marzo a Messina, un omicidio che lo stesso Argentino aveva confessato subito dopo. L'udienza del rito abbreviato era fissata per il 10 settembre. Fin dai primi giorni di custodia cautelare il giovane aveva manifestato ideazioni suicidarie, ma secondo il SPP non sarebbe stato sottoposto a un adeguato monitoraggio psicologico.

«Non è la prima volta che succede, e purtroppo non sarà l’ultima» ha affermato Aldo Di Giacomo, segretario del sindacato. «I primi giorni di detenzione sono i più a rischio, soprattutto per giovani alla prima esperienza carceraria accusati di reati di sangue. Ma nulla si fa per prevenirli: medici e psicologi scarseggiano, i fondi sono insufficienti, e le task force istituite dal Ministero si rivelano ogni volta solo operazioni di facciata».

Quello di Argentino è il 51° suicidio nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno, con una media di un caso ogni quattro giorni. A questi si aggiungono almeno 99 decessi per “altre cause”, di cui una trentina in circostanze assimilabili ad atti autolesionistici.

Durissimo anche il commento dell’avvocato Giuseppe Cultrera, difensore del giovane, che si è recato immediatamente dalla famiglia dopo aver appreso la notizia: «Avevo chiesto una perizia psichiatrica, ma il gip l’ha negata. Lo Stato ha ignorato il disagio evidente di un ragazzo fragile. Questa tragedia poteva essere evitata».

Secondo il legale, ora le due famiglie – quella della vittima e quella del presunto autore – sono unite da un dolore «immane», causato anche dall’inerzia delle istituzioni. «L’unico abbraccio possibile è quello del silenzio», ha concluso Cultrera.