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I legali dei sei attivisti detenuti da due mesi a Novi Sad, in Serbia, hanno confermato che la detenzione dei loro assistiti è stata prorogata di altri 30 giorni con l’accusa di aver pianificato atti contro l’ordine costituzionale e la sicurezza dello Stato.
Tuttavia, la gestione dei ricorsi ha sollevato forte preoccupazione. Le Corti d’Appello e Superiore di Novi Sad, da sei giorni bloccate dalle proteste studentesche, hanno dichiarato di non poter procedere alla valutazione degli appelli difensivi. Il motivo? I ricorsi inviati telematicamente sarebbero considerati “non inviati” perché, a causa del blocco, non è stata emessa la ricevuta di ricezione, considerata requisito essenziale per la protocollazione.
«Un ricorso elettronico si considera ricevuto solo se l’appellante ottiene conferma dal sistema. Poiché l’amministrazione non ha potuto processare tali notifiche per via del blocco, i ricorsi non risultano formalmente inoltrati», hanno spiegato le corti in una nota congiunta.
Nella mattinata di oggi, gli studenti hanno sospeso temporaneamente il presidio, consentendo l’accesso al personale giudiziario fino alle ore 11, per permettere la trattazione dei casi urgenti. Dopo tale orario, il blocco è ripreso.
Le prossime settimane saranno decisive per comprendere se le richieste di rilascio e il rispetto del diritto alla difesa troveranno risposte nelle aule giudiziarie o continueranno a essere ostacolate dalla paralisi istituzionale.