Il grande debutto annunciato per il “primo avvocato robot al mondo” di DoNotPay non sarà poi così grande. Anzi, non ci sarà affatto: la startup americana avrebbe deciso di annullare la prima udienza prevista per il 22 febbraio, perché i procuratori dello Stato della California si sarebbero opposti all'ingresso dell'intelligenza artificiale minacciando di denunciare l’azienda. 

A raccontarlo è il Ceo e fondatore Joshua Browder, che avrebbe rischiato fino a sei mesi di carcere. Sua l’idea alla base dell'intelligenza artificiale esperta di legge: dopo essersi ritrovato con una pila di biglietti del parcheggio universitario di Stanford che non poteva permettersi di pagare, è diventato un esperto in scappatoie per evitare di pagarle. Come ha dichiarato a Usa Today, Browder crede fermamente che il robot sia particolarmente utile in materia legale ed ha sottolineato come la tecnologia GPT (Generative Pre-trained Transformer) abbia un potenziale senza precedenti per questo tipo di applicazioni. “Faremo la storia – aveva spiegato alla stampa - DoNotPay AI sussurrerà all’orecchio di qualcuno esattamente cosa dire. Pubblicheremo i risultati e condivideremo di più dopo che accadrà”.

Ma le cose non sono andate esattamente così. “La minaccia penale è stata sufficiente per rinunciare”, spiega ancora Browder. Ma le avvisaglie c’erano già state al momento del lancio. Per Browder, infatti, l’obiettivo finale è quello di “democratizzare” la rappresentanza legale rendendola gratuita per coloro che non possono permettersela, in alcuni casi eliminando la necessità della consulenza legale. Ma quando ha annunciato l’arrivo del robot DoNotPay su Twitter, si è reso conto che in tanti non avrebbero sostenuto il progetto. Tenuto conto anche in molti tribunali la tecnologia è illegale. Alcuni stati richiedono che tutte le parti acconsentano ad essere registrate, il che esclude la possibilità che un avvocato robot entri in aula. E alla fine dei 300 casi di DoNotPay considerati validi per un avvocato robot, solo due sono risultati fattibili.