Prosegue il dibattito sul report di pochi giorni fa della Sezione centrale di controllo della Corte dei Conti, che ha sottolineato l’importanza del processo civile telematico anche se la ragionevole durata dei processi “appare per lo più perseguibile con adeguate procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie”. Attenzione, però, a osannare la digitalizzazione e gli strumenti a essa connessi, trascurando l’intero contesto che anima la giustizia civile.

La presidente del Consiglio nazionale forense, Maria Masi, tiene subito a precisare che «il processo telematico è una funzione». «Il limite – dice al Dubbio – è quello di avere una visione un po’ miope, direi anche a scompartimento. Le valutazioni devono essere d’insieme. E a tal riguardo non si può non si considerare il processo telematico una parte, uno strumento. Non è ipotizzabile immaginare o pensare che possa da solo risolvere tutti i problemi della giustizia. Il processo telematico è lo strumento, dopo c’è bisogno che qualcuno faccia le sentenze. Un aspetto, questo, non di poco conto. La valutazione nei confronti del processo telematico è nel complesso positiva. Bisogna, però, evidenziare che è sempre necessaria un’attività umana: vanno inseriti gli atti, qualcuno deve fissare dei termini, qualcuno deve le sciogliere le riserve con dei provvedimenti. Se valutiamo anche i tempi medi nel civile, oggi, possiamo dire che il processo telematico è a pieno regime».

L’eccessivo contenzioso, secondo la presidente del Cnf, è una parte del problema per non dire un falso problema. «La contrazione della mole del contenzioso – commenta Masi – è nei fatti. Basta fare, al di là delle statistiche, un giro nei tribunali per rendersene conto. La flessione è notevole e nasce, purtroppo, da uno scoraggiamento per i tempi lunghi e per la qualità dei provvedimenti. In alcuni settori, penso all’amministrativo, influiscono gli oneri economici, che continuano a essere molto alti».

Queste analisi conducono al tema centrale sottoposto dalla Corte dei Conti: l’utilizzo degli strumenti alternativi per ridurre la durata dei processi. «Gli strumenti alternativi alla giurisdizione – afferma Maria Masi – non ci trovano contrari. Il Cnf ha aderito alla giustizia complementare, ha approfondito gli aspetti che la caratterizzano. Va fatto, comunque, un distinguo. L’utilizzo degli strumenti alternativi non è la soluzione e non può costituire un filtro per l’accesso alla giustizia. Ogni cittadino deve essere libero di poter accedere alla giustizia. Il Consiglio nazionale forense ha espresso delle perplessità e continua ad esprimerle sulla obbligatorietà. Nonostante questo, con senso di responsabilità, l’avvocatura sta investendo in termini di formazione e di consapevolezza».

Un’ultima riflessione la rappresentante dell’avvocatura istituzionale la rivolge alla riforma civile, anticipata al prossimo 28 febbraio. L’espressione ricorrente “Ce lo chiede l’Europa” può diventare l’alibi per mettere in campo interventi che rischiano di sortire effetti contrari alle aspettative. «Abbiamo espresso – conclude la presidente Masi – delle grosse riserve su gran parte della riforma del processo civile, soprattutto con riferimento al processo di cognizione. Perplessità che sussistono tuttora. La valutazione legata all’anticipazione della riforma non poteva essere negativa per una serie di ragioni. L’esigenza di anticipare la riforma è stata dettata dall’Unione europea. L’Europa chiede l’anticipazione di alcune norme di riforma introdotte con la speranza che ci sia una accelerazione di certi obiettivi, ma siamo costretti a fare i conti con strutture non ancora pronte. Anche l’anticipazione della riforma civile sulle persone, i minorenni e le famiglie, per la quale abbiamo espresso parere positivo, potrebbe comprometterne l’efficacia e la portata. Non sono pronti gli uffici e gli operatori. Il rischio di un fallimento c’è tutto. Siamo troppo presi dal fare una bella figura con l’Europa e ho la sensazione che stia prevalendo più la forma che la sostanza, senza tener conto delle conseguenze alle quali andremo incontro. L’Europa dovrebbe, a mio avviso, chiedere tutto ciò che è a vantaggio della qualità della giustizia a favore dei cittadini. Se gli strumenti adottati, se le riforme immaginate vanno a peggiorare determinate situazioni, allora dobbiamo davvero interrogarci se è davvero questo che l’Europa chiede. Purtroppo, sono state poco ascoltate le osservazioni dell’avvocatura. Questi temi li sottoporrò al ministero della Giustizia nell’incontro fissato per il prossimo 11 gennaio».