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Le proposte di legge sul legittimo impedimento del difensore «hanno sicuramente il pregio di meglio definire alcune indicazioni e di tipizzarle, ma anche delle criticità». Lo ha affermato la consigliera segretaria del Consiglio nazionale forense, Giovanna Ollà, nel corso dell’audizione davanti alla commissione Giustizia della Camera, impegnata nell’esame congiunto dei testi a firma Stefani (già approvato al Senato) e Varchi.
«Abbiamo accolto con favore l’iniziativa parlamentare di affrontare il tema del legittimo impedimento anche per l’attività difensiva», ha aggiunto il presidente del Cnf, Francesco Greco. «Noi difensori spesso ci troviamo in seria difficoltà».
Greco ha sottolineato in particolare che la gravidanza «non può essere considerata uno stato di legittimo impedimento, perché è una condizione su cui si regge l’umanità, il mondo intero. Riteniamo che per la gravidanza occorra prevedere la sospensione dei termini nei due mesi prima e nei tre mesi dopo la nascita».
Il presidente del Cnf ha poi avvertito che l’indicazione troppo rigida delle cause di impedimento «rischia di lasciare fuori tante altre fattispecie che meritano analoga considerazione». Per questo, ha spiegato, «occorre sì indicare delle cause tipiche, in modo da sottrarle alla discrezionalità della valutazione, ma anche prevedere una norma di salvaguardia che consenta al magistrato di valutare ulteriori circostanze che abbiano impedito l’esercizio dell’attività difensiva».
Più critico l’intervento del vicepresidente dell’Associazione nazionale magistrati, Marcello De Chiara, che ha parlato di testi «problematici». «Questa nuova impostazione», ha osservato, «può creare difficoltà perché riconosce l’impedimento del difensore indipendentemente dall’esistenza di una assoluta impossibilità a comparire. Ciò comporta il rinvio delle udienze e quindi un allungamento dei tempi del processo. L’impedimento deve ritenersi legittimo solo in presenza di una effettiva impossibilità». De Chiara ha citato l’esempio dell’estensione del legittimo impedimento a problemi di salute «degli affini fino al secondo grado», osservando che in base al testo «se il difensore documenta un problema di salute del cognato residente altrove vi sarebbe motivo per riconoscere l’impedimento, anche se la sua assistenza non è realmente necessaria».
Una previsione che, a suo giudizio, «amplia a dismisura l’area di applicazione dell’istituto» . Le proposte di legge all’esame della commissione mirano a introdurre nel codice di procedura civile e penale una disciplina organica del legittimo impedimento del difensore, oggi affidato quasi esclusivamente all’interpretazione giurisprudenziale. La proposta della leghista Erika Stefani, già approvata in prima lettura dal Senato, prevede che il giudice possa disporre la rimessione in termini o il rinvio dell’udienza quando l’assenza del difensore è dovuta a caso fortuito, forza maggiore, malattia, infortunio, gravidanza o necessità di assistere familiari con disabilità o gravi patologie, purché non sia possibile delegare le funzioni.
Quella a firma Varchi riprende quasi integralmente questa impostazione, ma estende le cause di impedimento ai motivi di salute dei parenti o affini entro il secondo grado e agli impegni professionali concomitanti, precisando che l’assenza deve comunque essere giustificata e documentata. Due testi che cercano di bilanciare il diritto di difesa con l’esigenza di non rallentare la giustizia, ma che – come emerso dalle audizioni – dividono avvocatura e magistratura sulla linea di confine tra garanzia e abuso.


