Il 24 gennaio 1977 l’avvocatura spagnola visse il momento più triste della sua storia. I giuslavoristi Enrique Valdelvira Ibánez, Luis Javier Benavides Orgaz e Francisco Javier Sauquillo vennero uccisi, a Madrid, da due killer appartenenti ad un gruppo terroristico franchista. Gli assassini cercavano Joaquín Navarro, leader del sindacato delle commissioni dei lavoratori dei trasporti di Madrid, nemico giurato dell’amministrazione municipale, definita “mafiosa” pochi giorni prima dell’attentato in quanto vi lavoravano molti esponenti del vecchio regime franchista.

La “strage di Atocha” ha rappresentato una pagina terribile sia in tema di difesa dei diritti sia per quanto riguarda i pericoli ai quali possono andare incontro gli avvocati nello svolgimento delle loro funzioni. La “mattanza” si intrecciò con un periodo delicato per la Spagna: quarantotto anni fa era in corso la transizione tra il regime di Francisco Franco e la democrazia. Il “Caudillo” morì nel novembre 1975. Alla fine degli anni Settanta del secolo scorso, in Spagna, alcuni avvocati specializzati in diritto del lavoro, anziché dedicarsi a una carriera professionale sicura e ben pagata, spesso entravano a far parte dei sindacati per offrire alle lavoratrici e ai lavoratori più poveri un sostegno legale a la difesa dei loro diritti.

Alcune strutture della dittatura franchista però non erano state ancora smantellate e diversi gruppi di estrema destra potevano muoversi indisturbati, perseguendo la destabilizzazione del Paese. Gli omicidi politici andavano proprio in questa direzione. Oltre ai tre avvocati esperti in diritto del lavoro, morirono nell’agguato lo studente di giurisprudenza Serafín Holgado e il collaboratore amministrativo Ángel Rodríguez Leal, mentre riportarono gravi ferite Alejandro Ruiz-Huerta Carbonell, Luis Ramos Pardo e Lola González Ruiz. Il massacro suscitò profonda commozione. Ai funerali delle vittime parteciparono oltre 150mila persone, accelerando il definitivo approdo della Spagna alla democrazia.

Enrique Valdelvira Ibánez è stato un avvocato e storico dell’avvocatura spagnola. I primi passi nella professione forense li mosse con Javier Sauquillo, freddato pure lui ad Atocha. Ibánez si distinse per aver protetto alcuni cittadini che subirono l’esproprio della casa da alcune imprese edili. Il diritto del lavoro fu la sua specializzazione.

Enrique Valdelvira Ibánez è stato considerato un avvocato atipico, nel senso che non conosceva solo le leggi, ma le interpretava e applicava trovando sempre una soluzione fantasiosa per ogni caso che gli veniva sottoposto. Chi lo ha conosciuto lo ha definito “un grande oratore e un grande maestro”.

La sera del 24 gennaio 1977, Ibánez si presentò nello studio legale di Atocha indossando un abito nuovo. Un macabro presentimento, come se all’appuntamento con la morte avesse voluto farsi trovare più che presentabile. Quando gli assassini entrarono nella sua stanza, l’avvocato di Atocha chiese loro il permesso di spegnere l’ultima sigaretta che stava fumando. Subito dopo venne colpito a morte. Inutile il trasporto nell’ospedale “Francisco Franco”. Aveva 34 anni.

Ogni anno gli spagnoli rendono omaggio a Enrique Valdelvira Ibánez, Luis Javier Benavides Orgaz e Francisco Javier Sauquillo, vittime del massacro, portando fiori in Plaza de Anton Martìn, a pochi passi dal luogo dell’attentato, dove sorge un monumento a loro dedicato. ll governo di Madrid ha deciso di dichiarare luogo della memoria il monumento agli avvocati di Atocha, opera chiamata a mantenere vivo il sacrificio delle vittime del massacro del 1977.

In Plaza de Antón Martín si trova la scultura denominata “L’abbraccio”; è un adattamento scultoreo dell’omonimo dipinto di Juan Genovés, realizzato nel 2003, molti anni dopo le atrocità commesse da uomini armati di estrema destra. Per il simbolo che rappresenta il monumento sarà protetto dallo Stato in base ad una legge sulla “memoria democratica”. Inoltre, per ricordare le vittime dell’attacco terroristico è stata istituita la “Giornata internazionale degli avvocati in pericolo” il 24 gennaio di ogni anno.

Un’occasione con la quale si sottolinea l’importanza del ruolo dell’avvocato nella difesa dei diritti di tutti i cittadini, a partire da quelli meno garantiti. In prima fila nelle commemorazioni annuali troviamo l’Osservatorio degli avvocati in pericolo (Oiad), al quale aderisce il Consiglio nazionale forense. Il messaggio che lancia l’Oiad è chiarissimo: non dimenticare. Si tratta non solo di una forma di solidarietà formale, ma un modo per tenere alta l’attenzione sui tanti casi di avvocati in pericolo in ogni parte del mondo, per richiamare all’attenzione della società civile e delle istituzioni le violazioni del diritto di difesa. Il lavoro di denuncia – anche mediatica – serve a mantenere vivo il ricordo dei tanti martiri con la toga, a partire dagli avvocati della “strage di Atocha”.