«Nella giurisprudenza della Corte è dato pacifico che il disposto dell'art. 24, secondo comma, Cost. contiene una norma di carattere generale, intesa a garantire indefettibilmente l esercizio della difesa in ogni stato e grado di qualunque procedimento giurisdizionale (sent. n. 125 del 1979): la medesima sentenza richiama proprio il lavoro all’ Assemblea costituente, allorquando affermò tale fondamentale principio perchè tenuto conto degli abusi, delle incertezze e delle deficienze che hanno vulnerato nel passato l’istituto della difesa, specie per quanto attiene alla sua esclusione dai vari stati e gradi del processo giurisdizionale, si volle con una norma chiara, assoluta, garantirne la presenza e l esperimento attivo in tutti gli stati del giudizio e davanti a qualunque magistratura.

Il diritto de quo inerisce strettamente alla tutela in sede giurisdizionale, ma ciò non significa che non possa avere riflessi anche in altri ambiti: il diritto di difesa non si estende nel suo pieno contenuto oltre la sfera della giurisdizione sino a coprire ogni procedimento contenzioso di natura amministrativa, ma rispecchia un valore inerente ai diritti inviolabili della persona e contribuisce a dare concreto spessore anche all’imparzialità dell’Amministrazione, che nell’esercizio della potestà sanzionatoria deve porre l incolpato in grado di far ascoltare e valutare le proprie ragioni da chi è chiamato a decidere (sent. n. 128 del 1995).

Proprio per la portata generale dell art. 24 Cost., all’affermazione categorica del diritto inviolabile di difesa non si accompagna, nel testo costituzionale, l’indicazione, dotata di pari forza cogente, dei modi di esercizio del medesimo diritto (sent. n. 125 del 1979), ma spetta al legislatore ordinario, considerate le peculiarità strutturali e funzionali ed i diversi interessi in gioco nei vari stati e gradi del procedimento, il dettare le concrete modalità per l esercizio del diritto , alla condizione, s’intende, che esso venga, nelle diverse situazioni processuali, garantito a tutti su un piano di uguaglianza ed in forme idonee (sent. n. 188 del 1980).

Così, la Corte ha in più occasioni affermato che tale diritto deve essere inteso come potestà effettiva della assistenza tecnica e professionale nello svolgimento di qualsiasi processo, in modo che venga assicurato il contraddittorio e venga rimosso ogni ostacolo a far valere le ragioni delle parti e se, pertanto, esso è assicurato nella misura in cui si dia all’interessato la possibilità di partecipare ad una effettiva dialettica processuale, non pienamente realizzabile senza l intervento del difensore, tuttavia tale presidio non può essere disciplinato in modo uniforme, come necessità assoluta ed inderogabile, in ogni tipo di procedimento ed in ogni fase processuale, bensì va disciplinato secondo le speciali caratteristiche e modalità di attuazione di ogni singolo atto, in modo da assicurarne la finalità sostanziale (sen. n. 63 del 1972).

Per quel che concerne, in particolare, il processo penale, la Corte ha avuto modo di sottolineare che il diritto de quo è conformato diversamente dal legislatore nelle varie fasi del processo, in ragione della differenza strutturale esistente tra la raccolta degli elementi necessari per la determinazione dell’esercizio dell’azione penale e l attività di formazione della prova. Peraltro, è proprio nel processo penale che il diritto di difesa trova la sua massima esplicazione dato che in quell’ambito è preordinato a tutelare beni e valori fondamentali dell’uomo, dei quali in quel procedimento si discute e decide, nonché a maggiormente garantire, anche nell’interesse dell’imputato, l’osservanza di principi dell’ordinamento costituzionale, che attengono specificamente alla disciplina del processo penale medesimo».