Mai nella sua storia la Maison de l’avocat di Tunisi era stata teatro di un assalto così brutale da parte delle forze dell’ordine. È accaduto sabato notte, quando Sonia Dahmani, avvocata e giornalista, è stata prelevata con la forza da una mezza dozzina di agenti che hanno fatto irruzione nel santuario dell’avvocatura tunisina che sorge a pochi metri dal palazzo di giustizia, le armi sguainate e il volto coperto da un passamontagna, come accade nelle operazioni anti- terrorismo. La sequenza, allucinante, è stata ripresa in diretta tv dalle telecamere di France 24, presenti nella sede al momento del raid. I poliziotti hanno malmenato l’operatore Hamdi Tlili, sequestrando il materiale tecnico, racconta l’inviata della rete al news Marylinme Dumas. «È stata un’invasione violenta e priva di qualsiasi giustificazione» protesta la presidenza dell’ordine.

Ma di cosa è accusata precisamente Sonia Dahmani? Di aver espresso un’opinione. Martedì scorso, durante una trasmissione televisiva del canale Carthage plus la donna aveva infatti ironizzato sulle condizioni di benessere del suo paese in replica a un giornalista che incensava l’operato del governo citando gli arrivi dei migranti subsahariani per dimostrare quanto la Tunisia sia una meta ambita: «Ma di quale paese straordinario stiamo parlando?», ha affermato sarcastica.

Le parole di Dahmani hanno fatto drizzare immediatamente le orecchie alla procura di Tunisi che ha spiccato un mandato di comparizione per l’avvocata. Che però ha deciso di non presentarsi in tribunale chiedendo temporaneo “asilo” alla Maison de l’avocat: «Nel mandato non è specificato il motivo della mia convocazione e questo è del tutto illegale». Di fronte alla determinazione di Dahmani il giudice di istruzione ne ha ordinato l’arresto immediato per «false informazioni allo scopo di attentate alla pubblica sicurezza», e per «incitamento all’odio». Sono reati previsti dal decreto di legge 54, più volte criticato dai difensori dei diritti umani.

Il decreto, promulgato nel settembre 2022 dal presidente Kaïs Saied, punisce fino a cinque anni di reclusione chiunque utilizzi le reti di informazione e comunicazione per «scrivere, produrre, trasmettere diffondere notizie false (…) allo scopo di violare i diritti di altri o nuocere alla sicurezza pubblica». Nell’ultimo anno e mezzo, denuncia il Sindacato nazionale della stampa, oltre sessanta persone, in particolare giornalisti, avvocati, sindacalisti e oppositori politici, sono state perseguite sulla base del decreto per dei reati di opinione.

Puntando il dito contro «una magistratura asservita al potere politico», l’ordine degli avvocati tunisino ha indetto ieri una giornata di sciopero generale in tutti i tribunali del paese in solidarietà con la collega arrestata, una mobilitazione «riuscita al 100%», puntualizza Laroussi Zguir presidente dell’ordine di Tunisi che annuncia altre iniziative. Centinaia di legali hanno manifestato nella capitale chiedendo «l’immediata liberazione» di Dahgmani.

Nel fine settimana la polizia politica ha lavorato a pieno regime, arrestando anche Borhen Bssais, noto conduttore televisivo e radiofonico, e il commentatore politico Mourad Zeghidi; il primo con l’accusa di aver difeso sui social network un collega condannato a sei mesi di carcere per diffamazione, il secondo sempre per violazione del decreto 54, ovvero per aver espresso critiche verso il presidente Saied. Il quale ha dichiarato una vera e propria guerra alle associazioni che difendono i diritti umani, accusate di «immischiarsi negli affari dello Stato» e di minare l’unità nazionale.

Come si può leggere nell’ultimo rapporto di Amnesty International dedicato al paese maghrebino, da quando Saied si è insediato al potere la situazione dei diritti umani è drasticamente peggiorata in tutti i comparti della vita civile: repressione senza sosta del dissenso politico, attacco alla libertà di espressione, all’indipendenza della magistratura e al giusto processo, respingimenti collettivi di immigrati nelle zone di confine con l’Algeria e la Libia contrari alle convenzioni internazionali, riduzione dei diritti delle donne e delle persone Lgbtq, oggetto, queste ultime, di costanti campagne d’odio orchestrate dalle stesse autorità, sono le principali violazioni registrate dalla ong. Molto preoccupante lo stato del sistema giudiziario, che si sta trasformando iun una specie di braccio armato dell’esecutivo nonostante le garanzie di una Costituzione in teoria molto avanzata e democratica, che riconosce il pieno diritto alla difesa e protegge la presunzione di innocenza.

Dal giugno del 2022 decine di giudici sono stati silurati tramite decreto presidenziale, sostituiti da toghe ritenute “fedeli” a Saied. Una quarantina di essi ha denunciato il ministero della Giustizia per non aver dato seguito a un’ordinanza del tribunale di Tunisi che ne chiedeva la reintegrazione e un risarcimento monetario, senza ottenere alcuna risposta. Nell’ultimo anno le autorità giudiziarie hanno inoltre prolungato arbitrariamente la custodia cautelare di almeno venti rappresentanti dell'opposizione, personaggi pubblici e persone considerate critiche nei confronti del capo dello Stato. Erano stati incarcerati per un periodo compreso tra cinque mesi e due anni, con accuse di cospirazione e terrorismo che si sono rivelate infondate.