«Esiste una guerra giusta?». Formulare una risposta unica e condivisa resta impossibile, anche se si ricorre agli strumenti del diritto. Come hanno fatto i giuristi riuniti sabato scorso a Roma per il giubileo degli operatori di giustizia, a cui ha preso parte anche il Consiglio nazionale Forense.

Toga indosso e microfono alla mano, gli avvocati italiani e i loro colleghi francesi si sono sfidati a colpi di retorica nella splendida cornice di Palazzo Altemps, attraverso una disputatio di matrice classica. Nei panni degli alunni, secondo la scolastica medievale, quattro legali suddivisi in due “squadre”: da una parte il consigliere del Cnf Antonio Gagliano, che insieme al collega francese Jérôme Gavaudan ha difeso la dottrina di una “guerra giusta”; dall’altra la consigliera del Cnf Federica Santinon e il legale Vincent Maurel, uniti nelle ragioni del “no”.

A presiedere la disputa mons. Patrick Valdrini, professore e canonista francese della Chiesa Cattolica, che ha dato il via alla controversia dopo aver estratto a sorte dal pubblico tre componenti della giuria. Di cui hanno fatto parte anche il presidente del Cnf Francesco Greco e la vicepresidente Patrizia Corona, insieme a un rappresentante del Conseil National des Barreaux e all’ambasciatrice di Francia presso la Santa sede Florence Mangin.

Gli avvocati erano chiamati ad argomentare e controargomentare sul tema della guerra, pur condividendo l’unanime condanna della violenza. Ripudiati gli strumenti dell’odio, i legali hanno spuntato le armi della parola, per promuovere il diritto e la giustizia. Il tutto secondo uno dei principi su cui poggia la professione forense: ogni difensore difende la tesi che gli è affidata pur senza aderirvi, così come nelle aule di tribunale si difende un imputato senza condividerne il reato.

Ribadirlo non è mai scontato, men che mani quando si tenta di rispondere alla domanda più complessa, con l’obiettivo di inquadrare il dibattito in una cornice dialettica ispirata al dialogo: la guerra può dirsi “giusta”, quando è inevitabile? «Il male abita questo mondo», ha esordito l’avvocato Gavaudan. Che ha sostenuto l’idea di una “forza necessaria” per il funzionamento della nazione: una forza regolamentata, di cui le democrazie dispongono per combattere l’ingiustizia e proteggere i più deboli. Estendendo lo stesso ragionamento a livello internazionale, gli strumenti bellici diventano quindi necessari per evitare la guerra, agendo come deterrenti.

Ma perché una guerra possa dirsi “giusta” bisogna ricorrere alla dottrina giuridica, che sotto l’impulso del diritto ha arginato la barbarie fissando alcune condizioni rigorose. Il principio di proporzionalità è uno di questi, come ha sottolineato anche Gagliano. Il quale ha ricordato i principi del giusnaturalismo e della dottrina cristiana, a partire dal pensiero di Agostino e Tommaso. «Quando la dottrina della “guerra giusta” fu accantonata – ha argomentato il consigliere Cnf - si affacciò sull’orizzonte della Storia lo Stato assoluto: prevalse la ragion di stato, il “grande leviatano” fu libero dalle regole e si negò ogni rilievo al diritto naturale in luogo al diritto positivo. E questo ci condusse alla tragedia delle guerre mondiali». È proprio lì, nell’opporsi all’arbitrarietà della ragion di stato, che si apre lo spazio per un uso legittimo della forza – è la tesi. Secondo la quale l’unico pacifismo che non si risolva nell’ipocrisia è il pacifismo giuridico.

Ma che dire, allora, delle tragiche conseguenze della guerra, fosse pure una guerra legittima? Sugli effetti nefasti di ogni conflitto si sono concentrati gli avvocati Morel e Santinon, che hanno spinto il pubblico a riflettere sul dramma della violenza tralasciando norme e Trattati. «Le guerre sono sempre una sconfitta», ha argomentato il legale francese prendendo in prestito le parole di Papa Francesco. Per poi ripercorrere l’evoluzione del pensiero dalla filosofia greca all’era nucleare, passando per l’antica Roma. «La dottrina è solo teoria, un’utopia che toglie lo sguardo dall’unico orizzonte che conta, quello della pace», ha chiosato Morel. Ma per costruirla, la pace, non basta evocarla, ha sottolineato Santinon: bisogna impegnarsi ogni giorno, per fabbricare ponti e risedersi al tavolo dei negoziati.

In questo, gli avvocati si trovano in prima linea: «Come sentinelle del diritto - ha ricordato la consigliera Cnf - spetta a noi ricostruire il filo del dialogo». In ballo c’è molto: salvare l’umanità, estirpando la guerra. «Ma ne abbiamo la volontà?», si chiede Santinon. Per la quale occorre maggiore coraggio, che ci faccia dimenticare la “teoria” per ritrovare il vero spirito dell’umanità.

«La domanda che abbiamo posto oggi riposa su un equilibrio: è difficile dire che una guerra possa essere giusta, perché è un concetto in sé ingiustificabile. Ma la guerra esiste, e per questo è necessario un quadro per regolamentarla», è la conclusione affidata al prof. Valdrini. «Il diritto ci potrà salvare perché è una parola, che cambia con i desideri del mondo che parla: se c’è un desiderio di pace in fondo alle persone, verrà anche una parola giuridica che ci investirà del desiderio di pace».