L’esame di abilitazione alla professione forense o, più comunemente, ‘l’esame avvocati’ torna ancora una volta a far discutere. Questa volta, però, la discussione non attiene le modalità con cui verranno effettuate le prove (solo orali), in calendario a partire dal prossimo 16 gennaio, bensì i criteri per la composizione delle varie commissioni d’esame, in particolare per quanto riguarda la componente "togata". La materia è regolata da un regio decreto del 1933, più volte modificato in questi anni, e prevede che i magistrati vadano ad “integrare" le commissioni nominate nei vari distretti. Al momento i magistrati che compongono tali commissioni non hanno alcun esonero dalla normale attività lavorativa. L’effetto di tale disposizione obbliga i capi degli uffici ad effettuare una rotazione dei magistrati destinati a farne parte, per evitate che ci possano essere, come affermato in una circolare del Csm del 2017, conseguenze sui processi. In altre parole, va limitata al massimo l’incidenza che la partecipazione dei magistrati alla commissione può avere "sul servizio giustizia”. La circolare del 2007 del Csm sottolinea poi che la partecipazione alla commissione d’esame costituisce un “legittimo impedimento allo svolgimento delle udienze" a cui si può ovviare con l’istituto della "supplenza”. Tali obblighi, come ricordato dal presidente della Corte d’appello di Milano Giuseppe Ondei, che in questi giorni sta provvedendo alla nomina delle toghe che faranno parte della commissione nel distretto del capoluogo lombardo, determinano per i magistrati una inevitabile sottrazione del tempo da loro "dedicato allo svolgimento dei processi”. Di fatto si crea un "doppio lavoro" per il magistrato rispetto al collega che non fa parte della commissione e che può contribuire a creare "arretrato". Per evitare allora una sperequazione fra chi fa parte della commissione e chi non vi fa parte, per Ondei sarebbe necessario un esonero "parziale" dalle attività per i magistrati che fanno parte delle commissioni d’esame avvocati. Ai fini dell’esonero serve però un provvedimento formale del Csm. Non potendo in autonomia il presidente provvedere in tal senso, nei giorni scorsi Ondei ha dunque scritto un quesito formale a Roma. Diverso scenario, invece, per le toghe che compongono la commissione d’esame per il concorso in magistratura le quali per tutta la durata delle prove sono esonerate dal compimento di qualsiasi atto giudiziario. Sul punto si potrà obiettare che in quest’ultimo caso si tratta di un esame per un pubblico concorso e non di un esame per una abilitazione professionale. Certamente, però, anche l’esame forense dovrebbe avere una sua dignità, senza invece essere considerato un ‘fastidio’ ed un intralcio fra una udienza e l'altra per i componenti togati della commissione.