È morto l'ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida. Il figlio Francesco, professore presso l'Università degli Studi di Milano, ha postato una foto del padre su Facebook con la scritta "Ciao papà, grazie di tutto". Nato a Milano nel 1936 aveva compiuto 86 anni lo scorso 30 marzo. Professore di diritto costituzionale alla Statale di Milano, è stato giudice costituzionale dal 1996 e presidente della Consulta dal settembre 2004 al gennaio 2005. «Ho perso un fratello. Era un uomo buono e un vero maestro». Così il presidente della Corte costituzionale Giuliano Amato alla notizia della scomparsa, oggi, del presidente emerito della Consulta, professor Valerio Onida, insieme al quale era cresciuto, fin dall'inizio della sua vita accademica.  «In due settimane abbiamo perso due amici e due grandi colleghi, che hanno lasciato ciascuno il proprio segno sulla giurisprudenza della Corte costituzionale e, come presidenti, sulla sua gestione» ha aggiunto Amato, ricordando la perdita, due settimane fa, di un altro presidente emerito, Franco Bile. «Grandissima perdita per il nostro Paese con la scomparsa di #ValerioOnida. Un punto di riferimento insostituibile, una persona dalle rare qualità umane. Un enorme dispiacere. #Onida». Lo scrive su Twitter Enrico Letta. Sempre da twitter arriva il messaggio del Presidente di Italia Viva Ettore Rosato: «Con la scomparsa di Valerio Onida se ne va una delle menti giuridiche più attente e apprezzate. Accademico, giudice costituzionale, presidente della Consulta, ha contribuito con i suoi studi al dibattito per un riformismo moderno. Vicini alla famiglia in questo momento di dolore». Nel 2011, il professor Marco Ruotolo, attuale presidente della Commissione per l'innovazione del sistema penitenziario voluta dalla Ministra Cartabia, gli dedicò un bellissimo elaborato sulla rivista dell'Associazione Italiana dei Costituzionalisti: "Il carcere come luogo della legalità. In onore di Valerio Onida": «Valerio Onida si è occupato in diverse vesti – ma sarebbe meglio dire in diverse forgie di un unico abito, quello del giurista – della questione penitenziaria: come studioso di diritto costituzionale, sin dal lavoro sulla libertà religiosa dei detenuti del 1968, come giudice costituzionale, specialmente in qualità di redattore di importanti decisioni, come avvocato, soprattutto nell’ambito della sua attività di volontariato quale componente dello Sportello giuridico del carcere di Milano - Bollate». Ricordava Ruotolo che «a quanto mi consta Valerio Onida è stato il primo (e credo finora l’unico) ad avvalersi della facoltà riservata ai giudici costituzionali di visitare, senza necessità di autorizzazione, gli istituti penitenziari (art. 67, co.1, lett. b, della legge 26 luglio 1975, n. 354). In qualità di giudice costituzionale, Onida ha infatti visitato la sezione del carcere di San Vittore a Milano che ospita i detenuti soggetti al regime differenziato di cui all’art. 41-bis ord. penit., in occasione della istruzione di una questione di legittimità costituzionale riguardante proprio il suddetto regime speciale». Nel 2018, come ci aveva raccontato Damiano Aliprandi, sottoscrisse un appello, insieme all'Unione camere penali italiane, al Consiglio nazionale forense, a Magistratura democratica, ad Antigone, e con Edmondo Bruti Liberati, Giovanni Fiandaca, Carlo Federico Grosso, Tomaso Montanari, Armando Spataro, Vladimiro Zagrebelsky, Rita Bernardini per non vanificare la riforma dell'ordinamento penitenziario: «Il cammino della riforma contenuta nello schema di decreto legislativo adottato il 22 dicembre 2017 rischia di avere una definitiva battuta di arresto: ci rivolgiamo con forza al Governo perché, mantenendo fede all’impegno assunto ed esercitando almeno nella sua parte fondamentale la delega votata dal Parlamento, approvi in via definitiva, pur dopo le elezioni politiche, la riforma dell’ordinamento penitenziario, riportando l’esecuzione penale entro una cornice di legalità costituzionale e sovranazionale dopo le umilianti condanne europee’». In qualità di avvocato Onida aveva fatto parte del collegio difensivo di Marcello Viola dinanzi alla Cedu. I giudici di Strasburgo nel 2019 sentenziarono che l'ergastolo ostativo violava l’articolo 3 della Convenzione europea. Nel 2019, prima ancora che arrivasse la famosa sentenza della Corte Costituzione sulla liberazione condizionale, aveva già prefigurato al nostro Errico Novi quello che sarebbe accaduto: «È chiaro che l’ostatività per chi non collabora è destinata a cadere anche rispetto al beneficio della liberazione condizionale. Se la collaborazione non è più vincolante rispetto alla concessione del permesso, che è uno dei primi traguardi del percorso rieducativo, a maggior ragione non può essere vincolante per un istituto quale la liberazione condizionale che è il solo davvero in grado di rendere costituzionalmente legittima la pena dell’ergastolo. Il che non vuol dire che assisteremo a una scarcerazione in massa di boss mafiosi». Aveva parlato con noi anche dello scandalo Palamara/Hotel Champagne: «Un gruppo associativo deve occuparsi di cultura della giurisdizione, non di negoziare nomine “a pacchetto” - ci disse - . Le scelte di nomina per la guida di una Procura o di un Tribunale non vanno fatte certo in base all’appartenenza e, tanto per essere chiari, neppure con riguardo agli orientamenti culturali del magistrato, ma solo in base alle sue capacità e attitudini direttive e organizzative. Lo scorso anno concesse una intervista alla nostra Valentina Stella sul passaporto vaccinale: «Bisogna bilanciare diritto alla salute e libertà di movimento. Ma non riscontro un problema di privacy». Lucia Castellano, dirigente presso il Ministero della Giustizia, lo ricorda così su Facebook: «Valerio Onida veniva ogni sabato, con i mezzi pubblici, fino al carcere di Bollate. Fondammo insieme “lo sportello giuridico” una squadra di giuristi e detenuti che fornivano consulenze all’utenza aiutandola a districarsi nel complesso mondo dell’esecuzione penale. Ricordo le nostre discussioni nel mio ufficio e il suo ritornello: la norma, guardiamo la norma! Per me un faro. il carcere è il posto dove “il diritto si fa carne e sangue” diceva, e aveva ragione. E senza mai perdere di vista la norma, la interpretava in modo che la carne e il sangue delle persone detenute avessero tutta la tutela che il diritto riconosce loro. Lo dicevo spesso ai detenuti: rendetevi conto della nostra fortuna ad averlo tra noi. Qualche anno più tardi abbiamo, con Nanni Anselmi, sostenuto Valerio alle primarie del 2010. “Valerio Onida, passione civile”. Anche in questo percorso la competenza giuridica diventava servizio pubblico, questa volta per la città dei liberi. E la passione, l’energia, il desiderio di far coincidere forma e sostanza erano le stesse. Siamo rimasti amici, per me un maestro ineguagliabile, una persona straordinaria. Resta la gioia e il privilegio di averlo conosciuto in tanti momenti diversi e ugualmente intensi. Ciao Valerio, grazie di tutto». Anche il Coordinamento nazionale dei magistrati di sorveglianza «unisce, a quello della comunità scientifica e delle istituzioni tutte, il proprio sentito cordoglio per la scomparsa del prof. Valerio Onida, amico e socio d’onore del Conams fin dal suo nascere, che con l’umiltà della sua testimonianza quale volontario in carcere e con la sua illuminata giurisprudenza ha contribuito in modo determinante ad aprire il mondo dell’esecuzione penale ai più alti valori consegnati nella Carta costituzionale, dei quali egli è stato non solo grande maestro, ma instancabile interprete».