Il sindaco di Pesaro, il dem Matteo Ricci, sui referendum legati alla giustizia spiega che non li firmerà per «disciplina di partito» ma che «la legge Severino è assolutamente da riformare perché non esista in alcuno stato di diritto che dopo il primo grado di giudizio, come nel caso degli amministratori, ci si debba dimettere». Sul tema ius soli commenta: «basta andare in una scuola o in un asilo e subito ci si chiede perché quei bambini che parlano italiano e completano il primo ciclo di studi qua non debbano avere gli stessi diritti degli altri».

Qual è la sua posizione sui referendum sulla giustizia, dopo che alcuni esponenti dem, da Bettini a Gori, hanno detto che firmeranno alcuni dei quesiti? Farà lo stesso?

Non firmerò i referendum per due motivi: da una parte per una questione di disciplina di partito, dall’altra perché penso che il Parlamento con una maggioranza così ampia abbia il dovere di far riforme profonde anche sul tema della giustizia, come hanno dimostrato i primi passi fatti in materia di riforma penale. Spero che il governo Draghi, in tutte le sue componenti di maggioranza e la ministra Cartabia abbiano la forza di portare avanti queste riforme in maniera profonda.

Certo è che se le riforme non dovessero essere approvate così come ci aspettiamo e se il referendum ci sarà è probabile che poi io possa stare Sì alla maggior parte dei quesiti.

Custodia cautelare, separazione delle carriere dei magistrati, abolizione della “Severino”. Cosa la convince di più?

Penso ad esempio che la legge Severino sia una legge assolutamente da riformare perché non esista in alcuno stato di diritto che dopo il primo grado di giudizio, come nel caso degli amministratori, ci si debba dimettere.

Lei ha detto che alla festa dell’unità di Pesaro si entrerà solo con green pass ma c’è polemica sul suo utilizzo ad esempio nei luoghi di lavoro, dopo le parole di Landini, secondo il quale i protocolli già sono sufficienti per evitare focolai nelle aziende. Cosa ne pensa?

Il green pass è lo strumento per non chiudere e far ripartire l’Italia, finendo la stagione turistica nel miglior modo possibile, per sostenere la battaglia contro il virus e sostenendo la ripresa economica e lavorativa e per questo sono uno dei sindaci che prima di altri ha spinto in questa direzione. Capisco le preoccupazioni di Landini sul tema dell’occupazione perché tutti noi siamo impegnati affinché la ripresa produca occupazione e non licenziamenti. Non dobbiamo aggiungere espedienti per licenziare le persone Ma sul green pass Landini e i sindacati dovrebbero essere più coraggiosi.

Il concetto è semplice: se vivi e lavori da solo puoi permetterti di non vaccinarti, anche se io lo ritengo sbagliato perché significa no volere il bene della comunità. Ma se vivi e lavori con gli altri la tua libertà finisce dove inizia quella degli altri e quindi non puoi permettere che la tua non vaccinazione comprometta la salute dei lavoratori con cui stai a contatto. Credo che su questo Landini e la Cgil dovrebbero essere più netti ma avremo il segretario alla festa dell’unità di Pesaro a fine agosto e glielo chiederemo di certo.

Si parla in questi giorni di Ius soli, ma difficilmente questo parlamento approverà una norma in tal senso. Come si può avanzare sul tema anche con una maggioranza così eterogenea?

Lo Ius soli è nella realtà. Olimpiadi e europei dimostrano l’arretratezza del nostro paese. Pensare che alcuni atleti italiani medagliati a Tokyo fino a 18 anni non hanno potuto rappresentare il paese a livello nazionale non solo è un ostacolo allo sviluppo del settore ma dà l’idea di quanto l’attuale norma sulla cittadinanza sia arretrata. Basta andare in una scuola o in un asilo e subito ci si chiede perché quei bambini che parlano italiano e completano il primo ciclo di studi qua non debbano avere gli stessi diritti degli altri. È una questione anche del sentirsi parte di un paese: prima un ragazzo si sente parte del paese e prima si sente integrato. Spero che in questo Parlamento ci possa essere uno spiraglio per parlarne. Più passano gli anni più il non accettare questa tematica significa staccarsi dalla realtà del paese.

Draghi ha detto che difende l’impianto di fondo del reddito di cittadinanza ma molte forze politiche, con Renzi in testa, vogliono riformarlo o addirittura abolirlo. Crede si arriverà a tanto?

Draghi con poche parole ha chiarito qual è l’unica strada. Il reddito di cittadinanza ha sicuramente contribuito ad attutire la crisi rispetto alle fasce più povere del paese ed è stato un elemento di contrasto alla povertà. Al tempo stesso non ha funzionato sul tema dell’inserimento nel mondo del lavoro e quindi se vogliamo essere pragmatici dobbiamo salvare la parte legata alla lotta alla povertà e cambiare la parte dell’introduzione al mondo del lavoro. Il tema dei navigator non ha funzionato mentre il sussidio ha aiutato tanti nel momento della crisi economica dettata dalla pandemia. Alla fine la maggioranza, al di là delle bandierine, riformerà il reddito di cittadinanza in questa direzione, salvando ciò che funziona e modificando quello che non va.

In molti chiedono le dimissioni del leghista Durigon, chiedendo una mozione di sfiducia, mai avvenuta nei confronti di un sottosegretario. Il Pd dovrebbe votarla?

Spero che Durigon abbia la dignità di dimettersi prima: un sottosegretario della repubblica italiana che chiede di reintitolare una piazza a un Mussolini togliendola a Falcone e Borsellino è un esponente che non merita di rappresentare un governo della repubblica che è fortemente antifascista e che si basa su una costituzione antifascista. Falcone e Borsellino sono due figure basilari nella lotta alle mafie, vittime tra l’altro di stragi di mafia.

Ha fatto due uscite una peggio dell’altra che dovrebbero fargli avere un sussulto di dignità e dimettersi immediatamente. Se così non sarà il Pd voterà di certo la sfiducia e non sarà un Durigon di meno a mettere in subbuglio la tenuta del governo. Non mi immagino Giorgetti o altri esponenti della Lega abbandonare il governo perché si è sfiduciato Durigon... spero per lui che si dimetta prima per evitare il voto in Parlamento.