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Roma Tribunale Piazzale Clodio Istituzioni Esterni CITTA' GIUDIZIARIA
Nell’Ordine degli avvocati più grande d’Europa occorre avere una costante predisposizione al dialogo con interlocutori diversi, a partire da quelli istituzionali, e conoscere bene le esigenze degli iscritti. Di questo è convinto il presidente del Coa di Roma, Paolo Nesta. La qualità della vita professionale passa prima di tutto attraverso il buon funzionamento degli uffici giudiziari. Nella Capitale, quelli del Giudice di pace sono un nervo scoperto. «Da tanto tempo – dice al Dubbio il presidente Nesta – dialoghiamo con il ministero della Giustizia. La situazione dell’Ufficio del Giudice di pace di Roma è disastrosa, basti pensare che la scopertura d’organico è pari al 72%, con tutte le conseguenze che ne derivano, a partire dalle udienze rinviate. Ci sono rinvii delle udienze addirittura a tre anni. Ma non mancano solo i giudici. Le carenze si registrano pure per quanto riguarda il personale amministrativo, senza tralasciare le disfunzioni del sistema telematico, con rallentamenti delle attività».
A Roma gli avvocati devono fare i conti con le difficoltà di tipo logistico. Gli uffici sono dislocati in luoghi diversi, e spostarsi da una parte all’altra della Capitale rende tutto più complicato, in giornate sempre pieni tra udienze, incontri con i clienti e studio delle pratiche. «Per quanto concerne il settore civile – spiega Paolo Nesta – gli uffici dovrebbero restare a via Teulada. Diverso è il discorso per il penale. Stiamo ragionando con via Arenula. Speriamo di trovare una soluzione positiva con l’individuazione di un edificio in zona Prati per evitare che gli avvocati corrano in luoghi diversi e distanti della città. Originariamente era stata addirittura prospettata la possibilità di un trasferimento sulla via Aurelia, vicino a un grande albergo e centro congressi. Non è difficile immaginare le conseguenze e le difficoltà per i colleghi in riferimento a una soluzione del genere. Ecco perché l’Ordine si è opposto con grande fermezza, e devo dire che il ministero della Giustizia ha recepito le nostre preoccupazioni con alternative idonee in procinto di essere individuate».
Un tema che sta molto a cuore al presidente del Coa di Roma è quello del Tribunale di sorveglianza. «Alcuni osservatori – riflette Nesta – hanno detto che con la “riforma Cartabia” sarebbe stata superata la visione carcerocentrica e che sarebbe stata valorizzata, al posto della pena inframuraria, la possibilità di accedere a misure alternative. Senonché, proprio per la mancanza di personale nell’ambito del Tribunale di sorveglianza, i detenuti che avrebbero la possibilità di uscire dal carcere e quindi poter fruire delle pene alternative fuori dagli istituti penitenziari, con una risoluzione del problema almeno parziale del sovraffollamento, restano nella condizione di reclusi. Purtroppo, i giudici non ce la fanno, sono pochi, manca il personale, e non riescono a smaltire più di un certo numero di fascicoli. Si tratta di una situazione veramente drammatica. Molti detenuti non ce la fanno a sopportare la vita in carcere e alcuni, è la tragica realtà, si suicidano. Il presidente della Repubblica l’altro giorno ha nuovamente richiamato l'attenzione su questo problema. Ritengo dunque prioritario che si liberino le carceri il più possibile, per garantire condizioni dignitose di vita ai detenuti».
Di recente l’Ordine capitolino, in sinergia con la Camera penale e con l’Associazione dei difensori d'ufficio, ha adottato un nuovo regolamento sulla difesa d’ufficio.
«Il nostro principio ispiratore – evidenzia il presidente Nesta – è stato quello di garantire l’effettività della difesa, assicurando al cittadino, che fruisce delle prestazioni del difensore d’ufficio, la miglior assistenza possibile. E come si ottiene la miglior difesa? Organizzando bene il lavoro dell’avvocato, limitando quanto più possibile il ricorso da parte del giudice all’articolo 97, quarto comma, del codice di procedura penale, con la nomina lì per lì in udienza del difensore, che in quel caso non ha la possibilità di esaminare adeguatamente il fascicolo e la posizione processuale, per cui non si ha più una difesa effettiva. Inoltre, nel nuovo regolamento si sensibilizzano i colleghi, facendo loro comprendere l'importanza del ruolo svolto in termini di professionalità, di correttezza, di probità».
Il regolamento ha istituito il cosiddetto “elenco dei riservisti”. «Può accadere – conclude il presidente del Coa di Roma – che l’avvocato di turno come difensore d’ufficio, per un fatto contingente, non possa svolgere la propria funzione. L’avvocato non deve cercare il sostituto. L’elenco dei riservisti individua alcuni colleghi, i quali, dopo che il primo difensore d’ufficio, entro un termine congruo, ha comunicato la propria impossibilità, vengono coinvolti dall’organizzazione che ne cura la designazione come sostituti».