Antonio Di Pietro, ex magistrato e già ministro, l’annullamento dell’arresto di Manfredi Catella certifica che nessuna delle sei misure cautelari disposte dal gip su richiesta della Procura milanese è stata confermata dal Tribunale del Riesame. Secondo lei, con la separazione delle carriere il presunto appiattimento del gip sull’accusa ci sarebbe stato comunque?

Non credo ci sia un appiattimento del gip sul pm dovuto all’unicità delle carriere. Penso che debba esserci la separazione delle carriere in quanto colui che entra nel palazzo di giustizia deve avere la percezione concreta che avrà a che fare con due organi diversi. L’appiattimento c’è stato in passato e ci sarà pure in futuro perché è legato all’indipendenza che ogni giudice ha o meno in cuor suo. Quello che invece vorrei sottolineare rispetto a questa vicenda è un altro aspetto.

Prego.

A prescindere dal fatto che non condivido la riforma dell’interrogatorio preventivo, sono ancora più contrario al fatto che, con riferimento a specifici reati quali quelli contro la pubblica amministrazione, possano sussistere i requisiti dell'inquinamento probatorio e ancor di più della reiterazione del reato dopo la richiesta di interrogatorio: divenuta pubblica sui giornali, nessuno vorrà più avere a che fare con l’indagato.

In questi giorni si torna anche a parlare della presunta incidenza delle misure cautelari sul sovraffollamento. Lei ritiene che esista questo collegamento?

Non credo che in nome del sovraffollamento debbano comprimersi le esigenze di misura cautelare. Semmai occorre valutare misure alternative al carcere e aumentare e migliorare gli istituti di pena.

Però in attesa del nuovo piano carceri, cosa fare per l’emergenza?

Per coloro che hanno una pena definitiva, che non si sono macchiati di reati gravi, che li hanno commessi decenni fa e che sono cambiati nel tempo bisognerebbe lasciare al giudice di sorveglianza la maggiore facoltà di decidere se possano lasciare il carcere.

Alcuni commentatori oggi pensando all’inchiesta sui palazzinari milanesi fanno riecheggiare Mani pulite. Come replica a chi sostiene ancora che a quei tempi la custodia cautelare venne usata come ricatto per far parlare gli indagati?

Io c'ero e so per certo in cuor mio che la misura cautelare era richiesta solo per evitare l'inquinamento probatorio in quella specifica tipologia di reato, laddove le persone contro cui si procedeva erano componenti di primo livello o di una struttura societaria o di strutture partitiche. Quei soggetti se non fossero stati sottoposti alla misura cautelare avrebbero potuto non solo inquinare le prove ma altresì mettere altri nelle condizioni di non poter essere liberi di riferire ciò che potevano dire. E poi le persone per le quali chiedevo la misura cautelare tornavano in libertà poco dopo, a strettissimo giro, appena l’esigenza veniva a mancare.

Dell’iconografia di Mani Pulite forse l’immagine più forte è quella del pool circondato dalla gente sotto la Galleria di Milano. Oggi invece sembra essere calata la fiducia dei cittadini verso la magistratura. Lei che idea ha su questo?

Certamente i cittadini hanno meno fiducia di un tempo nella magistratura e sicuramente ciò è dovuto al martellamento continuo che è stato fatto in questi trent’anni da parte di certa politica verso l’opinione pubblica, per cui la colpa non è di chi commette i reati ma di chi li scopre. Ciò premesso occorre avere il coraggio, la responsabilità e l'umiltà di ammettere che a questa diversa valutazione da parte dei cittadini hanno concorso pure alcuni eccessi di zelo o alcune interventi della magistratura non in linea con ciò che prevede la procedura penale.

A cosa si riferisce?

Diciamo all'attività inquirente di qualche pm che molte volte invece di ricercare il colpevole di un reato ha messo in atto indagini a strascico per vedere se qualcuno avesse commesso un reato. Il pm ha la stessa funzione del becchino, cioè, interviene quanto il fatto è commesso, quando il morto c’è. Purtroppo, al contrario, in questi ultimi decenni, abbiamo assistito a inchieste esplorative a cui poi sono seguite archiviazioni o assoluzioni ma intanto dal punto di vista etico, politico, professionale si è distrutta la vita di qualcuno.

L’Anm da mesi sta portando avanti una campagna comunicativa per “spiegare ai cittadini” le ragioni del “no”. A suo parere una magistratura eccessivamente esposta può subire l’effetto boomerang?

Credo che questo martellamento nei confronti della libera opinione dei cittadini che devono andare a votare possa condizionarli e questo mi preoccupa. Non ho ancora visto stampato da nessuna parte l’art. 104 della Costituzione così come è adesso e come sarà con la riforma: i cittadini devono capire che la magistratura rimarrà un organo indipendente e autonomo dagli altri poteri seppur diviso in due corpi distinti. Invece l’Anm sta mandando un messaggio volutamente distorto per mortificare il libero convincimento dei cittadini. Vorrei aggiungere una cosa.

Mi dica.

La separazione delle carriere è la naturale e logica conseguenza della riforma del 1988 e dell’art. 111 Cost. sul giusto processo. Inoltre mi rammarica e mi fa anche incavolare il fatto che ci abbia messo su il cappello Berlusconi alla riforma, tuttavia questo non deve impedire di approvarla. Le maggioranze passano ma la Costituzione resta.

Per quanto concerne il sorteggio, si sostiene che non possa essere previsto per un organo di rilevanza costituzionale come il Csm. Lei che pensa?

Premesso che non si capisce perché per un organo costituzionale non possa essere previsto il sorteggio, aggiungo che il meccanismo attuale della scelta dei componenti del Csm è parallelo a quello che succede nelle elezioni parlamentari. Si va alla ricerca del consenso politico, per cui sono nate le correnti e c’è uno scambio di favori all’interno del Csm, come riferito da Palamara. Che poi lo ha detto lui perché è stato intercettato ma in giro ci sono ancora centinaia di ‘Palamara’. Concludo in merito dicendo che chi ha vinto un concorso in magistratura ha già una capacità di intendere e di volere e se può giudicare una persona e condannarla anche all'ergastolo credo che possa anche far parte dell’assemblea del Csm.

All’interno dell’Anm si è discusso della opportunità o meno che i magistrati prendano parte agli incontri sul tema organizzati dai partiti politici. Dove finisce la libertà di espressione delle toghe e dove inizia la necessità di mostrarsi terzi e imparziali?

Le toghe hanno indubbiamente la stessa libertà di espressione del pensiero come tutti gli altri cittadini, salvo che il tema non riguardi fatti specifici di cui debbano occuparsi. Io, per esempio, non ho condiviso il comportamento di quel giudice (Iolanda Apostolico, ndr) che prima va a manifestare su un porto in Sicilia in difesa degli immigrati e poi decide sugli immigrati stessi.

Secondo lei sulla questiona Albania, la magistratura vuole riscrivere le politiche migratorie del Governo?

La decisione presa dai giudici civili rientra nell’ambito della loro funzione giurisdizionale e come tale va rispettata. Personalmente però non la condivido, ciò non vuol dire che sia una decisione politica.