Nessuna incompatibilità ambientale: il pm milanese Paolo Storari non si è macchiato di "peccati" tali da impedirgli di continuare a lavorare serenamente come sostituto procuratore a Milano. È quanto ha deciso il Csm martedì sera, rigettando la richiesta di trasferimento e cambio funzioni avanzata dal procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi per aver consegnato i verbali secretati di Piero Amara, ex avvocato esterno dell’Eni, all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo. Una richiesta che muoveva da tre presupposti: il mancato rispetto delle procedure, la scorrettezza nei confronti dei vertici dell’ufficio e la mancata astensione nell’indagine sulla fuga di notizie, comportamenti tali da richiedere di agire con urgenza. Ma Salvi, nella sua richiesta, si è spinto oltre, proponendo una motivazione atipica: «La risonanza mediatica» delle condotte di Storari. Un’esigenza cautelare non prevista dal codice di procedura penale, che pure è stata utilizzata da Salvi, che ha evidenziato «lo sconcerto» e «la turbativa indotti nell’opinione pubblica e nei magistrati requirenti che operano nell’ufficio del dottor Storari». Un argomento contestato dalla difesa, rappresentata dall’avvocato Paolo Dalla Sala, secondo cui non è possibile fondare la misura cautelare «sul mero risalto mediatico della vicenda, che secondo il pg avrebbe offuscato l’immagine professionale dell’incolpato». Argomentazioni che portano alla mente un altro caso, che tanta polemica ha suscitato: la tragedia della funivia. Le motivazioni della decisione Salvi ha contestato a Storari il mancato rispetto della circolare del 1994 sulla trasmissione al Csm di notizie di reato. Secondo l’accusa, Storari avrebbe dovuto infatti rivolgersi al procuratore generale del suo distretto per segnalare l’inerzia lamentata nei confronti dei vertici dell’ufficio, che avrebbero ritardato le indagini sulla “Loggia Ungheria”, descritta da Amara nei suoi verbali. Secondo il Csm, però, la circolare in questione ha dato luogo, nel tempo, «a problematiche interpretative», essendo precedente alla riforma del 2006, che ha ha delineato una nuova disciplina del segreto nei confronti del pg della Cassazione, titolare dell’azione disciplinare. Per la sezione disciplinare del Csm, dunque, è per lo meno «poco agevole» sostenere che il caso in questione implichi una violazione della circolare, avendo Storari semplicemente interloquito con un consigliere del Csm. Ma non solo. Salvi ha contestato al pm milanese un comportamento «gravemente scorretto» nei confronti del procuratore Francesco Greco e del procuratore aggiunto Laura Pedio, «consistente nell’averli accusati», durante il colloquio con Davigo, «di consapevole inerzia nelle indagini, pur essendo a conoscenza della sussistenza di attività in corso e pur avendo omesso di comunicare ai suoi superiori il proprio dissenso per la mancata iscrizione nel registro di alcuni indagati». Ma anche in questo caso, secondo i consiglieri del Csm, l’illecito non ci sarebbe. Dagli elementi in loro possesso, infatti, non emergerebbe la circostanza che, parlando con Davigo, Storari abbia mosso chiare accuse ai suoi superiori in merito al tentativo di rallentare le indagini, manifestando, piuttosto, «la preoccupazione» per la modalità di gestione del procedimento, «in presenza di una chiara divergenza di vedute con il procuratore ed il procuratore aggiunto», data la gravità delle ipotesi di reato configurabili. L’ultima accusa riguarda «l’omissione consapevole di astensione» dalle indagini sulla consegna in forma anonima di quei verbali ad alcuni giornalisti (spediti, secondo la procura di Roma, dall’ex segretaria di Davigo Marcella Contrafatto), addirittura tentando di rallentare quelle indagini, procedendo alla nomina del perito soltanto mesi dopo averne discusso con Pedio. Un fatto non dimostrato, secondo il Csm: non ci sono, cioè, prove che Storari «fosse consapevole che la consegna stessa potesse ricollegarsi alla documentazione affidata al dottor Davigo e che dunque gravasse sul medesimo, un concreto obbligo di astensione». L’iscrizione, inoltre, sarebbe avvenuta proprio a ridosso della “confessione” di Storari a Greco, al quale comunicò di aver consegnato i verbali a Davigo, rinunciando all’assegnazione dell’indagine. In ogni caso, «la scorrettezza concretamente contestata non appare dar luogo alla necessità di uno spostamento in via cautelare dall’ufficio di appartenenza, atteso che il dottor Storari dal mese di gennaio lavora presso altro dipartimento rispetto a quello coordinato dall’aggiunto Pedio e che non è sintomatica di una situazione che possa pregiudicare la buona amministrazione della giustizia». La difesa di Storari Davanti al Csm, Storari ha spiegato le sue intenzioni, evidenziando come fosse stato proprio Davigo a rassicurarlo «sulla correttezza della procedura, sottolineando, tra l’altro, che si sarebbe occupato di sottoporre al Comitato di presidenza i fatti». Inoltre, in merito alla serenità del suo ufficio, il pm ha evidenziato di non aver perso la fiducia del colleghi, lavorando in un dipartimento diverso da quello guidato da Pedio, ovvero quello dei delitti contro la Pubblica amministrazione, che fa capo a Maurizio Romanelli, tra quei magistrati (54 su 64) ad aver firmato la nota di solidarietà a Storari. «Si tratta di una decisione solida - ha commentato al Dubbio l’avvocato Dalla Sala -. Le istituzioni hanno svolto la loro funzione di garanzia, ma anche di sintesi, della funzione costituzionale che è rimessa alle parti e anche alla difesa di concorrere alla formazione del provvedimento giurisdizionale. E questo è un “premio” alla funzione delle singole parti e, nello specifico, della difesa». Gli altri procedimenti La vicenda disciplinare di Storari va comunque avanti davanti alla prima Commissione del Csm. Sul significato che potrà assumere tale provvedimento in quel contesto Dalla Sala preferisce non sbilanciarsi. «Facciamo un passo per volta, nel pieno rispetto delle decisioni e iniziative altrui - ha aggiunto -, confidando sempre in questa funzione di garanzia la cui esistenza è stata certamente dimostrata da questo provvedimento». E parallelamente va avanti anche l’indagine a Brescia, dove Storari è indagato, assieme a Davigo, per rivelazione di segreto d’ufficio. La stessa procura indaga ora anche sul procuratore Francesco Greco, accusato di aver ritardato le indagini sulla “Loggia Ungheria”, nonché sull’aggiunto Fabio De Pasquale e sul sostituto Sergio Spadaro, accusati di aver omesso alcune prove fondamentali nel processo Eni-Nigeria. La procura di Milano, intanto, è una polveriera. La decisione del disciplinare, infatti, appare come una sconfitta di Greco. Che nelle scorse settimane aveva accolto con non poco nervosismo la lettera di solidarietà a Storari firmata praticamente da tutto il suo ufficio. Una dichiarazione limpida, al netto del merito della vicenda, che nascondeva tra le righe anche una sorta di sfiducia - seppur formalmente negata - nei confronti di Greco. E ciò a due passi dal suo pensionamento.