Il sostituto procuratore di Milano Paolo Storari avrebbe preparato una bozza di richiesta di misura cautelare per calunnia a carico dell’ex legale esterno dell’Eni Piero Amara, dell’avvocato Giuseppe Calafiore e di Vincenzo Armanna, grande accusatore di Eni, richiesta che però non ebbe mai la controfirma dei vertici della Procura, che di fatto avrebbero bloccato la sua iniziativa. È quanto emerso dalle audizioni in corso davanti alla prima Commissione del Csm, dove lunedì e martedì sono stati ascoltati quasi tutti i sostituti della procura meneghina, sentiti nell’ambito del procedimento disciplinare a carico di Storari. Il pm è indagato a Brescia per rivelazione di segreto d’ufficio, per aver consegnato all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo i verbali secretati di Amara, come forma di autotutela per via del presunto immobilismo dei vertici della procura nel procedere alle prime iscrizioni in merito alle rivelazioni dell’ex avvocato esterno dell’Eni. Rivelazioni che però, secondo fonti ben informate, non avrebbero convinto Storari, persuaso invece che Amara fosse un calunniatore.

Le audizioni davanti alla prima Commissione sono state fitte e significative. E dalle quattro ore di confronto tra pm e consiglieri del Csm è emerso come delle vicende relative alla gestione del processo Eni- Nigeria e della consegna dei verbali di Amara a Davigo da parte di Storari, nessuno tra i procuratori aggiunti salvo quelli direttamente interessati dalle indagini - sapessero nulla, se non quanto riportato dalla stampa. Bocche cucite, dunque, perfino dopo l’esposto del giornalista del Fatto Quotidiano in procura, allorquando consegnò le copie dei verbali ricevute via posta - secondo la procura di Roma spedite dall’ex segretaria di Piercamillo Davigo, Marcella Contrafatto - e ciò nonostante l’ipotesi fosse che quei verbali fossero stati trafugati, col rischio, dunque, che all’interno della procura potesse annidarsi un funzionario infedele. Nessuno, durante le audizioni, ha negato il disagio e il disorientamento percepito ormai da tempo in procura, lasciando emergere una pretesa di chiarezza che, in un primo momento, era stata avanzata anche nei confronti del Tribunale, specie dopo la richiesta, da parte dell’accusa del processo Eni, di far testimoniare Amara. Lo stesso, infatti, aveva riferito di un presunto avvicinamento delle difese del processo nei confronti del presidente del collegio Marco Tremolada. L’iniziativa non accolta fu infatti letta come un tentativo di condizionamento del presidente del collegio, con la conseguenza di una situazione di potenziale conflitto tra procura e Tribunale.

Durante le audizioni, il procuratore aggiunto Laura Pedio, che assieme a Storari ha gestito il fascicolo sul falso complotto Eni, ha stigmatizzato il comportamento del collega, ritenendosi parte offesa dell’intera vicenda. Pedio ha infatti chiarito di aver appreso solo ad aprile, dal procuratore Greco, del fatto che fosse stato proprio Storari a far uscire i verbali dalla procura, fatto ammesso da Storari al procuratore dopo la perquisizione a casa Contrafatto. Un comportamento poco corretto, secondo il magistrato, che contesta al collega il fatto di non aver detto nulla nemmeno dopo la denuncia del giornalista del Fatto.

Non si esclude, ora, anche un’audizione del procuratore Greco, anche se la prima Commissione dovrà decidere come andare avanti e le tempistiche da seguire, essendo arrivato sul tavolo del plenum, nel frattempo, anche il parere sulla riforma del processo penale. Intanto, il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi - che ha chiesto per Storari il trasferimento immediato da Milano in via cautelare senza che possa più esercitare le funzioni di pubblico ministero nemmeno nella nuova sede - ha avviato accertamenti anche nei confronti del procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e del sostituto Sergio Spadaro, titolari del fascicolo Eni- Nigeria e indagati a Brescia per rifiuto di atti d'ufficio. L'iniziativa è legata all'inchiesta dei pm bresciani, parallela a quella che vede coinvolto Storari.

Intanto oggi il plenum si ritroverà sul tavolo anche il progetto organizzativo della procura di Milano per il triennio 2017- 2019, progetto che evidenzia alcune criticità e la spaccatura interna all’ufficio. «Non si rinviene un’analisi ed esplicita della realtà criminale nel territorio di competenza», si legge nel documento, che evidenzia inoltre come «non sono stati specificamente individuati gli obiettivi organizzativi, di produttività e di repressione criminale che l’ufficio intende perseguire, né gli obiettivi che l’ufficio è o non è riuscito a conseguire nel precedente periodo». Dal documento emerge che il 3 marzo 2020 ventisette magistrati dell’ufficio hanno formulato osservazioni in ordine alla mancanza, nel progetto organizzativo stesso, di una indicazione e di un’analisi particolareggiata dei dati statistici relativi allo stato delle pendenze e ai flussi di lavoro, sottolineando come tale analisi fosse essenziale per elaborare efficaci strategie di contrasto ai fenomeni criminali, realizzare una razionale distribuzione delle risorse umane e materiale, individuare gli obiettivi organizzativi e definire eventuali criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti. Dal documento emerge, inoltre, una sproporzione tra le attribuzioni e il numero delle assegnazioni dei magistrati addetti al dipartimento reati economici transnazionali rispetto al numero di magistrati assegnati ad altri dipartimenti che trattano reati gravi.