Non bastassero le grane interne, per Donald Trump potrebbe aprirsi anche il capitolo delle tensioni geopolitiche. La minaccia arriva dalla Cina, a dir poco allertata dalle parole del Segretario di Stato designato Rex Tillerson, durante il suo discorso al Congresso: «L’accesso alle isole del Mar Cinese meridionale non dovrebbe essere consentito». «Se le parole dovessero trasformarsi in re- altà, il presidente Trump farebbe bene a prepararsi a una guerra su vasta scala» è la risposta diffusa dai media cinesi ufficiali. La disputa riguarda i territori contesi fra Cina, Giappone, Filippine e Vietnam, di cui Pechino rivendica il 90%. Oltre per le vaste risorse di idrocarburi ( secondo la Cina ci sarebbe la stessa riserva che ha l’Arabia Saudita, mentre Washington ne stima il 90% in meno) i territori interessano il governo cinese anche per le installazioni militari che ci avrebbe costruito. Qualche mese fa Washington ha mostrato immagini dall’alto in cui gli atolli e le secche in questione sono stati riempiti con sabbia e pietre dall’esercito cinese per impiantarci basi, una pista per jet, batterie antimissili e la contraerea. Per questo motivo Tillerson ha dichiarato di volerne impedire l’accesso, pur non specificando come. Tanto è bastato a scatenare le ire cinesi: «Tillerson dovrebbe approfondire le strategie sul nucleare se vuole costringere una potenza nucleare a cancellare il suo territorio» ha scritto il Global Times. Seguendo una prassi collaudata, il governo cinese ha smorzato i toni con il ministro degli esteri Qu Zhe: «Confidiamo nel mutuo rispetto e nella cooperazione», mentre i media controllati dal governo stesso hanno calcato la mano: «Se la politica americana di non interferenza dovesse cambiare, sarebbe il viatico per un devastante confronto tra Cina e Stati Uniti». Non sono solo gli Stati Uniti e i Paesi del Sud- Est asiatico a essere preoccupati per l’espansionismo cinese. Nel luglio scorso la Corte permanente dell’Onu sulla legge del mare ha decretato che Pechino «sta violando il diritto internazionale» e non ha «nessun diritto storico» per rivendicare quelle isole. Un verdetto che il governo cinese non ha mai riconosciuto. La Cina è in buona compagnia nel turbare i sonni di Donald Trump. Ieri il governo russo ha contestato le manovre militari di Washington per l’arrivo in Polonia di 3.500 soldati, 87 carri armati e 141 mezzi corazzati. Questo nuovo dispiegamento di forze, il primo che vede truppe Usa nel Paese ex Urss, è stato deciso dalla Nato in un summit dell’estate scorsa, ma il loro arrivo è stato anticipato di qualche giorno. «È una minaccia agli interessi e alla sicurezza della Russia» ha lamentato Dimitri Peskov, portavoce del presidente russo Vladimir Putin. «Il numero delle nostre truppe in Polonia è contenuto e proporzionato» ha risposto Rose Gottemoeller, vice segretario generale della Nato.