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All’indomani dell’apertura della crisi tra Italia e Francia, in un clima che per ora non è affatto di distensione, abbiamo chiesto al professor Yves Bertoncini direttore del Mouvement européen France di valutare la situazione di cui sono protagonisti oggi due dei paesi fondatori dell’Unione europea.
Una crisi “senza precedenti” e, per la prima volta, in ambito europeo si è usata questa estrema arma diplomatica. Come si è arrivati a questo?
Diversi sono gli elementi che spiegano l’innescarsi di questa crisi ma già prima dell’arrivo al governo di Salvini e Di Maio, tra Francia e Italia le condizioni non erano favorevoli. In quel rapporto di odio amore che c’è tra i due paesi c’erano già stati almeno tre contenziosi. Innanzitutto la questione migratoria: la Francia non ha fiducia in come l’Italia controlla le frontiere e non c’è stata solidarietà. Mentre l’Italia non ha certo apprezzato l’accordo firmato da Sarkozy con la Libia né l’iniziativa di intervento presa da Macron; in terzo luogo, ricordiamo l’accordo tra Fincantieri e i cantieri navali Stx di Saint Nazaire. Siamo in contesti nazionali diversi ma entrambi con elementi di novità: c’è un governo senza precedenti come quello italiano, in crisi economica, che gioca sempre al rialzo ed è diviso al suo interno con due ministri che si fanno concorrenza mentre le elezioni europee si avvicinano. E c’è la Francia, che vive una situazione a suo modo nuova, con un presidente giovane e un partito che cerca di essere europeo che si ritrova con i gilet jaunes in strada.
Tra le accuse rivolte a Roma da Parigi c’è quella che i leader del governo italiano abbiano strumentalizzato la relazione a fini elettorali: è così?
Il fatto che Matteo Salvini abbia delle relazioni diplomatiche e anche politiche di parte con Marine Le Pen non è nuovo, come non lo è ad esempio che Angela Merkel riceva l’avversario di Macron, Laurent Waquiez. Il fatto nuovo è che Di Maio sia venuto a incontrare i gilet jaunes, che potrebbero diventare una sorta di Cinque stelle, in un clima di grande aggressività e senza annunciarlo per poi felicitarsene sui social network. Di fondo non c’è nulla di male se in vista delle elezioni si percorrono diverse strade verso “l’europeizzazione”, ma la forma conta e incontrare un leader molto controverso – come lo è Chalencon - non è normale tra paesi cugini.
Per rilanciare i rapporti Italia- Francia e abbassare i toni lei giudica sufficiente l’apertura verso Emmanuel Macron fatta ieri da Di Maio e Salvini? Il primo con una lettera a Le monde, il secondo invitando il presidente a Roma la prossima settimana…
Bisognerebbe capire se c’è davvero una volontà di abbassare i toni. Con le previsioni di crescita annunciate dall’Europa che vedono l’Italia allo 0,2% e la Francia non molto meglio, all’ 1,3%, sarebbe interessante sapere se Di Maio e Salvini intendono concentrarsi sul loro paese e prendere decisioni coraggiose e importanti, o se intendono continuare ad accusare la Francia, l’Europa o il mondo intero. Ne dubito. Anche perché, guardando alle elezioni in arrivo, se si considera che i sondaggi danno invertito il rapporto tra i due partiti rispetto alle ultime elezioni politiche – con la Lega che era intorno al 17% e M5S al 33 – bisogna vedere quali atteggiamenti faranno prevalere e se si caratterizzeranno ancora come antisistema. Oggi a Macron direi “lascia stare” ( in italiano, ndr): l’ultima cosa che il presidente dovrebbe fare è rispondere. Incontrarli? Neanche a parlarne.
Quale sarà l’effetto adesso su dossier importanti come quello del TGV Lione Torino, che divide il governo italiano e i cui finanziamenti verranno decisi a breve?
Guardando al risultato di M5S in Val di Susa non mi stupisce che i loro rappresentanti siano contrari alla Tav. Ma, ancora una volta, questa è una contraddizione interna tra Lega, favorevole, e M5s, contrario e non so come potrà risolversi. Resta una sfida bilaterale sul fronte franco- italiano ma anche sul fronte interno e questo scontro peserà.