Il nostro “Dossier acque” del 2007 conteneva delle soluzioni e delle proposte ancora molto valide

PRESIDENTE DI RADICALI ITALIANI

Idati del 2022 non lasciano dubbi: siamo di fronte a un evento di portata epocale, mai visto nell’ultimo secolo. Mai visto ma previsto da chi, come noi, ha sempre lottato contro le toppe messe in emergenza senza attuare le necessarie riforme strutturali.

Un autunno povero di piogge, un inverno con scarsità di neve, una primavera con precipitazioni che al nord sono state 1/ 5 della media stagionale e temperature da record hanno avuto, come conseguenza, che oggi il Po a Ferrara ha una portata d’acqua di 180 metri cubi al secondo, contro una media degli ultimi 20 anni di circa 1.500. Tutte le Istituzioni si sono accorte della drammaticità della situazione: si chiede lo stato di calamità e lo stato di emergenza. Nulla da eccepire, ma questo non cambierà la situazione in futuro.

Dove partire per ridurre gli effetti di una carenza idrica che sta diventando norma? Lo proponiamo da lungo tempo, ma il Paese non esce dalla logica perversa dell’emergenza. Nel 2007, 15 anni fa, Radicali Italiani ha redatto un “Dossier acque” che conteneva delle soluzioni e che indicava nell’agricoltura il settore che maggiormente utilizza la risorsa; oltre la metà a livello nazionale, più del 70% nelle regioni del nord- ovest. Ecco le proposte in estrema sintesi: incentivare al massimo il risparmio idrico in agricoltura con l’introduzione di sistemi di irrigazione innovativi, così come l’utilizzo di colture più esigenti in acqua, come riso e mais, solo su terreni adatti; introdurre il pagamento dell’acqua di irrigazione in base al volume consumato e non alla superficie irrigata; attuare controlli sui prelievi delle acque superficiali e campagne di sensibilizzazione dei cittadini rispetto al risparmio idrico; incentivare le tecnologie di “water saving” nelle produzioni industriali.

Nel 2006 in Parlamento abbiamo ottenuto l’impegno a destinare parte dei fondi del «Piano irriguo nazionale» per favorire la riconversione dei vecchi sistemi di irrigazione verso altri tecnologicamente innovativi, e a predisporre un «Manuale di buona pratica irrigua». Non se ne è fatto nulla. Abbiamo ripetuto, anno per anno, la richiesta di risanare una rete idrica che fa letteralmente acqua da tutte le parti, e di rispettare la direttiva europea sul riutilizzo delle acque reflue in agricoltura, fino a organizzare alcuni giorni fa estemporanee conferenze stampa nel Po e nel Tevere in secca a Torino e Roma.

Queste riforme non si fanno da un giorno all’altro ma con una seria programmazione nazionale, che deve essere prioritaria anche quando finalmente pioverà. Il clima è cambiato, dobbiamo cambiare anche noi.