L’AVVOCATO CANESTRINI: «GRAVISSIMO». IL PROCURATORE: «SOLO PRECAUZIONE»

«Identificare tutti coloro che vogliono assistere all’udienza». Recita così una circolare firmata dal procuratore di Bolzano Giancarlo Bramante, affissa alla porta dell’aula del Tribunale dove venerdì scorso si è chiuso il processo a carico di Karl Bär, referente dell’associazione ambientalista Umweltinstitut München e in congedo in quanto membro del Bundestag tedesco, finito a processo per diffamazione e falsificazione di marchio. Una circolare che parte dal presupposto della «particolare attenzione sotto il profilo della sicurezza» richiesta dall’udienza, a causa di «pregressi episodi di intimidazione e indebite pressioni rivolte a magistrati ed impiegati delle cancellerie di questo Palazzo di Giustizia». Pertanto «al fine di i garantire il normale e regolare svolgimento della stessa nonché dell’attività giudiziaria all’interno del Palazzo di Giustizia» e per prevenire «qualsiasi rischio per la sicurezza dei magistrati e dei rispettivi uffici», Bramante ha chiesto al personale delle Forze dell'ordine di richiedere a chiunque volesse partecipare all’udienza «l'esibizione di un idoneo documento di identità o servizio». Un obbligo che è spettato a chiunque: avvocati, giornalisti, cittadini comuni e parlamentari.

«Una cosa gravissima», ha affermato il difensore di Bär, l’avvocato Nicola Canestrini: «Le precedenti udienze si sono svolte in modo assolutamente tranquillo - ha spiegato al Dubbio -, anche in presenza di osservatori internazionali e giornalisti stranieri». Il processo andava avanti da due anni e quella del 6 maggio è stata l’ultima udienza. Bär era stato denunciato dall’assessore provinciale altoatesino Arnold Schuler e da oltre 1370 agricoltori locali per aver sottolineato l’elevato impiego di pesticidi nei meleti dell’Alto Adige. «Un tentativo di imbavagliarlo», spiega Canestrini, non andato però a buon fine: dopo le numerose proteste in tutta Europa da parte dell’opinione pubblica, i querelanti hanno ritirato le proprie accuse a carico dell’agronomo tedesco. E venerdì la procura di Bolzano ha chiesto la derubricazione del reato, facendo così decadere l'accusa di contraffazione del marchio. Il processo si è dunque concluso con un non luogo a procedere. «Date le premesse, non c’era alcun motivo per creare situazioni di tensione», ha dunque sottolineato Canestrini, che venerdì, all’ingresso del Tribunale, si è visto richiedere da un carabiniere i documenti. Ma non è capitato solo a lui: tra le persone identificate c’è anche una parlamentare tedesca, alla quale, riferisce il legale, è stato anche fotografato il passaporto, suscitando il suo sdegno. «Nella mia vita sono stato identificato più volte prima di entrare in un’aula di giustizia, ma è successo in Turchia o in Egitto. Ho provato a parlarne con il procuratore, ma non sono stato ricevuto. Le udienze sono pubbliche, è un tratto distintivo della nostra democrazia. È inutile definirle tali se poi ci sono delle condizioni per poter assistere ai processi», ha sottolineato.

Ma a lamentarsi sono anche i giornalisti tedeschi del sito salto. bz, che hanno definito «una brutta scena» quella della identificazione disposta dalla procura. Gli ambientalisti giunti dalla Germania per assistere al processo sono dunque rimasti fuori dal Tribunale e dopo la decisione del giudice hanno festeggiato assieme a Bär esponendo lo striscione “Il diritto di critica è un diritto fondamentale”.

La circolare era presente in due versioni: una in italiano, con il riferimento alle minacce, e una in tedesco, dove tale riferimento non era invece presente. «Quello che mi lascia rammaricato è che non ci sia stato alcun dialogo su questo - ha aggiunto Canestrini -. Avrei spiegato che si trattava di 13 persone, tra ambientalisti, parlamentari e giornalisti e dubito che si possano riferire a loro episodi di minacce e pressioni. Adesso andrò fino in fondo per capire sulla base di cosa è stato emesso un provvedimento che, di fatto, limita la pubblicità dell’udienza: dire il contrario è inutile».

Interpellato dal Dubbio, il procuratore Bramante ha spiegato che «negli ultimi cinque anni sono stati adottati 99 provvedimenti di questo genere, di cui 48 per processi civili e i restanti per i processi penali. Non si tratta di un inedito nato il 6 maggio - ha sottolineato -. Lo abbiamo fatto in concomitanza con alcune situazioni che ci vengono segnalate dalle forze dell’ordine. Abbiamo, ad esempio, diversi processi a carico di cosiddetti “sovranisti”, ovvero persone che non riconoscono l’autorità statale e che hanno spesso denunciato magistrati e cancellieri, creando un clima di tensione all’interno del Palazzo, anche in processi di cui non sono parte. E tensione si è spesso venuta a creare anche durante le aste giudiziarie».

Lo scopo di questi procedimenti, ha evidenziato il procuratore, è avere un controllo sull’accesso alla pubblica udienza, «che non viene limitato: le forze dell’ordine si limitano a controllare il documento per verificare se si tratti di persone note, appartenenti a particolari movimenti che abbiano dato adito a situazioni di tensione, dopodiché si entra tranquillamente». Nel caso specifico, è stata la Questura di Bolzano a segnalare alla procura che la manifestazione organizzata dagli ambientalisti, motivo per il quale si sarebbe dato «massimo impulso alle fonti informative» per acquisire ogni misura a tutela della sicurezza pubblica. Il timore era che qualcuno si potesse «infiltrare» nella manifestazione pacifica degli attivisti per poi creare tensione all’interno del Tribunale. I riferimenti agli episodi di minacce e pressioni, dunque, non erano riferiti direttamente al processo a Bär. «L’accesso non è stato assolutamente limitato», ha dunque ribadito Bramante.

«Non riesco a capire il senso della polemica, anche perché i dati non vengono schedati o conservati. Si tratta di una normale misura finalizzata a garantire la sicurezza per tutti, anche per imputati, testi e pubblico, e prevenire possibili situazioni di pericolo - ha concluso -. Ma sono disposto ad un confronto pubblico con chi la pensa diversamente» .