INFORTUNI AL FEMMINILE: UNA CHIAVE PER LEGGERE IL LAVORO DELLE DONNE

Petteni ( Inas Cisl): «I diritti possono essere difficili da affermare. Aiutiamo chi lavora e ha un infortunio o una malattia professionale»

Prima c’è stata Luana, stritolata da un orditoio, giovane, un figlio piccolo che crescerà senza di lei, poi Laila, schiacciata in una fustellatrice, un matrimonio alle porte e una bimba che non rivedrà e Tiziana, travolta da un bancale e morta dopo 40 giorni di agonia. L’elenco di donne cancellate da vite piene, strappate da affetti e sogni di futuro non si ferma qui, purtroppo.

Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl, lo ha detto forte e chiaro: «La sicurezza deve diventare una grande priorità nazionale. È indegno per un paese civile assistere alla perdita di tante vite umane nei luoghi di lavoro» . Gli fa eco Gigi Petteni, presidente dell’Inas Cisl: «Il nostro obiettivo resta quello di una società in cui la salute viene prima di ogni altra cosa, dove la cultura della sicurezza sul lavoro sia così diffusa da portare all’obiettivo infortuni zero».

E proprio una “cultura della sicurezza in un’ottica di genere” viene auspicata dall’Inail, nel recente dossier su infortuni e malattie professionali al femminile recentemente pubblicato: questo approccio è quanto mai necessario perché tiene conto del fatto che “i rischi provocano ripercussioni diversificate su lavoratori e lavoratrici”, spiega l’istituto assicurativo.

A pochi giorni dalla giornata internazionale della donna, è ancora più importante rilevare che la lunga lista di infortuni sul lavoro tra le donne restituisce una prospettiva più generale sulla loro condizione lavorativa nel nostro Paese. Basti pensare che, nel 2020, il numero di incidenti tra le lavoratrici è aumentato, nonostante nello stesso anno, la percentuale di donne che ha perso il lavoro è stata doppia rispetto a quella dei maschi.

Con questo balzo in avanti, il peso delle denunce “in rosa” all’Inail, rispetto al periodo tra il 2016 e il 2019 ( 36%), nel 2020 è salito al 43% del totale.

«Operiamo da sempre per aiutare chi lavora e ha un infortunio o una malattia professionale, soprattutto perché i diritti possono essere difficili da affermare: così interveniamo per far incontrare le esigenze di tutela di chi si è fatto male o si è ammalato in azienda con le opportunità di supporto previste dalla legge», spiega Petteni.

Grazie a questo impegno costante, il patronato rappresenta un punto di osservazione privilegiato sullo stato dell’arte delle tutele per le donne che lavorano. «Abbiamo sempre perseguito una visione dei diritti in tema di sicurezza come una dimensione da affrontare a 360°, in cui le caratteristiche del lavoro che si svolge devono essere “incrociate” con quelle di chi si dedica a determinate mansioni, sia per attivare la corretta prevenzione per la sicurezza, sia per modulare di conseguenza il percorso previdenziale adeguato, correlato alle condizioni proprie di una professione. In sostanza così come da tempo ci battiamo, al fianco della Cisl, per far andare in pensione prima chi lavora sui ponteggi o guida mezzi pesanti, così rivendichiamo tutele su misura per chi è più esposto a determinati rischi in quanto donna», spiega Petteni.

Una rivendicazione che diventa più chiara se si pensa, ad esempio, che tra - i tumori di origine lavorativa - quello alla mammella in particolare può colpire più di frequente le donne impiegate nei settori dell’acconciatura e della cosmesi, nell’industria chimica, alimentare e in quella cartaria, negli ambiti del lavaggio e della tintoria a secco. Anche il lavoro a rotazione, e in particolare quello notturno, può contribuire all’insorgenza di neoplasie al seno a causa della prolungata esposizione alla luce artificiale, che inibisce la produzione di melatonina e accelera lo sviluppo delle cellule tumorali. «Sono questioni da tenere in considerazione quando si devono valutare le azioni da mettere in campo, ad esempio, per contrastare le malattie professionali e favorirne l’emersione”», osserva il presidente dell’Inas. «In quest’ottica - fa notare Petteni - è significativo anche il dato dell’Inail secondo cui, nel 2020, sono aumentati gli infortuni tra le lavoratrici che hanno tra 45 e 49 anni (+ 34,2%) e tra 50 e 54 anni (+ 30,9%), a riprova del fatto che servono misure ad hoc in risposta al fenomeno per cui quando l’età avanza l’attenzione sul lavoro cala e i rischi aumentano». Insomma, molti sono i fattori da considerare per una reale tutela della salute delle donne che lavorano e tanta è ancora la strada da fare per diffondere una vera e propria cultura della sicurezza, anche “in rosa”. «Continueremo a impegnarci, collaborando con la Cisl e con l’Inail, per raggiungere questo obiettivo. In questo siamo allineati con quanto auspicato, con forza, dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, solo poco tempo fa, nel suo discorso di insediamento: tra le 12 sfide per il Paese, il capo dello Stato ha sottolineato che “dignità è azzerare le morti sul lavoro, che feriscono la società e la coscienza di ciascuno di noi”. Siamo consapevoli che si tratta di un progetto ambizioso, ma siamo convinti che le donne meritino di poter svolgere serenamente il loro lavoro, in aziende sicure, con condizioni dignitose determinate da una maggiore equità sociale», conclude Petteni.