Antonio Tajani ha scelto di riaccendere la miccia dello ius scholae, e il fuoco, più che a sinistra, rischia di ustionare la sua maggioranza. Perché quella che lui stesso definisce una “proposta seria” – cittadinanza ai minori stranieri dopo dieci anni di scuola in Italia – ha ricevuto il plauso aperto delle opposizioni, la proposta di collaborazione dei dem e, come ciliegina sulla torta, il fuoco di sbarramento di Lega e Fratelli d’Italia.

E ora la domanda che rimbalza dentro e fuori il Palazzo: Tajani bluffa o ha deciso davvero di piantare una bandierina identitaria, al prezzo di un terremoto interno? Forza Italia, del resto, quella proposta ce l’ha da tempo. Si chiama ius Italiae, e in teoria rappresenta la versione moderata dello ius scholae: non più il semplice completamento di un ciclo scolastico, ma dieci anni di scuola “con profitto”. Lo ha ricordato anche Tajan, dal palco dell’assemblea di Farmindustria: «Noi abbiamo una proposta precisa, vogliamo andare avanti in questa direzione, pronti a discuterne con tutti». Parole che però ancora non si traducono in un’iniziativa concreta in Parlamento.

E allora i dem hanno deciso di rompere gli indugi, con una serie di interventi dei parlamentari che si dicono pronti a votarla, chiaramente volti ad alzare il pressing sul ministro degli Esteri. «I diritti dei minori», osserva Michela Di Biase, «non possono essere messi in discussione, Forza Italia chieda subito la calendarizzazione: noi ci siamo». Il leader di Italia Viva Matteo Renzi, invece, usa la lama più affilata: «Tajani fa proclami fuori dal Parlamento, ma poi in Aula resta muto. Ha troppa paura di Giorgia Meloni». L’accusa è di non avere il coraggio di portare avanti davvero la proposta, per timore delle reazioni della premier e degli alleati. Anche il leader del M5s annusa la crepa e prova a infilarsi: «È la nostra battaglia da anni, se davvero Forza Italia è conseguente ci ride il cuore. Non aspettiamo altro, facciamolo subito, potremmo anche rinunciare a un po’ di ferie». Tono volutamente ironico, ma il messaggio è serissimo: anche il Movimento 5 Stelle è pronto a votare la proposta azzurra. E infatti le reazioni da destra sono già arrivate, e sono furibonde.

La Lega ha risposto nel suo stile più crudo, con l'europarlamentare Silvia Sardone che non solo ha bocciato lo ius scholae, ma ha rilanciato alla Camera una proposta contro quella che definisce “l'islamizzazione delle scuole”. La sua dichiarazione ha fatto il giro dei social, anche per la brutalità con cui ha attaccato il burka, definendolo senza mezzi termini «una busta dell’immondizia». Un linguaggio da battaglia identitaria, che conferma la linea del Carroccio: nessuna concessione sulla cittadinanza. Anche Fratelli d’Italia è sullo stesso fronte, se possibile con toni più istituzionali ma non meno netti: il dossier è considerato “intoccabile”.

Così Tajani si ritrova stretto in una morsa. Da un lato l’opposizione lo incalza per mettere alla prova la sua coerenza. Dall’altro gli alleati alzano il livello dello scontro per impedirgli anche solo di parlarne. E sullo sfondo resta l’incognita: il segretario di Forza Italia è davvero pronto a intestarsi una battaglia civile, o si tratta solo di una mossa tattica, utile per marcare il profilo autonomo del suo partito senza l’intenzione reale di forzare la mano? Per il momento il vicepremier prende tempo: incalzato alla buvette dai cronisti glissa affermando che la sua proposta è più severa della legge in vigore, che non è disposto a trattare sul periodo di dieci anni e che le opposizioni in realtà non sono interessate a votarla.

Chi conosce gli equilibri del centrodestra sa che la seconda ipotesi è più probabile. Tajani non ha mai rotto un’alleanza, e non è tipo da pugni sul tavolo. «Adesso è tutto ingolfato», ha detto, non a caso, «ci sono i decreti, c’è la riforma della giustizia che per noi è una priorità assoluta insieme alla riduzione delle tasse e all'aumento delle pensioni. La cittadinanza è un altro tema sul quale siamo impegnati e stiamo lavorando», ha concluso, «ma non è la priorità del momento».

Ma anche i bluff, in politica, possono avere conseguenze reali. Perché a questo punto, se non dovesse seguire la calendarizzazione in Parlamento, Tajani rischia di apparire come il garante silenzioso delle posizioni più estreme. E se invece dovesse andare fino in fondo, aprendo davvero la discussione parlamentare, il rischio sarebbe quello di una spaccatura nella maggioranza che, proprio sul fronte identitario, ha sempre mostrato il suo volto più intransigente. Non manca chi ventila con malizia che la vera frattura tra Fi e gli alleati di centrodestra sia altrove, e cioè sul fine vita. Quale che sia la verità, la mossa di Tajani ha riaperto un fronte che molti nella maggioranza consideravano sepolto. E che invece, con l'aiuto di un’estate parlamentare anomala, potrebbe trasformarsi in una bufera estiva sul centrodestra.