Reggio Emilia horror. E' una storia così brutta che non sembra vera.

Perché dentro ci sono tutti gli ingredienti giusti per dar vita ad un film horror: disegni di bambini falsificati, padri e madri dipinti come mostri, scene di violenza simulata con travestimenti, regali e lettere d’affetto tenuti nascosti.

Una vera e propria manipolazione su bambini dai 6 agli 11 anni, con un unico tremendo obiettivo: togliere decine di ragazzi ai propri genitori per affidarli ad altri, per guadagnare soldi in cure private e corsi di formazione.

Inchiesta "Angeli e Demoni"

Un quadro raccapricciante descritto nell’inchiesta “Angeli e demoni”, condotta dalla procura di Reggio Emilia.

 Si iparla di lavaggi del cervello, con ore e ore di psicoterapia e suggestioni indotte attraverso impulsi elettrici, per alterare «lo stato della memoria in prossimità dei colloqui giudiziari».

Sono 27, in totale, le persone coinvolte nell’inchiesta del pm Valentina Salvi, 18 destinatarie di ordinanza.

Tra loro il sindaco Pd di Bibbiano ( Reggio Emilia) Andrea Carletti, al centro di tutto assieme alla rete dei servizi sociali dell’Unione comuni Val D’Enza.

Carletti è finito ai domiciliari assieme alla responsabile e una coordinatrice del servizio sociale integrato.

Un’assistente sociale e due psicoterapeuti della onlus di Moncalieri “Hansel e Gretel”.

Docufilm Veleno

La stessa coinvolta nei casi risalenti al periodo a cavallo il 1997 e il 1998.

Raccontata dal docufilm “Veleno”. Quando sedici bambini vennero allontanati dalle proprie famiglie nella bassa modenese su indicazione dei servizi sociali per presunti abusi e riti satanici, ma senza prove reali.

Le accuse sono a vario titolo di frode processuale, depistaggio, abuso d'ufficio, maltrattamento su minori, lesioni gravissime, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, peculato d'uso.

Arrestato anche un giudice

E in manette è finito anche un ex giudice onorario del tribunale dei minori di Torino, Claudio Foti, direttore scientifico della onlus.

Secondo il gip «alterava lo stato psicologico ed emotivo attraverso modalità suggestive e suggerenti con la voluta formulazione di domande sul tema dell'abuso sessuale e con tali modalità convinceva la minore dell'avvenuta commissione dei citati abusi».

A far scattare l’inchiesta alla fine dell’estate del 2018, l’anomala escalation di denunce da parte dei servizi sociali, che ipotizzavano abusi sessuali e violenze ai minori da parte dei genitori.

Inchieste che, puntualmente, finivano nel nulla ma che hanno rappresentato i pezzi del puzzle di un’altra storia.

Falsificazioni e complicità

Nonostante le archiviazioni, infatti, i servizi sociali proseguivano con il percorso psicoterapeutico, attraverso falsi documentali redatti in complicità con alcuni psicologi.

L’iter era sempre uguale: al bambino di turno veniva diagnosticata una patologia post traumatica e così veniva preso in carico dalla onlus, con prestazioni psicoterapeutiche senza procedura d’appalto.

Gli affidatari - amici e conoscenti dei servizi sociali - venivano incaricati di accompagnare i bambini alle sedute e di pagare le fatture a proprio nome, ricevendo mensilmente rimborsi sotto una simulata causale di pagamento.

Sistema redditizio

Un giro d'affari di centinaia di migliaia di euro tramite quello che per tutti rappresentava un modello istituzionale per la tutela dei minori abusati.

In realtà si nascondeva uno schema di reciproci conferimenti d’incarichi.

Da un lato la Onlus aveva il monopolio di tutto il servizio dell’ente, compresi convegni e corsi di formazione, mentre i dipendenti coinvolti ottenevano incarichi di docenza retribuiti, in master e corsi di formazione della onlus.

Un sistema tanto solido da portare all’apertura di un Centro specialistico regionale per il trattamento del trauma infantile derivante da abusi sessuali e maltrattamenti.

I servizi sociali garantivano l’assistenza legale ai minori attraverso la sistematica scelta di un avvocato, indagato per «concorso in abuso d’ufficio», con fraudolente gare d’appalto gestite dalla dirigente del Servizio, con lo scopo di favorirlo.

Creare l'inferno

Una situazione familiare normale, secondo le indagini, veniva trasformata in un inferno.

A partire dai disegni dei bambini, ai quali venivano aggiunti dei dettagli inquietanti, in grado di indurre terribili sospetti.

Le case di quelle famiglie venivano descritte falsamente come fatiscenti, gli stati emotivi dei bambini travisati e per convincerli della cattiveria di mamma e papà.

I terapeuti utilizzavano anche dei travestimenti, interpretando i personaggi cattivi delle fiabe come rappresentazione dei genitori, intenti a fargli del male.

E poi c’erano lettere e regali spediti negli anni da parte delle famiglie naturali ai figli affidati ad altri.

Regali accumulati in un magazzino e mai consegnati ai bambini, che i Carabinieri hanno rinvenuto e sequestrato.

Tra gli affidatari anche persone con problematiche psichiche e con figli suicidi.

Un quadro squallido, scoperto anche grazie alle intercettazioni, dal quale sarebbero emersi anche due casi di abusi sessuali presso le famiglie affidatarie ed in comunità ed episodi di tossicodipendenza e autolesionismo.

Lavaggio del cervello

Gli inquirenti parlano di «intensi lavaggi del cervello» durante le sedute di psicoterapia.

L’utilizzo di apparecchiature elettriche spacciate come strumenti per recuperare i ricordi delle «brutte cose» commesse dai genitori attraverso l’applicazione di alcuni elettrodi.

Tecniche messe in pratica in prossimità delle testimonianze dei bambini davanti all’autorità giudiziaria.

E a volte era proprio la terapeuta a raccontare cosa i bambini avrebbero dovuto ricordare, evocando esperienze traumatiche come abusi sessuali da parte dei genitori.

Il sindaco

Carletti, secondo il gip, sarebbe stato «pienamente consapevole della totale illiceità del sistema».

Dell'assenza «di qualunque forma di procedura ad evidenza pubblica volta all’affidamento del servizio pubblico di psicoterapia a soggetti privati».

Tanto che lo stesso «disponeva lo stabile insediamento di tre terapeuti», della Onlus coinvolta.

«Al fine dello svolgimento, a titolo oneroso ed in assenza di qualunque titolo, dell’attività di piscoterapia con minori in carico ai Servizi sociali».

Casi sconvolgenti

Tra i casi analizzati dagli inquirenti quello di una bambina incapace di comprendere il suo allontanamento dai genitori.

Insisteva per poterli rivedere. Però le psicologhe, le assistenti sociali e gli affidatari continuavano ad instillarle il dubbio di fatti atroci commessi proprio da mamma e papà.

La bambina diceva: «Ma io non mi ricordo perché non li posso più vedere».

Le  sue parole, di ottobre 2018, furono captate da un'intercettazione ambientale.

«Ma non ti ricordi che hai detto che ( tuo padre, ndr) non lo volevi più rivedere? Io ricordo questo», rispondeva la psicologa.

La bambina insisteva per rivederli. «Ogni tanto mi capita di piangere perché mi mancano gli abbracci del papà».