Domenica prossima, nella sua villa di Bibbona, Beppe Grillo aspetta Giuseppe Conte e con lui l'intero stato maggiore del Movimento. Incontro importante, si tratta di decidere come trasformare d'ufficio l'ex premier, mai iscritto al Movimento, nel suo capo, non capisce bene se di nome o di fatto. In attesa che il capo diventi tale per volere dei capi, l'esercito si sta però sfarinando. L'emorragia di parlamentari non accenna a diminuire ed è uno stillicidio. Di certezze su come un corpo elttorale allevato a colpi di invettive e pulsioni antisistema prenderà il rovesciameno in «partito moderato e liberale» non ce ne sono.

Non che nei partiti confinanti, quelli del sedicente “centro- sinistra” le cose vadano meglio. Zingaretti e il suggeritore Bettini oltrepassano senza timore i confini del surreale notificando che loro di alleanza strategica con i 5S non hanno mai parlato. Ma chi le metterà mai in giro certe voci? La faccia di bronzo, davvero ammirevole, serve a fronteggiare l'offensiva degli oppositori interni, ancora divisi ma tanti, che dopo lo sfacelo dei Responsabili mirano a bersagliare proprio quel progetto strategico prima urlato ai quattro venti e ora cancellato di colpo. Senza che lo si debba e possa sostituire però. Qui l'unica per tenersi in piedi è rinunciare a qualsiasi progetto, impedendo così a ogni opzione alternativa di cementarsi ed emergere. Si vedrà. Siamo aperti a ogni idea.

LeU, che già non era un pachiderma rosso si è diviso tra la componente Art. Uno, quella di Bersani e Speranza, e quella di Sinistra italiana, guidata da Fratoianni. In Parlamento la divisione è stata un po' da pochade, avendo solo Fratoianni seguito se stesso. Alla base la lacerazione non dovrebbe esistere, essendo le due componenti le più convinte dell'alleanza a tre che sosteneva Conte. Nei fatti le cose sono un po' diverse e bisognerà vedere se il cartello, quale LeU è sempre stato, reggerà all'era Draghi.

Il disordine insomma regna nei ranghi del centrosinistra. Li scompone. Li squassa senza mai arrivare a una reale messa in forse della strategia partorita ai tempi di Conte premier e in realtà insostenibile senza più quella presenza. In questa condizione, inoltre, la legge elettorale proporzionale che proprio i partiti “di Conte” avevano innalzato a vessillo avrebbe conseguenze deflagranti. Pd e 5S dovrebbero competere, pur nella prospettiva di una futura alleanza post- elettorale. Infatti nella retromarcia generale innescata da Zingaretti è incluso anche quel modello di legge elettorale. Lo stesso ruolo di Conte, sempre che Grillo riesca a costruirlo davvero, sarebbe molto diverso, trattandosi per il Pd di un alleato/ rivale.

In questo smarrimento generale, che implica divisioni e scissioni, sospetti e diffidenze, che minaccia di terremotare un quadro politico che a sinistra è già devastato, i leader di quella che dovrebbe essere una coalizione non si sono mai incontrati, non hanno mai trovato modo di fare il punto di una situazione critica. È anche vero che due partiti su tre di quella strana alleanza un leader non ce l'hanno e il terzo, Zingaretti, è a dir poco dimezzato, ma in questi casi un modo di incontrarsi di solito si trova. Anche perché, in caso contrario, sarà difficile, per non dire impossibile, che un'alleanza già con radici poco profonde regga allo stress delle maggioranza con Lega e Fi ma anche a quello, forse anche più temibile, di una nuova legge elettorale.

Non è una strada facile, questo è vero. Avere alle spalle una sconfitta secca e dover farei conti con partiti balcanizzati certo non aiuta. Ma il percorso è obbligato, almeno per l'attuale leadership del Pd e per quella dei 5S. Come lo è per Conte, almeno se terrà fede alla decisione annunciata di continuare a fare politica. Dunque un primo passo andrà fatto e forse il solo a poterlo proporre, date le difficoltà del gruppo dirigente del Pd, sarebbe proprio Beppe Grillo. A unsuo invito nessuno potrebbe sottrarsi. Sarebbe un inizio, o almeno una verifica chiarificatrice. A Bibbona, la prossima volta, non dovrebbe vedersi solo lo stato maggiore dei 5S ma quello dell'intera ex maggioranza.