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Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni al Meeting di Rimini, Italia 27 agosto 2025 - Politica DISTRIBUTION FREE OF CHARGE - NOT FOR SALE - Obbligatorio citare la fonte LaPresse/Palazzo Chigi/Filippo Attili
«Andremo avanti con la riforma della giustizia nonostante le invasioni di campo di una minoranza di giudici politicizzati che provano a sostituirsi al Parlamento». Non usa mezzi termini la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ieri di fronte alla platea “amica” del meeting di Comunione e Liberazione a Rimini ha rilanciato sulla separazione delle carriere e non solo, in vista del referendum che andrà in scena con ogni probabilità nel 2026. «Andremo avanti non per sottomettere il potere giudiziario a quello politico come dice qualcuno in malafede ma al contrario per rendere la giustizia più efficiente per i cittadini e meno condizionata dalla mala pianta delle correnti e dei pregiudizi ideologici», ha scandito Meloni tra gli applausi scroscianti del pubblico che un’ora prima circa l’aveva accolta con una standing ovation.
D’altronde, quella di Cl è da sempre una platea vicina al centrodestra, sin da quando a Rimini venivano Spadolini e Andreotti fino a Berlusconi, ma capace di accogliere tutti, da Gentiloni a Monti, da Renzi a Draghi. L’ultimo inquilino di palazzo Chigi a presenziare al Meeting era stato proprio l’ex presidente della Bce, nel 2022, quando Meloni venne in qualità di capo del partito che di lì a poche settimane avrebbe vinto le elezioni.
Quest’anno il clima è profondamente diverso, Fd’I governa con gli alleati da tre anni e l’ “applausometro” non lascia spazio a interpretazioni. Come di consueto da queste parti l’arrivo della presidente del Consiglio è accompagnato da una “cordata” di volontari che la scortano tra i corridoi della fiera riminese, prima di entrare nell’auditorium D3, introdotta dal presidente della Fondazione Meeting Bernhard Scholz. Poi la leader di Fd’I sale sul palco sul quale campeggia la scritta “il” presidente del Consiglio, giusto per non creare imbarazzi all’ospite. La sala è gremita, alle spalle di Meloni la bandiera italiana e quella europea ma, curiosità, nell’inquadratura del maxi schermo compare entra solo il tricolore.
In prima fila diversi pezzi da 90 del partito, dal ministro Francesco Lollobrigida al capo delegazione di Fd’I a Strasburgo Carlo Fidanza (con trolley al seguito), dal presidente della commissione Lavoro Walter Rizzetto alla deputata Augusta Montaruli, in dolce attesa. In prima fila anche il leader dei Noi moderati Maurizio Lupi, da sempre vicino a Cl e che i rumors danno come sempre più probabile candidato sindaco del centrodestra a Milano.
Meloni parla di «comunità», di «senso di appartenenza» e di «dignità umana», poi il discorso si più politico e tocca tutti i temi in agenda. Dalla guerra in Ucraina, con gli sforzi per costringere la Russia al dialogo e la lode a quella che definisce «l’eroica resistenza del popolo ucraino», fino a Gaza, con il richiamo a Israele per quanto sta avvenendo. «Condanniamo l’ingiustificabile uccisione di giornalisti e l’inaccettabile attacco alla libertà di stampa», scandisce tra gli applausi. La reazione di Tel Aviv, secondo la premier, «è andata oltre il principio di proporzionalità», fermo restando che «non abbiamo esitato un solo minuto a sostenere il diritto all’autodifesa di Israele dopo l’orrore del 7 ottobre». Per poi chiedere la liberazione degli ostaggi e la fine delle ostilità. «Rivendichiamo il ruolo ricoperto dall’Italia in questa crisi» in Medioriente, «e voglio ringraziare il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Siamo il primo paese non musulmano per evacuazioni sanitarie da Gaza - insiste - C’è chi scrive le mozioni e chi salva bambini, io sono fiera di fare parte dei secondi».
Da qui l’importanza dell’aumento delle spese militari, perché «non c’è libertà senza autodifesa», per poi virare sull’immigrazione, con un’ampia analisi dei flussi e delle necessità del Paese. Abbiamo dato una «cornice di serietà e rigore come mai avvenuto prima», perché «un’immigrazione regolata e legale può essere una ricchezza, ma quella illegale e incontrollata è un danno per qualsiasi società», ha spiegato Meloni mettendo poi in guardia la magistratura. «Ogni tentativo che verrà fatto di impedirci di regolare il fenomeno migratorio verrà rispedito al mittente - ha detto - Non c’è giudice, politico o burocrate che possa impedirci di far rispettare la legge dello Stato italiano».
Nel suo discorso Meloni ha citato il cardinal Sarah e papa Leone XIV, ha detto che «la droga fa schifo» citando il modello di San Patrignano, raggiunto nel pomeriggio dalla presidente del Consiglio la quale si è poi concentrata sul “modello Caivano”, da replicare in futuro in altre zone d’Italia. Ma c’è stato spazio anche per la critica alla pratica dell’ «utero in affitto», per un focus sul sostegno alla natalità e per l’annuncio di una nuova misura a sostegno delle giovani coppie che vogliono comprare casa. Un piano messo a punto «assieme al ministro Salvini, che ringrazio», ha spiegato Meloni. I due, ha fatto sapere poco dopo la Lega, si sono sentiti al telefono convenendo «sulla necessità di proseguire con determinazione sulla strada del rilancio infrastrutturale dell’Italia, dedicando massima attenzione a un nuovo e rilevante piano casa». Entrambi presenti ieri a Rimini, «non si sono salutati di persona solo per problemi di agenda, alla luce della visita a San Patrignano della premier e del programma di Salvini».
Poi l'affondo finale sulle riforme, in particolare quella sull’autonomia differenziata, «che porteremo avanti», e quella sulla giustizia, con l’attacco di cui sopra a una parte magistratura. La quale ha replicato per bocca del presidente dell’Anm, Cesare Parodi. «A fronte delle odierne parole del presidente Meloni, mi sento in dovere di rassicurare - lei e gli italiani - che non vi è nessuna volontà da parte della magistratura associata di svolgere attività di opposizione politica - in qualsiasi forma - o di impedire o rendere difficoltoso l’esercizio delle prerogative e dei poteri che spettano all’esecutivo, in forza del mandato che ha ricevuto dai cittadini: né sulle politiche migratorie, né su altri temi - ha detto Parodi - I magistrati applicano le leggi che il governo e il parlamento approvano, trasferendo i principi generali ai casi concreti, tenendo necessariamente conto del quadro normativo generale, nel rispetto delle loro prerogative».