Nello stesso giorno in cui il Senato accetta il “congedo” di Augusto Minzolini, in Aula si consuma un piccolo dramma. Per la quinta volta, Palazzo Madama respinge le dimissioni di un altro parlamentare: Giuseppe Vacciano. Senatore ex 5 Stelle, Vacciano chiede di poter lasciare il suo scranno dal febbraio del 2015, da quando, cioè, è entrato in rotta di collisione col Movimento. E da buon “grillino della prima ora” ritiene che per non tradire gli elettori sia necessario non solo abbandonare il gruppo parlamentare, ma anche il seggio. Non la pensano così i suoi colleghi, che gli negano questa possibilità da più di due anni.

Senatore, siamo alla quinta richiesta di dimissioni negata...

Sinceramente non so più come commentare, faccio fatica a esprimere un’opinione. È una vicenda paradossale, ancora più oggi ( ieri, ndr) che l’Aula ha accettato le dimissioni di Minzolini. Comincio a pensare che qualcuno voglia accanirsi su di me.

Se lei abbandonasse l’Aula subentrerebbe una persona organica al M5S. È possibile che con i numeri risicati al Senato la maggioranza non voglia rischiare?

Il discorso terrebbe se io appoggiassi la maggioranza. Ma io voto come il Movimento 5 Stelle. Tra l’altro, una persona che entrasse adesso al Senato avrebbe bisogno di tre o quattro mesi di tempo per ambientarsi. Darebbe meno fastidio di quanto possa darne io che faccio opposizione entrando nel merito delle questioni.

E allora perché non la lasciano andare?

Questa è la domanda che mi pongo da più di due anni. Il senatore Enrico Buemi una volta ha detto che le mie dimissioni sono un atto politico, per cui la maggioranza risponde con un altro atto politico, negandomi la possibilità di abbandonare il Palazzo. Ed essendo la mia volontà subordinata alle decisioni dell’Aula, sono costretto ad attenermi alle regole.

È prigioniero di Palazzo Madama?

Si tratta di una prigione dorata, non posso certo lamentarmi. Però, oggettivamente, non ci sto di mia volontà.

Quando inizia questa storia? Perché ha deciso di dimettersi?

Inizia alla fine del 2014, quando, non trovandomi più in accordo col Movimento, decisi di non proseguire più il mio percorso con loro, che però erano l’unico motivo per cui avevo iniziato a fare politica. Ho dunque ritenuto opportuno restituire non solo carica di “portavoce”, ma anche il seggio, per cederlo a qualcuno che si riconoscesse nel 5 Stelle.

Lei criticò la nascita del Direttorio. Fu quella la goccia che fece traboccare il vaso?

Sì, quello per me rappresentava un allontanamento irrecuperabile dai principi su cui si basava il Movimento, che da lì in poi ha cominciato a somigliare sempre di più a un partito, con un vertice e delle figure apicali.

Lei sembra più grillino dei grillini. Ha mai provato a rientrare nel gruppo M5S?

Io rimango sempre fedele ai miei valori, non serve un “bollino” per certificarli. Col gruppo parlamentare 5 Stelle ho ottimi rapporti umani ma, ancor più di due anni fa, non condivido l’evoluzione del Movimento. Mi riferisco soprattutto alla gestione verticistica di quel partito. Prima l’obiettivo era cambiare il Paese attraverso delle idee forti, ora l’obiettivo è solo prepararsi ad andare a comandare qualcosa.

Si è congratulato almeno con Minzolini?

No, ma la vicenda davvero mi lascia molto perplesso. Ho sentito persone dire che la richiesta di Minzolini era sincera perché aveva presentato una lettera di dimissioni scritta, non si era limitato a un annuncio. E io che ne ho presentate cinque di lettere? Non ho intenzioni sincere? O non mi credono o gli sto antipatico. Le dimissioni di Minzolini, poi, sono state accettate al primo colpo. È una cosa più unica che rara, per prassi al primo voto non passano mai.

Quando si concluderà la sua avventura parlamentare continuerà a fare politica?

No, nel modo più assoluto. Anzi, io avrei chiuso volentieri la mia esperienza politica già due anni fa.

Cosa faceva prima di entrare in Parlamento?

Io sono impiegato in Banca d’Italia e tornerò serenamente a svolgere il mio lavoro appena sarà possibile.

Ma allora perché si candidò nel 2013?

Io mi candidai per la prima volta nel 2011 per il Movimento 5 Stelle come sindaco della mia città, Latina. Successivamente, Grillo scrisse un comunicato politico in cui spiegava che potevano candidarsi alle Politiche solo coloro che avevano già partecipato a delle competizioni elettorali. E a Latina ci ritrovammo in pochi ad avere quelle caratteristiche. Quindi, ci lanciammo in quest’avventura quasi per caso, nessuno si aspettava quel successo.

Presenterà la sesta domanda di dimissioni o si è arreso?

Adesso mi prenderò qualche giorno libero e poi deciderò come compilare la nuova lettera. Sono fedele alle mie idee e faccio solo un appello al buonsenso dei senatori.