La telenovela è finita. Anzi no. Il lungo divorzio tra Azione e Italia viva potrebbe trascinarsi ancora a lungo. Le parti, a quanto pare, non hanno ancora raggiunto un accordo consensuale in grado di soddisfare entrambe. Perché è vero che Matteo Renzi ieri ha ufficializzato la separazione dei gruppi parlamentari, ma è altrettanto vero che dal quartier generale di Calenda non hanno affatto gradito le modalità dell’operazione.

Ma andiamo con ordine. Dopo aver abbondantemente annunciato la fine della coabitazione parlamentare coatta, ieri il leader di Iv, nonché futuro animatore del Centro in vista delle Europee, è passato ai fatti: «Oggi ufficializziamo la separazione delle strade con gli amici di Azione», formalizza l’ex premier. «Abbiamo provato fino all'ultimo a chiedere di fare la lista insieme e la risposta di Calenda è stata sprezzante. Ognuno ha il suo stile, noi non facciamo polemica. Dunque auguri a tutti e ognuno per la sua strada. Meglio finire questa telenovela che farci ridere dietro da mezza Italia», scrive Renzi sulla sua newsletter. Prima di aggiungere: «Io voglio fare politica, non vivere circondato da cavilli regolamentari e da rancori personali. I gruppi si chiameranno Italia Viva - Il Centro - Renew Europe. Alle elezioni faremo un grande risultato. Ne sono certo». Divorzio certificato, dunque. Niente affatto.

Perché ai seguaci di Calenda non va mica bene di sloggiare da un Gruppo che ha deciso in maniera unilaterale, a sentire quelli di Azione, di cambiare nome. «Contrariamente a quanto dichiarato alla stampa dal senatore Renzi, nessuno oggi ha deliberato o chiesto la separazione dei gruppi di Iv e Azione. Cosa che invitiamo il senatore Renzi a fare, visto che lo ha già annunciato mille volte», recita una nota piccata del partito di Caldenda. Che poi entra nel merito della “protesta” che rischia di finire a colpi di carte bollate: «Per quanto riguarda la delibera sul cambio di nome abbiamo scritto al Presidente del Senato per segnalare una doppia violazione dello statuto operata oggi dal capogruppo del gruppo Azione- Italia Viva - Renew, Enrico Borghi». Le violazioni contestate? La prima «riguarda l'inclusione nel gruppo della senatrice Musolino senza la proposta cofirmata da Borghi e Gelmini esplicitamente prevista dallo statuto del gruppo; la seconda riguarda la mancanza dei 2/ 3 dei voti, anche considerando impropriamente la senatrice Musolino, per deliberare un cambio di statuto». Dunque, le deliberazioni assunte «sono da considerarsi nulle» perché Borghi è «venuto meno ai suoi doveri di presidente del Gruppo». I calendiani, che definiscono tutta la vicenda «ridicola e caricaturale» sono dunque pronti ad agire in ogni sede per stoppare il progetto renziano. «Credo che il nostro terreno sia quello della politica e non il campo degli azzeccagarbugli», taglia corto Borghi, senza alcuna intenzione di fare passi indietro.

E se al Senato volano gli stacci, non sembra andare meglio alla Camera, dove Matteo Richetti, ufficialmente ancora capogruppo del Terzo Polo ma uomo di Azione, mette in chiaro: «Io non ho ricevuto alcuna richiesta di convocazione del Gruppo. Se ( i renziani, ndr) vogliono farne uno loro, mandino una lettera al presidente Fontana e facciano richiesta di deroga per formare il Gruppo. Noi restiamo dove siamo, è difficile che ci buttino fuori visto che noi siamo 12 su 9».

Per Richetti, ai tempi del Pd renziano di ferro poi uscito dalle grazie del leader di Rignano sull’Arno, quello deciso da Iv «è un divorzio strano. Perché cambiare nome a Gruppo? Perché tutte queste forzature quando si poteva dire a La Russa e Fontana che le strade si separavano e si facevano i gruppi di Iv? Non è politica, è un giochino, anche discretamente infantile, al quale Azione non partecipa».

Di certo, con Carlo Calenda, alla Camera, resteranno due ex renziani di peso come Ettore Rosato ed Elena Bonetti. «Noi staremo con il Gruppo di Azione con la nostra associazione “Per” per proseguire nella costruzione del Terzo Polo è una casa dei moderati», dicono i due deputati. Che poi chiosano: «Noi riteniamo sbagliata la divisione del Gruppo. Se Italia Viva deciderà di uscire, noi resteremo a collaborare con Calenda». La fine del sogno unitario è finita di tempo, ma per il divorzio vero serviranno gli avvocati.