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ELLY SCHLEIN PARTITO DEMOCRATRICO, ROBERTO GUALTIERI SINDACO DI ROMA
E per fortuna che la leader del Pd, Elly Schlein, avrebbe provato a convincere i colleghi socialisti, nel suo viaggio a Bruxelles, che quella piano ReArm Europe proposto da Ursula von der Leyen non sia la strada giusta da percorrere verso la Difesa comune.
Il gruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo «accoglie con favore la proposta ReArmEu e le conclusioni del Consiglio europeo di ieri» (giovedì, ndr), ha sottolineato ieri durante il briefing con la stampa in vista della plenaria della settimana prossima a Strasburgo Andrea Maceiras Castro, portavoce di Iratxe Garcia Perez, presidente del gruppo S&D, in cui siede anche il Pd, che è la prima delegazione (gli spagnoli sono la seconda, ma i dem hanno lasciato loro la presidenza).
Insomma il sostegno della famiglia Socialista a von der Leyen è pieno e convinto, a differenza di Schlein. D’altronde, la posizione di pezzi da 90 della sinistra europea, dal premier spagnolo Pedro Sanchez al Cancelliere tedesco Olaf Scholz, fino al premier laburista Keir Starmer, è definita da giorni se non settimane: e cioè al fianco dell’Ucraina fino al bisogno.
Che è anche la posizione della minoranza interna al Pd, guidata dal presidente del Copasir Lorenzo Guerini. Il quale giusto giusto ieri ha definito «un passo in avanti importante a cui ne dovranno seguire altri» le conclusioni positive del Consiglio europeo straordinario sul piano von der Leyen.
Ma per qualche ora ieri nelle chat dei riformisti dem non è stata l’Ucraina a tenere banco bensì l’addio al partito di Anna Maria Furlan, senatrice e già segretaria generale della Cisl, approdata in Italia viva alla corte di Matteo Renzi. «Sono molto rattristato e afflitto per la scelta di Annamaria Furlan di lasciare il nostro Pd e per le ragioni, da meditare, che la hanno portata a un nuovo cammino», ha scritto Filippo Sensi, e una richiesta di riflessioni è arrivata anche da altri. Per l’ex capogruppo al Senato Simona Malpezzi la scelta di Furlan «non può cadere e accadere nel silenzio» mentre per il vicepresidente dem della commissione Affari costituzionali di palazzo Madama, Dario Parrini, parla di «una scelta che mi addolora e sulle cui ragioni sarebbe sbagliato non riflettere a fondo». Lo stesso Guerini chiede di «interrogarsi sulle ragioni» perché «ignorarle sarebbe sbagliato».
Insomma, il passaggio di una figura rispettata come Furlan alla corte renziana proprio nel giorno dei 10 anni dall’approvazione del Jobs Act, non ha lasciato inermi i riformisti dem.
I quali continuano a chiedere una pace «giusta», come del resto ricordato ieri anche dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, i visita in Giappone.
I negoziati di pace non sono ancora iniziati, quindi «è prematuro discutere di soluzioni» come l’eventuale invio di forze militari in Ucraina per svolgere una funzione di peacekeepers successivamente ad un cessate il fuoco, ha spiegato il capo dello Stato. Il quale tuttavia ha anche ricordato che «è da tre anni che l’Italia chiede che ci si sieda ad un tavolo per negoziare una pace naturalmente duratura e giusta» e che «naturalmente occorre che si arrivi ad una soluzione che non mortifichi nessuna delle due parti, una pace giusta, che non crei un omaggio alla prepotenza delle armi».
Per il Colle «è evidente che una soluzione di pace» per l’Ucraina «deve essere circondata da garanzie che non si riprendano le ostilità e quindi garanzia di sicurezza. Ed essendo la Russia molto più potente e molto più armata dell’Ucraina significa garanzie per la sicurezza dell’Ucraina».
D’altronde, già qualche settimana fa nel discorso all’Università di Marsiglia Mattarella aveva illustrato chiaramente la propria linea, la quale prevede anche la Difesa comune. «Rafforzare la difesa europea è uno sviluppo naturale dell’integrazione europea che è andata avanti in questi decenni», ha aggiunto ieri.